La crisi dei rifugiati ha riempito lo spazio informativo nei Balcani. I profughi, però, sono spesso rimasti ai margini dell'attenzione: sui media dell'area, a farla da padrone sono state strumentalizzazioni e diatribe politiche
Rifugiati e migranti sono stati negli ultimi mesi al centro dell'attenzione dei media dei Balcani. Nei paesi di transito quali Macedonia, Serbia e, in seguito, Croazia, i mezzi di informazione hanno dedicato quotidianamente ampio spazio nei telegiornali o sulle prime pagine dei giornali agli sviluppi della crisi.
Due approcci diversi, che ricalcano diversi orientamenti politici e ideologie, hanno caratterizzato questa massa di notizie. Il primo è quello che cerca di sfruttare la crisi dei rifugiati per promuovere interessi politici particolari nei vari paesi interessati dal fenomeno. Il secondo è quello di (di)mostrare, attraverso il racconto della gestione della crisi, a cittadini e paesi confinanti la propria superiorità morale nei confronti dei vicini. In entrambi i casi, i mezzi di informazione sono stati utilizzati come strumento trascurando il compito primario, quello cioè di informare il pubblico.
Macedonia
Negli ultimi mesi, la Macedonia è stata spesso al centro dell’attenzione dei media soprattutto per la gestione inadeguata della crisi da parte delle sue istituzioni. Giornalisti di tutto il mondo hanno parlato della situazione al confine meridionale con la Grecia, vicino alla città di Gevgelija. Dopo l’incidente di quasi due mesi fa, quando la polizia ha lanciato gas lacrimogeni contro i migranti, poche settimane fa i media hanno riportato un altro grave episodio: un video di Sky News mostra infatti la polizia di frontiera usare i manganelli per mettere in fila i rifugiati all’ingresso in Macedonia.
In entrambi i casi, sono emersi chiaramente due diversi approcci: da una parte i media vicini al governo cercavano di sminuire i fatti, dall’altra i media di opposizione hanno sfruttato questi incidenti, proponendoli come l’ennesima prova dell’incapacità dell’attuale esecutivo, denunciato come non democratico ed irresponsabile. I media governativi hanno citato rapporti sui maltrattamenti ai danni dei rifugiati in altri paesi, nella maggior parte dei casi membri dell’Unione europea. Gli esempi dall'estero servivano a sostenere la tesi che, se si compiono abusi anche nella ricca Europa, questi sono inevitabili in un paese in forte difficoltà come la Macedonia, o solo per enfatizzare l’ipocrisia e la doppia morale di Unione europea e media occidentali. Nei media di alcuni paesi confinanti, invece, sono stati i macedoni ad essere raffigurati come i “cattivi”.
In generale, nei media macedoni è evidente un livello di informazione piuttosto basso; il caso più eclatante di disinformazione è stato rappresentato dalla notizia, circolata dopo i primi incidenti a Gevgelija, su di un poliziotto che sarebbe stato “attaccato e pugnalato” da un gruppo di rifugiati. Come spesso successo negli ultimi anni, la notizia era stata inizialmente pubblicata da un oscuro portale web, e presto si era diffusa su internet e sui mezzi di informazione di massa. Il giorno dopo, si è capito che si trattava semplicemente di una bufala.
Al binomio pro/contro il governo se ne aggiunge uno etnico, in cui “noi” siamo i buoni e “loro” i cattivi. Se i media internazionali hanno parlato degli incidenti tra polizia e migranti al confine, le persone comuni hanno postato sui social network storie positive sul comportamento umano dei poliziotti coi rifugiati. Una delle immagini più significative, che raffigura un poliziotto che dà dell’acqua a un bambino, è stata riletta da alcuni media da un punto di vista etnico, enfatizzando l’affiliazione etnico-religiosa del poliziotto. Ancora una volta, lo spazio pubblico è stato usato per presentare un messaggio inopportuno, alimentando stereotipi e xenofobia.
Serbia e Croazia
In Serbia e Croazia, la crisi dei rifugiati è invece servita per riportare a galla ferite degli anni ‘90, conflitti latenti, mascherati dalla retorica della prospettiva comune europea e dalle politiche di buon vicinato. Nell'aprile 2016 in Macedonia e il prossimo 8 novembre in Croazia si terranno nuove elezioni - era quindi facile immaginare che la crisi sarebbe stata sfruttata a fini politici. Difficile invece prevedere l’aspra disputa divampata tra Croazia e Serbia.
Dopo la chiusura dei confini tra Serbia e Ungheria, la Croazia si è trovata a far fronte a un flusso crescente di rifugiati, ed ha bloccato le proprie frontiere. La copertura mediatica si è trasformata immediatamente in uno scambio reciproco di accuse, ed i funzionari serbi hanno protestato soprattutto per le possibili ripercussioni economiche del blocco.
Ne è nata una baruffa mediatica tra i due paesi confinanti, in cui è nuovamente apparsa la retorica nazionalista degli anni ‘90. Sui giornali sono apparse accuse reciproche su chi sfrutti la crisi dei rifugiati per fare pressione sul vicino a proprio vantaggio. I tabloid si sono scatenati con titoloni pieni di insulti. Boris Dežulović, noto editorialista croato, ha spiegato che per un tabloid il titolo è di fatto l’intera notizia: in particolare nelle situazioni in cui si può giocare con le emozioni della gente. La lite, come spesso accede a queste latitudini, è rientrata solo dopo l’intervento degli “internazionali”, UE in testa.
Cosa è successo ai rifugiati?
Nel corso di questi dolorosi eventi, i rifugiati sono passati in secondo piano. Invece di essere loro i protagonisti del flusso di notizie, l’attenzione dei media balcanici si è focalizzata sui paesi che i rifugiati stavano attraversando. A loro volta, i paesi dell’area hanno usato i rifugiati come pedine nella loro partita a scacchi.
Una situazione pregna d’ipocrisia: guardando la crisi dei rifugiati da lontano, ci si illude di avere una prospettiva chiara e delle soluzioni semplici. Tutto però cambia quando si è impegnati in prima persona dagli eventi. Dire che siamo migliori degli altri è un puro e semplice uso improprio dei media e della situazione.
Per molti politici, la crisi dei rifugiati ha rappresentato semplicemente un'opportunità per promuoversi e assicurarsi la vittoria alle prossime elezioni.
This publication has been produced within the project European Centre for Press and Media Freedom, co-funded by the European Commission. The contents of this publication are the sole responsibility of Osservatorio Balcani e Caucaso and its partners and can in no way be taken to reflect the views of the European Union. The project's page