Rifugiati a Gevgelija

Rifugiati a Gevgelija - Croce Rossa/flickr

Mentre continua l'afflusso massiccio di rifugiati, la Macedonia si chiede se costruire l'ennesimo muro. Le istituzioni arrancano e sono i cittadini a fornire assistenza e sostegno a chi fugge

22/09/2015 -  Ilcho Cvetanoski

Quello a cui abbiamo assistito finora potrebbe essere solo un assaggio di quanto potrebbe avvenire in futuro lungo la cosiddetta “rotta balcanica”. La Germania ha reintrodotto temporaneamente i controlli alle frontiere, le autorità austriache hanno espresso la stessa intenzione ed informazioni analoghe sono arrivate anche dalla Slovenia. L’ Ungheria, dopo aver completato la barriera che chiude completamente il proprio confine con la Serbia, ha annunciato di volerne costruire un’altra lungo il confine con la Romania.

In Macedonia il governo ha preso in considerazione l’idea di costruire una barriera dello stesso genere di quella ungherese per fermare il crescente flusso di migranti provenienti da sud, mentre le ferrovie macedoni hanno triplicato il prezzo dei biglietti per il treno che va dalla frontiera meridionale a quella settentrionale, lungo il percorso attraversato dai rifugiati in viaggio verso l’Unione Europea.

L’esempio ungherese

Mentre il numero di rifugiati che entrano in Macedonia continua a crescere, con picchi record, secondo quanto riferito dai media, come i settemila siriani registrati lunedì 7 settembre, il ministro degli Esteri Nikola Poposki ha dichiarato in un’intervista al settimanale economico ungherese Figyelo che anche la Macedonia probabilmente avrà bisogno di “una qualche barriera fisica” contro il flusso di migranti, sebbene questa non possa essere una soluzione a lungo termine.

“Se prendiamo davvero in considerazione quanto ci è richiesto dall’Unione Europea, ne avremo bisogno: presidi di militari, barriera fisica, o una combinazione di entrambe le cose”, ha dichiarato Poposki, aggiungendo che la Macedonia sta facendo del proprio meglio per registrare tutti i migranti. “Quando però ci adoperiamo per fare quello che ci chiedono i nostri partner europei, ovvero per controllare le frontiere e per fermare i migranti, veniamo immediatamente criticati dalla comunità internazionale”, ha aggiunto, replicando una posizione spesso rivendicata dalle autorità ungheresi.

L’Organizzazione Internazionale per le Migrazioni (IOM), riporta i dati del ministero dell’Interno macedone, secondo i quali tra il 19 giugno e il 7 settembre 2015 sono stati registrati 64.522 migranti, dei quali 43.671 uomini, 8.857 donne, 10.386 bambini accompagnati dalle famiglie e 1.608 minori non accompagnati. Si stima che, quotidianamente, arrivino al confine con la Grecia circa tremila persone. Secondo il report di IOM, il governo di Skopje con difficoltà riesce a rispondere alle necessità primarie di chi arriva.

Le persone sostituiscono le istituzioni

Mentre governo e partiti politici, di ogni etnia e colore, sono impegnati con la crisi politica e le elezioni anticipate dell’anno prossimo, la gente comune si è rimboccata le maniche e sta aiutando i rifugiati. Questo non vuol dire che le istituzioni non vogliano aiutare rifugiati e migranti che attraversano la Macedonia - al contrario, molte si stanno attivando - tuttavia molti dei compiti che spetterebbero all'ente pubblico sono oggi nelle mani della gente comune.

Ogni giorno, una grande rete di persone provenienti da molte parti del paese, organizzata in gruppi formali ed informali, raccoglie e distribuisce cibo, prodotti per l’igiene di base, pannolini per i bambini ed altri beni di prima necessità ai punti di accesso e di uscita con la Macedonia. Offrono informazioni e consigli ai migranti su come raggiungere le destinazioni, su quali siano i percorsi sicuri, e aiutano le famiglie a riunirsi. Ancora una volta sono le persone comuni a mostrare la faccia migliore della società macedone, mentre il governo raccoglie critiche per la gestione inefficace dell’emergenza.

