Quando a settembre l'Ue ha votato sulle quote di distribuzione dei rifugiati la Romania si è schierata per il "no" con Repubblica ceca, Slovacchia e Ungheria, contro tutti gli altri. La politica sembra compatta sulla scelta, la società civile meno
Nella complessa gestione europea della crisi dei migranti, la Romania è tra quei paesi dell'est Europa (in compagnia di Repubblica ceca, Ungheria e Slovacchia) che hanno votato contro le quote fisse di rifugiati da accogliere decise dal Consiglio Ue “Giustizia e affari interni” del 22 settembre scorso. In quell'occasione il vicepremier romeno Gabriel Oprea si è schierato con i paesi intransigenti, ricevendo subito gli elogi da parte del premier socialdemocratico Victor Ponta.
Ma la strategia di Bucarest non si è rivelata tanto azzeccata, tant'è che dai 1785 migranti che ci si era detta disposta ad accettare si è arrivati ora a quota quattromila. Inoltre Bucarest contribuirà con 300mila euro nei prossimi tre anni a progetti del Programma alimentare mondiale a sostegno dei campi profughi limitrofi alle aree di conflitto.
In queste settimane di trattative con i partner europei ciò che non è mai andato giù a Bucarest è che le quote definite fossero obbligatorie e non negoziabili e che – ad un certo punto – si sia discusso di sanzioni per i paesi che non si sarebbero fatti carico della quota di rifugiati loro assegnata. In merito Bogdan Aurescu, ministro degli Esteri rumeno, aveva invitato all'attenzione: "Circola una proposta secondo cui gli stati che non possono ricevere rifugiati si dovranno far carico della situazione con un contributo annuale dello 0,002% del proprio PIL”.
Nonostante il voto contrario di Slovacchia, Repubblica ceca, Romania e Ungheria la decisione del Consiglio è però passata a maggioranza.
La mozione del senato
L'assegnazione della quota obbligatoria fa però ancora discutere a Bucarest. La settimana scorsa il senato rumeno ha votato una mozione con la quale si sancisce il disaccordo rispetto all'obbligatorietà dei meccanismi di assegnazione dei migranti aggiungendo che le misure disposte da Bruxelles non servono a risolvere la situazione: "Il senato della Romania ritiene che le misure adottate non colpiscono le cause profonde della massiccia migrazione, ma hanno piuttosto creato un effetto inverso, di stimolo della stessa”. Quindi "in questo contesto, sottolineiamo una volta ancora l'importanza che la responsabilità nell'ambito delle politiche migratorie e del rilascio dell'asilo rimangano in carico ai singoli stati membri”.
Nel documento approvato dal senato – inviato a tutte le istituzioni Ue – si afferma inoltre che la Romania, nel contesto della sicurezza delle frontiere esterne dell'Ue, agisce di fatto già come uno stato Schengen: "La Romania opera già come stato Schengen, sia relativamente alla sicurezza delle frontiere che nell'utilizzo di proprio personale nelle operazioni Frontex e nell'invio di funzionari di polizia rumeni in missioni temporanee al di fuori dei confini del paese”.
Il dibattito nel paese
Si infiamma inoltre il dibattito in Romania tra chi ha un atteggiamento evidentemente ostile nei confronti delle persone richiedenti asilo e chi invece critica tale posizione. L’ex presidente della Romania, Traian Băsescu, ha rilasciato dichiarazioni molto forti: "Amo gli islamici, ma a casa loro. L'Europa è cristiana”. Oppure ha ricordato che una Romania che non è nemmeno in grado di integrare i rom certo non ha, a suo avviso, bisogno di migranti.
Su posizioni opposte invece l'analista Armand Grosu. Quest'ultimo, citato da Ziare.com, ha affermato che siamo di fronte “ad un grande fallimento della politica estera rumena. La crisi dei rifugiati è il più rilevante dossier di politica europea in cui la Romania si trova coinvolta negli ultimi otto anni, a partire da quando è entrata a far parte dell'Ue”. “La Romania” secondo Grosu “ha valutato erroneamente la situazione, ha giocato male tutte le carte che aveva in mano, si è posizionata dove non doveva stare: accanto ad Ungheria, Slovacchia e Repubblica Ceca, il gruppo euro-scettico degli amici di Mosca nell’UE”.
Chiara anche la posizione di Alina Mungiu Pippidi, politologa, membro della Società accademica rumena. La Mungiu Pippidi, ricordando che lei stessa proviene da una famiglia di migranti, ha pubblicato sulla stampa rumena un editoriale dal titolo: “I rifugiati vanno accolti. Non vi vergognate?”.
Rimangono sfumate le posizioni del presidente rumeno Klaus Iohannis, ma non distanti da quelle del governo. Il presidente ha recentemente dichiarato che il problema non è certo sulle cifre perché “si tratta di persone e non di oggetti da contare”. “La Romania, non solo a parole, ha dimostrato solidarietà, anche tramite offerte di accogliere un numero più alto di rifugiati rispetto a quanto deciso inizialmente. Ma non pensiamo che questa sia una soluzione al problema, come non credo sia opportuno parlare di quote obbligatorie calcolate in modo burocratico e senza consultare gli stati membri”.
Si è soffermato invece sulle cifre il consigliere presidenziale Ludovic Orban che, durante il recente dibattito “Migrazione in Europa. Sfide e opportunità per la Romania”, ha sottolineato che “in questo momento la Romania ha la capacità di ospitare 1700 persone e si sta lavorando per garantire altri 2700 posti”.
Francia-Romania
Intanto l'ambasciatore francese a Bucarest, Francois Saint-Paul, si è dichiarato sorpreso dalla posizione adottata dalla Romania sul tema dei rifugiati evidenziando l'assenza di una visione di lungo termine e la mancata comprensione della politica rumena di quanto sta avvenendo. Il diplomatico ha però salutato con favore l'invito del premier Victor Ponta indirizzato alle ONG e alla società civile rumena di partecipare accanto al governo nell'accoglienza dei rifugiati.
Nel frattempo la stampa rumena sta martellando su un altro aspetto: secondo un reportage realizzato in Croazia tra gli immigrati che desiderano raggiungere la Germania, la Romania non sarebbe affatto una destinazione auspicata. Ma questa è un'altra storia.