Artan Sadiku è direttore dell'Istituto per le scienze umane e sociali di Skopje (flickr/FOSIM)

La Macedonia sta attraversando crisi istituzionali e politiche a ripetizione. Gli studenti scendono in piazza e sorprendono il governo. Può nascere un nuovo movimento politico che vada oltre le divisioni etniche? Un'intervista al sociologo Artan Sadiku

25/02/2015 -  Jacqueline Bisson

(Articolo originariamente pubblicato da Le Courrier des Balkans il 23 febbraio 2015)

Dallo scorso dicembre la mobilitazione degli studenti non si indebolisce. Un movimento che mira all'annullamento della riforma dell'educazione superiore voluta dal governo e che continua a stupire per ampiezza e tenuta...

In effetti, questo movimento ha stupito anche gli ambienti dei movimenti civici. Sino a dicembre infatti gli studenti davano l'impressione di essere poco preoccupati dei problemi degli altri gruppi sociali. Erano i meno organizzati, ed i più difficili da mobilitare, marginalizzati e senza un vero potere d'azione. L'annuncio della riforma dell'insegnamento superiore è stato un detonatore. Hanno trovato il sostegno della popolazione ed hanno preso coscienza del loro ruolo nella società.

La loro contestazione dimostra la loro voglia di cambiare le cose, di discutere in modo democratico e di attivarsi per essere coinvolti nelle decisioni che li riguardano. Infine, l'arroganza del potere li ha incoraggiati a continuare e li ha rafforzati. Gli studenti hanno dimostrato creatività e spirito d'adattamento. Hanno capito che la democrazia, la loro libertà e quella dei media, erano in pericolo.

Per la prima volta sono divenuti autonomi e indipendenti. Nei vari dibattiti si sono affrontati temi come la commercializzazione dell'insegnamento o l'autonomia delle università. Si tratta di un nuovo slancio politico, di una partecipazione civica e di una pratica della democrazia diretta. Tutto questo è una novità. E' un processo in divenire, condotto da una nuova generazione di cittadini. Le sfide che si trovano ad affrontare sono i risultati del malfunzionamento del sistema. Gli studenti sono divenuti attivi e militanti, sono maturati politicamente. E' un segnale di speranza per la Macedonia.

Di fronte ai Plenum degli studenti si è visto il governo fare dei passi indietro...

Il governo è stato sorpreso dalla mobilitazione e dal sostegno che quest'ultimo ha raccolto nella società. Non aveva previsto lo scenario. Ora sembra voglia rallentare tutto nella speranza che il movimento si sgonfi. Ma gli studenti sembrano aver capito che lo schema applicato è quello della “guerra d'usura” e non si lasceranno ingabbiare.

In questo contesto, fin dove arriveranno i Plenum degli studenti?

Non vi sono strategie a lungo termine. E' una protesta dinamica, che si adatta al contesto. Ed è per questo che è riuscita così bene. Per esempio non avverrà che gli studenti interrompono l'occupazione delle facoltà solo perché si sono avviate delle negoziazioni con il governo. Non vogliono che il governo li rosoli a fuoco lento e a mio avviso alla fine vinceranno la battaglia.

E' dalle elezioni della primavera scorsa che la Macedonia è sprofondata in una crisi istituzionale: l'opposizione boicotta il parlamento, il leader dell'opposizione, Zoran Zaev, ha reso pubblico lo scandalo delle intercettazioni ordinate dal primo ministro... La stabilità della Macedonia è in pericolo? La comunità internazionale interverrà o rimarrà in disparte?

E' da tempo che il paese attraversa una crisi istituzionale. L'opposizione si è ritirata perché non voleva essere una pseudo-decorazione in una pseudo-democrazia. Ma però è incapace di cacciare il governo dal potere. L'opposizione non è portatrice di alcuna proposta concreta, non è in grado di mettersi a capo di un vero movimento e soprattutto di proporre un nuovo modello di società. I cittadini non hanno più fiducia nell'opposizione, non di più che nell'attuale governo.

Gli stessi elettori del VMRO-DPMNE ne hanno abbastanza di questi dirigenti implicati con la criminalità e della loro politica che ci sta portando dritti verso l'abisso. Sono esasperati. Anche se sono prigionieri di un sistema al quale hanno aderito per rispondere a dei bisogni primari, prima o poi si rivolteranno. Si assisterà allora alla caduta dell'attuale potere.

