La scorsa settimana a Bucarest 56 paesi dell'Osce si sono incontrati per dibattere in materia di discriminazioni e antisemitismo. Il presidente romeno Basescu ha spiegato l'impegno del suo paese, dimenticando di aver ceduto anch'egli in più di un'occasione a comportamenti discriminanti

15/06/2007 -  Mihaela Iordache

Circa 600 rappresentanti dei 56 paesi aderenti all'OSCE (l'Organizzazione per la sicurezza e la cooperazione in Europa) si sono riuniti la settimana scorsa a Bucarest per affrontare i seguenti temi: discriminazione, antisemitismo e xenofobia. La conferenza si è concentrata soprattutto sulla discriminazione e sull'implementazione degli impegni già presi in merito durante le precedenti riunioni come quella di Cordoba del 2005 sull'antisemitismo. L'intolleranza e la discriminazione assumono forme sempre più preoccupanti per gli organismi internazionali ma spesso destano poco interesse per gli stati.

Secondo un rapporto dell'organizzazione americana Human Rights First la Romania si colloca tra quei paesi membri dell'OSCE che non hanno ancora inasprito le pene per le forme violente di discriminazione e intolleranza mentre invece altri 30 stati - tra cui la Croazia e la Lettonia - hanno introdotto apposite leggi. In altri paesi, come Bulgaria, Cipro, Grecia, Germania o Ungheria la legislazione non distingue tra i delitti a natura discriminatoria e di altro tipo. Lo stesso documento rivela che nel 2006 in Germania è cresciuto il numero degli atti estremisti, in Francia si sono registrate più violenze antisemite mentre in Russia è aumentato il numero delle forme violente di discriminazione.

Con un messaggio video, Elie, Wiesel, nato in Romania nel 1928, superstite dell'Olocausto e premio Nobel per la pace nel 1986 ha fatto un appello ai partecipanti alla conferenza di Bucarest affinché contrastino le politiche e le ideologie razziste, antisemite e xenofobe che continuano a manifestarsi nei loro paesi. Da parte sua, il principe giordano Hassan Bin Talal ha lanciato un segnale di allarme sul pericolo dell'islamofobia, aggiungendo che "non è nello spirito dell'Islam il lavaggio di cervello di giovani poveri e discriminati per farli diventare attentatori suicidi e uccidere donne e bambini innocenti".

All'apertura dei lavori, il presidente romeno Traian Basescu ha spiegato invece che nell'ultimo decennio la Romania ha messo a punto un sistema complesso di strumenti legislativi per la prevenzione e la punizione dell'intolleranza, come la legge per la prevenzione e la repressione di tutte le forme di discriminazione, la costituzione del Consiglio nazionale per la lotta alla discriminazione, l'ordinanza che vieta le organizzazioni e i simboli a carattere fascista, razzista o xenofobo.

Basescu ha aggiunto che per quanto riguarda la lotta all'antisemitismo, Bucarest ha agito "per il recupero della memoria nazionale, per la dimensione educativa di questo processo". E' stata costituita sotto la guida del professor Elie Wiesel, la commissione internazionale di storici per lo studio dell'Olocausto in Romania - "le cui raccomandazioni siamo decisi ad applicare integralmente", dice il presidente. C'è poi l'Istituto nazionale "Elie Wiesel per lo studio dell'Olocausto e sono stati introdotti nel programma per il liceo alcuni corsi sull'Olocausto.

Gli sforzi ci sono ma i problemi non mancano. Il direttore del Centro degli studi sull'Olocausto di Washington, Radu Ioanid avverte che i membri del Partito Romania Mare (Romania Grande) hanno fatto recentemente delle affermazioni contro alcune persone per il semplice motivo che erano ebrei. Ioanid segnala che anche il Partito Social Democratico organizzerebbe incontri a sfondo antisemita.

I più discriminati restano però i rom. Quasi due milioni di rom - secondo le stime - nella stragrande maggioranza vivono in condizioni misere e si dichiarano discriminati. Dediti tuttora al nomadismo in molti continuano ad emigrare in altri paesi dell'Ue, come l'Italia, dove non mancano le polemiche per quanto riguarda la loro presenza. Nessuno li vuole. Presto il sindaco di Roma Veltroni si recherà a Bucarest sperando in un accordo con le autorità romene per il rimpatrio di molti di loro. Mentre il presidente dell'Alleanza Civica dei rom, Costel Bercus, chiede al ministero dell'Educazione di organizzare campagne nelle scuole in Romania per cambiare l'atteggiamento della popolazione maggioritaria rispetto ai rom e inoltre per cambiare l'atteggiamento dei politici.