Dopo l’incidente di alcune settimane fa, quando la polizia ha impiegato lacrimogeni per disperdere i migranti al confine greco-macedone, in questi giorni i media ne hanno registrato uno nuovo: in un video di Sky News si vedono poliziotti di frontiera utilizzare manganelli nel tentativo di tenere sotto controllo e mettere in fila i rifugiati che cercano di entrare nel paese. Un’altra cattiva pubblicità per il paese, ma soprattutto un esempio di trattamento inumano che ha fatto il giro del mondo.

Un tram chiamato Desiderio

Nella tragedia, provoca scandalo l’aumento del costo dei biglietti del treno: in circa un mese i costi sono infatti triplicati. I rifugiati che entrano in Macedonia vicino alla città di Gevgelija, al confine con la Grecia, devono percorrere circa duecento chilometri per arrivare a Tabanovce, alla frontiera con la Serbia. In genere, rifugiati e migranti coprono la distanza in autobus, taxi e treno.

Il 18 giugno scorso, quando la legge sul diritto di asilo è stata emendata ed è stato concesso ai rifugiati di utilizzare i trasporti pubblici e di fare richiesta per un permesso temporaneo di asilo al confine o alla stazione di polizia più vicina, un biglietto del treno costava 6 euro. Il prezzo è però salito presto a 10 euro fino ad arrivare, nei giorni scorsi, a 25 euro.

L’opinione diffusa è che un tale rincaro sarebbe giustificato se fossero stati introdotti nuovi treni o offerti servizi extra, ma nel contesto attuale si tratta di una decisione che deriva solo dal desiderio di profitto. Se quotidianamente arrivano dalla Grecia tremila persone, anche se probabilmente il numero è più alto, moltiplicando il numero per i 25 euro del biglietto, risulta che ogni giorno la compagnia ferroviaria incassa almeno 75 mila euro. Se il flusso di migranti continuasse, e non c’è nessun segnale che si arresterà presto, la compagnia dei treni potrebbe incassare oltre 2 milioni di euro al mese.

Gli altri mezzi di trasporto costano dai 20 euro del biglietto dell’autobus ai 100 di un taxi (25 euro a persona). I rifugiati sono disposti a pagare per poter continuare il loro viaggio verso l’Unione europea.

La “rotta balcanica” arginata

Dopo gli ultimi eventi, secondo le previsioni dell’Unione Europea, la rotta che passa attraverso l’Ungheria potrebbe cambiare o i Balcani diventare la meta finale dei rifugiati. Quel che è certo è che si aprirà un nuovo mercato per i trafficanti di esseri umani che offrono viaggi “veloci e sicuri” per arrivare in Europa. Se la situazione si sviluppasse in questa direzione, dobbiamo essere pronti ad assistere a situazioni simili a quella documentata dal reportage di Channel 4 del giugno scorso, che aveva scoperto in Macedonia circa 300 migranti rinchiusi in piccole stanze e trattenuti da un gruppo criminale di rapitori. Per poter continuare il proprio viaggio verso l’Unione Europea, ognuno dei rifugiati sequestrati doveva pagare tra i cinquecento e i mille euro.

Ancora più inquietante è lo scenario che si potrebbe aprire se dovesse aumentasse il numero di rifugiati “intrappolati” nei Balcani. Almeno per il momento non ci sono stati grandi problemi connessi alla presenza di rifugiati in Macedonia, se non quello dell’immondizia che si accumula nelle stazioni ferroviarie di transito ed alcuni casi di furti di ortaggi nei campi attorno a Gevgelija.

Nonostante la situazione sia relativamente calma, alcuni giornali diffondono però notizie allarmiste. È abbastanza facile immaginare cosa potrebbe succedere se le persone che stanno scappando dalla Siria col sogno di arrivare in un paese dell’Unione Europea si trovassero improvvisamente intrappolati in Macedonia durante il freddo inverno. L’allarmismo facilmente di trasforma in xenofobia, dando molto lavoro ai trafficanti di esseri umani. I media macedoni hanno intanto interpretato l’arrivo di una troupe della CNN al confine meridionale come il presagio di un’inevitabile crisi umanitaria.