Le ultime dichiarazioni del Commissario Europeo su Serbia e Macedonia dimostrano che l'Unione europea, purtroppo, continua a chiudere un occhio su autoritarismo e attacchi alla libertà dei media nei Balcani
Originale inglese pubblicato da Balkan Insight il 18 febbraio 2015 con il titolo: “The ‘Proof’ is Around You, Mr Hahn ”
Questa settimana la miopia dell'UE sui Balcani ha raggiunto nuove vette. L'Unione europea non è nuova a disinvolte valutazioni di rischio, ma la decisione di ignorare sviluppi così preoccupanti nella regione potrebbe danneggiare Macedonia e Serbia per i decenni a venire.
Johannes Hahn, Commissario per l'allargamento e successore di Štefan Füle, ha rilasciato due dichiarazioni che illustrano chiaramente la "linea" dell'UE in Serbia e Macedonia. Le accuse di violazioni della libertà dei media in Serbia devono essere provate, ha detto. Per quanto riguarda la Macedonia, scossa da uno scandalo intercettazioni di proporzioni enormi, ha semplicemente detto di aspettarsi che le istituzioni del Paese facciano il proprio lavoro.
Non c'è dubbio, l'UE ha molta carne al fuoco, dai timori di un default greco alla guerra in Ucraina e in Siria. Tuttavia, questo non può giustificare una completa inazione, o l'esercizio di una politica che fa della stabilità una priorità a scapito delle libertà democratiche. Questo approccio invia ai Balcani un messaggio preciso: "Fate quello che volete, basta che non vi ammazziate a vicenda".
Il primo ministro della Serbia, Aleksandar Vučić, ha recentemente utilizzato il nostro portale media, BIRN, per dare una lezione all'UE . In un attacco senza precedenti, realizzato attraverso un'enorme macchina propagandistica, ci ha bollato come bugiardi, mercenari e traditori, accusando l'Unione europea di aver pagato un progetto di giornalismo investigativo che ha svelato la corruzione nel Paese.
Questa prova di forza ha inviato il messaggio che altri voci critiche andranno incontro allo stesso destino .
Questo è stato puntualmente dimostrato dalla campagna contro il centro “Humanitarian Law Centre”, etichettato come covo di “traditori” dopo che lo stesso aveva chiesto lo svolgimento di un'indagine per presunti crimini di guerra commessi dal capo di stato maggiore dell'esercito, generale Ljubiša Diković.
Da mesi, giornalisti e varie organizzazioni della società civile in Serbia lamentano crescenti censure e pressioni da parte del governo.
Il risultato è che la Serbia è scesa di 13 posizioni, dalla 54 alla 67, nella classifica annuale sulla libertà dei media stilata da Reporters sans frontières. A giudicare da questo inizio di 2015, dopo le campagne contro BIRN e HLC, le classifiche possono solo peggiorare.
In questo contesto, l'affermazione di Hahn sulla necessità di provare le violazioni della libertà dei media è profondamente sconcertante. Le prove sono ovunque. Ad esempio, se ne trovano parecchie nel progress report 2014 della Commissione europea. Nel frattempo, nella recente campagna contro BIRN, in una sola settimana sono state pubblicate 170 notizie, ma solo quattro fra tutti i media serbi hanno dato a BIRN la facoltà rispondere. A parte un paio di giornali a bassa tiratura, nessuno ha pubblicato l'indagine che aveva provocato tanta furia, anche se la questione era chiaramente di interesse pubblico.
Le parole di Hahn sulla Serbia non sono passate inosservate. Martedì il primo ministro Vučić le ha elogiate su Twitter: "Sono grato [ad Hahn] perché è disposto a resistere alle pressioni dei media, perché la verità è più importante per lui. È un uomo d'onore".
La Macedonia offre un esempio ancora più eloquente di questa politica del chiudere un occhio. Da oltre nove anni, governando con la paura, l'intimidazione e il controllo su tutti i principali media, il suo sofisticato regime riesce a far diventare tutte le principali istituzioni delle marionette. I progetti monumentali e le manie di grandezza del governo hanno reso il paese una barzelletta all'estero. Le proteste suscitano contro-proteste, oppositori politici e giornalisti finiscono in galera e il pensiero critico è scomparso dal dibattito pubblico.
L'ultima tempesta relativa alla pubblicazione da parte dell'opposizione di presunte intercettazioni illustra la completa mancanza di integrità delle istituzioni del Paese. La Macedonia non è mai stata interessante come la Serbia agli occhi dell'Occidente, né poteva usare i legami con la Russia come arma di ricatto. Bruxelles è da tempo frustrata dal fallimento dei negoziati con la Grecia sulla questione del nome. Tuttavia, questo non ferma l'UE dal raccomandare ripetutamente l'inizio di negoziati di adesione, pompare fiumi di denaro nel Paese e far finta che tutto vada bene.
Ora, a Bruxelles hanno la possibilità di ascoltare numerose e affascinanti conversazioni. Ci sono la polizia macedone e il ministro delle Finanze che parlano di incaricare un Procuratore capo di lasciar cadere delle accuse penali, c'è il capo della polizia segreta che negozia la nomina di un presidente della Corte suprema, c'è il ministro degli Interni che chiede se un giudice è "al cento per cento dei nostri" prima di promuoverlo e convocare il pubblico ministero per un colloquio.
Queste registrazioni, la cui autenticità non è ancora stata messa in discussione, non solo mostrano quanto completo sia diventato il controllo politico sul potere giudiziario, ma sollevano anche interrogativi su vari casi giudiziari degli ultimi anni. Eppure, dopo tutto questo, Hahn da Bruxelles dice che la questione deve essere risolta nei tribunali e invoca lo stato di diritto. Sta parlando degli stessi tribunali, giudici e pubblici ministeri?Quale messaggio invia tutto questo? Dice ai governi che possono calpestare le più elementari norme di decenza, basta che le tensioni che hanno creato attraverso la loro repressione, corruzione, clientelismo e nepotismo non si riversino sulle strade e finiscano in un bagno di sangue.
L'UE deve prendere una posizione politica chiara. È tempo di dimostrare che nessun Paese che voglia aderire all'Unione europea può irridere i fondamentali valori democratici. Finché non lo faranno, i funzionari UE non riusciranno a tenere sotto controllo i regimi autoritari dei Balcani, che non hanno alcun interesse per i valori che l'Unione europea sostiene di rappresentare.