Sembra più una lotta contro i mulini a vento e pure il presidente romeno ricorda che "le misure per la lotta alla discriminazione contro i rom sono amministrate dall'Agenzia nazionale per i Rom che agisce sotto il Governo. Nel 2001 è stata promossa una strategia governativa per migliorare la situazione dei rom". E anche sul piano internazionale, dice Basescu "la Romania partecipa all'iniziativa 'Il decennio dell'Inclusione dei Rom 2005-2015' e il Memoriale dell'Olocausto include anche i documenti che riguardano i rom come vittime delle persecuzioni razziali."

Purtroppo molte conferenze sono un'occasione per i partecipanti istituzionali di sottolineare soprattutto quello che si è intrapreso in una direzione o nell'altra anche se sui risultati concreti pesa una cortina di fumo. Il presidente della Romania ha però anche ammesso che è vero che nel fuoco delle controversie politiche e delle dispute sportive, possiamo commettere errori verbali ma "oltre a questi, vi assicuro che il popolo romeno ha una lunga tradizione di buon senso e di rispetto della diversità perché la democrazia non può avere senso senza l'assimilazione sincera della nozione della tolleranza".

Belle parole, peccato che il presidente abbia preferito parlare solo in nome del popolo, quando in realtà c'è un fatto che lo riguarda da vicino. Appena un mese fa, infastidito dalle domande di una giornalista, le ha sequestrato il cellulare che però ha continuato a registrare la scena con Basescu che apostrofava la giornalista con uno "sporca zingara". Un comportamento considerato "razzista, discriminatorio e offensivo" e che ha scaturito proteste e critiche soprattutto dalle categorie che si sono sentite diffamate dal presidente, in questo caso i giornalisti e i rom. Però alla fine è stato emesso un comunicato con le scuse del presidente.

Qualche tempo fa, lo stesso Basescu dava del gay ad un giornalista sempre perché troppo insistente nelle sue domande. Contemporaneamente alla riunione dell'Osce a Bucarest si è svolto anche un festival gay organizzato per sensibilizzare l'opinione pubblica romena sui diritti degli omosessuali. I partecipanti hanno manifestato soprattutto per il diritto al matrimonio e hanno ricevuto in cambio da quasi 100 persone, estremisti di destra a volto coperto, pomodori, uova e rifiuti in abbondanza. Il tutto condito dall'odore dei gas lacrimogeni lanciati dalla polizia per calmare la situazione.

Ma alla conferenza Osce di Bucarest, il presidente Basescu ha ricordato che la Romania possiede una delle più complete legislazioni sui diritti delle minoranze. "Il modello romeno sulla protezione delle minoranze nazionali è riconosciuto a livello europeo ma purtroppo questo trattamento non si ritrova nei paesi vicini come la Serbia, l'Ucraina o l'Ungheria sui cui territori vivono numerose minoranze romene". In Romania ci sono 18 minoranze nazionali, tutte rappresentate nel Parlamento. Inoltre, la minoranza magiara, che conta circa un milione e settecentomila persone su un totale di 22 milioni di abitanti, fa parte dalla coalizione al Governo.

A volte sono stati i romeni - secondo il presidente - una fonte di discriminazione ma altre volte sono state le comunità dei romeni all'estero "i bersagli di campagne stampa discriminatorie nei paesi con tradizione democratica". In questo senso è stato ricordato il caso dei giornali britannici che nell'autunno scorso, poco prima dell'adesione della Romania all'Ue, hanno svolto una "vera campagna contro gli immigrati romeni e bulgari e hanno scritto periodicamente sui pericoli da essi rappresentati, come la pesantezza sul sistema delle assicurazioni sociali in Gran Bretagna, criminalità, prostituzione, frodi dei bancomat, tubercolosi, AIDS".

Alla conferenza Osce svoltasi a Bucarest il presidente romeno ha espresso la speranza che il ritorno della Romania nella famiglia europea "garantirà la dignità di ognuno dei miei concittadini. Abbiamo il diritto e il dovere di riscoprire l'orgoglio della nostra identità nella diversità culturale del nostro continente".