La relazione, curata dal Comitato di Helsinki-Macedonia, sul rispetto dei diritti umani nel Paese, ha subito una dura campagna denigratoria. Sotto accusa Mirjana Najcevska, direttrice della sezione Macedone del Comitato di Helsinki. Un'intervista.
La relazione annuale, curata dal Comitato di Helsinki-Macedonia, sul rispetto dei diritti umani in Macedonia ha suscitato molto clamore. Nessuno, eccetto qualche raro caso, sembra esserne soddisfatto. Lo attaccano i media, sia quelli macedoni che quelli albanesi, accusati nella relazione di non essere stati in grado di rispettare i necessari standard di obiettività ed imparzialità. Anche la comunità albanese è insoddisfatta. Facile capire il perchè. Gli autori della relazione affermano che le violazioni dei diritti umani della comunità albanese non giustificano in alcun modo la reazione violenta e armata. Anche i politici, sia albanesi che macedoni, hanno poche ragioni per ritenersi soddisfatti di ciò che è stato scritto dal Comitato di Helsinki. Nel paragrafo introduttivo si critica l'ostinata ricerca di un deterioramento delle relazioni inter-etniche per raggiungere effimeri vantaggi politici nel breve periodo. Per le stesse ragioni immaginiamo che anche i rappresentanti internazionali non saranno certo entusiasti dato che spesso si sono sbilanciati in lodi sulle buone relazioni interetniche esistenti in Macedonia. Per non parlare di come il rapporto è stato accolto all'interno delle forze di sicurezza macedoni.
"Sono molto sorpresa di tutta la confusione e le polemiche sollevate dalla relazione" afferma Mirjana Najcevska, direttrice della sezione Macedone del Comitato di Helsinki e professoressa presso la Facoltà di legge dell'Università di Skopje, "quest'ultima infatti non è di molto diversa, eccetto per il tono ed il linguaggio usato, dalla relazione dell'anno precedente e dalle relazioni mensili precedenti. In verità, dato che siamo limitati ad una pubblicazione che non superi le otto pagine, la relazione è stata scritta nei termini più generali possibili".
In effetti non è riportato nessun nome specifico, la geografia si limita a citare le macro-regioni ed i singoli eventi sono presi sempre in considerazione in un contesto più ampio.
"E' difficile spiegare perché questa relazione abbia subito attacchi così duri" ha affermato la Najcevska "in passato vi sono state relazioni molto più dure e negative di questa. Chiaramente adesso vi è qualcuno che pensa che avendo ora un "nemico comune" non dobbiamo che serrare i ranghi e censurare tutti quelli che dissentono rispetto ad un monolitico nazionalismo".
La direttrice del Comitato ci ha rassicurato di non aver sino ad ora ricevuto nessuna minaccia personale. Nessuna telefonata nel cuore della notte anche se vi è stato un certo livello di intimidazione. Molte persone, legate al circolo privato del ministro degli interni e delle sue guardie del corpo, hanno avvicinato amici e conoscenti della Najcevska consigliandoli di "dirle di stare attenta ai suoi movimenti giornalieri ed alle persone che potrebbe incontrare per strada".
Ed un altro chiaro segnale di intimidazione è stata la sorte toccata al marito della direttrice, l'ambasciatore Sashko Todorovski, in questi giorni rimosso dal suo incarico di capo missione presso il Consiglio d'Europa. E, come affermato dalla Najcevska in una precedente intervista al settimanale "Aktuel", "è una coincidenza sorprendente".
"Stiamo ancora aspettando un chiarimento ufficiale ai motivi della sua rimozione. Il Ministro degli Affari Esteri è tenuto a far questo. A mio marito nessuna spiegazione è stata data. Gli è solo stato detto di preparare le sue cose e rientrare in Macedonia. Questa vicenda è da considerarsi un ulteriore attacco al Comitato di Helsinki dato che mio marito fa parte del consiglio direttivo".
Ad una domanda nella quale le si chiedeva quali provvedimenti avrebbe preso per non rischiare troppo personalmente e per non far rischiare la propria famiglia, la Najcevska ha risposto che "non sarei coerente con me stessa se non rispettassi le procedure. E' quello che insegno ai miei studenti, è come educo i miei figli, ed è come sono io stessa. Per questo abbiamo già fatto ricorso rispetto alla decisione da parte del ministero di sostituire mio marito a Strasburgo ed abbiamo fatto causa al governo per aver violato il diritto all'istruzione di nostra figlia. E' infatti costume nell'ambito diplomatico, non rimuovere i rappresentanti diplomatici dal loro servizio durante l'anno scolastico, a causa dei loro figli...".
E' ovvio che il governo macedone ha trovato in Mirjana Najcevska una testarda oppositrice. E' ancora presto per dire come la questione si risolverà, speriamo nel migliore dei modi.