Per quanto riguarda la comunità internazionale, per lei si tratta di questioni interne al paese che devono essere regolate attraverso il dialogo tra le varie componenti interne. Considerano il potere attuale come legittimo e rimarranno nella posizione di osservatori.

La componente albanese è silenziosa. Ritiene siano preoccupati per quanto sta avvenendo o ritengono forse siano questioni riguardanti la sola componente macedone della società?

I partiti del blocco albanese hanno preso le distanze dal movimento perché sono stati tutti, prima o dopo, partner dell'attuale coalizione al potere. Sino a quando non sarà risolta la crisi politica, non si muoveranno. Inoltre nessuno sa cosa verrà rivelato da parte dell'SDSM in merito allo scandalo intercettazioni. Tutti i politici albanesi non hanno la coscienza tranquilla e seguono con attenzione l'evoluzione degli eventi. Per quanto riguarda la popolazione, resta molto scettica, perché si è coscienti che non saranno certo le strutture politiche attuali a risolvere la questione della povertà.

Il governo teme di perdere il suo controllo sulla società? C'è una falla nel sistema?

L'effetto sorpresa ha avuto successo. Il governo è ferito e si sente in una posizione debole. Ma è difficile stimare quali ne siano le conseguenze e se il potere intenda far tacere con la violenza le voci critiche e i movimenti di contestazione.

Ci stiamo avvicinando a nuove elezioni politiche?

La Macedonia deve mettere in piedi una nuova alternativa politica. Se il potere cade, occorrono strutture sociali organizzate che permettano il ritorno ad una situazione di normalità. Non dimentichiamo che la Macedonia resta un paese dove le tensioni possono sfociare in scontri inter-etnici. Non sarebbe una sorpresa se la coalizione al governo decidesse di giocarsi la carta delle relazioni interetniche, uno schema utilizzato più volte per impaurire i cittadini e conservare il potere. Sta in quel caso ai cittadini non cadere nella trappola.

Una possibilità potrebbe essere quella di organizzare l'unione di tutti i movimenti contestatari. Se questi ultimi riuscissero a creare una rete, si assisterebbe alla nascita di un vero movimento civico che mira a cambiare radicalmente la Macedonia: con una normalizzazione del sistema, un ritorno ai valori democratici, un'economia dove il cittadino-lavoratore è al cuore del sistema.

E' una vera e propria sfida politica: unirsi per sviluppare una nuova visione politica, con nuovi strumenti d'azione e un dialogo differente da quello ereditato dai sistemi del passato. Alla nostra società serve una nuova visione. Una delle idee nate dall'attuale dibattito è l'organizzazione in plenum dei vari movimenti di contestazione, che si unirebbero così in un grande movimento comune che potrebbe rappresentare la terza via tra le attuali forze in campo.

E' possibile ipotizzare la creazione di un partito politico che vada oltre le attuali logiche di divisione etnica e che parta dai diritti del cittadino?

Qualche anno fa sarebbe stato percepito come utopia. Ora però no. I movimenti ai quali ho potuto partecipare come AMAN o STOP ALLA BRUTALITA' DELLA POLIZIA raccoglievano cittadini di tutte le comunità. La società è pronta a cambiare e il movimento degli studenti ne ha dato prova.

Nelle manifestazioni o durante i plenum degli studenti non si sentivano discorsi che si riferissero ad uno o all'altro gruppo etnico. Negli anni i politici si sono focalizzati sulle divisioni tra i cittadini, in modo da mantenere un clima di sfiducia tra le comunità. I partiti sono etnocentrici e cioé monoetnici. Non hanno che continuato ad erigere muri. Così le scuole: quando studenti macedoni ed albanesi seguono le lezioni in un unico edificio si è organizzati in modo che gli uni abbiano lezione il mattino e gli altri il pomeriggio e si incontrano solo un momento, alla fine della scuola per alcuni, all'inizio per gli altri. Non si conoscono e non si mescolano se non in casi di scontri manipolati dai partiti politici. La gente è cosciente che questo non può durare all'infinito. Si chiede cambiamento e i movimenti civici dovranno porre delle passerelle affinché questo cambiamento avvenga.

Un partito che sia non multienico ma che piuttosto vada oltre queste divisioni avrebbe un grande potenziale di mobilitazione e di raccolta di tutti i cittadini del paese. Se questi nuovi movimenti riusciranno a dare delle risposte a questa sfida – abbattere gli schemi classici che gli Accordi di Ohrid non hanno fatto che istituzionalizzare - l'idea di un nuovo partito che rappresenti l'insieme dei cittadini macedoni non sarà più un'utopia.