Prosegue la crisi macedone tra il freddo invernale e l'impasse dei politici locali.
Le forti nevicate di questi giorni non hanno impedito le provocazioni armate nelle regioni ancora in stato di crisi, e nemmeno hanno facilitato il lavoro delle pattuglie della polizia che dovevano far ritorno nei villaggi che erano stati occupati dall'attualmente disciolto UCK. La polizia non è riuscita nemmeno a raggiungere i villaggi più lontani, ed ha avuto problemi per entrare in altri a causa di blocchi stradali. Il settimanale "Aktuel" riporta le affermazioni di alcuni anziani del posto, che sostengono che "la polizia potrà far rientro solo quando verranno amnistiati i combattenti dell'UCK e gli accordi di Ohrid saranno implementati".
La questione dell'amnistia è infatti ancora uno dei maggiori nodi irrisolti del conflitto tra albanesi e macedoni. Il presidente Trajkovski, che in questo ultimo periodo ha viaggiato spesso per discutere dell' amnistia, propenderebbe per una semplice dichiarazione, che dall'alto della presidenza renderebbe ufficiale l'amnistia. Tuttavia sono in molti a lamentare l'inefficacia di una semplice dichiarazione, che non vincolerebbe affatto gli organi di polizia e quelli giudiziari. Si tratterebbe piuttosto di promulgare una legge del parlamento, in tutto e per tutto vincolante. Di questo parere sembrano essere anche la UE e la NATO.
La questione dell'amnistia riguarda una lista di 88 persone (delle quali 44 sono state liberate) che la commissione guidata da Trajkovski ha vagliato una per una.
Sembra tuttavia che legato alla amnistia ci sia ben altro, ovvero la lotta per il mantenimento del potere da parte degli attuali, ma decisamente impopolari, partiti di governo. Nell'ottica di imminenti elezioni, una probabile scesa in campo del leader politico dell'ex UCK, Ali Ahmeti, sarebbe un vero problema per le oligarchie albanesi esistenti, proprio perché con ogni probabilità avrebbe un largo consenso popolare.
Macedonia: gli ostacoli alla pace