Dacian Cioloș (Gabriel Petrescu/Shutterstock)

Dacian Cioloș (Gabriel Petrescu/Shutterstock)

Ex Commissario europeo ed ex Primo ministro Dacian Cioloș è alla guida - per le europee - di una coalizione che si pone come alternativa a social-democratici e liberali. Lo abbiamo intervistato

21/05/2019 -  Francesco Magno

"La nostra coalizione è molto attenta ad evitare l’associazione con uomini che sono già stati impegnati in politica con altri partiti, che spesso contengono al proprio interno anche ex membri della Securitate". Con questa immagine di novità e verginità politica l’ex primo ministro Dacian Cioloș parla, in un’intervista a OBC Transeuropa, del nuovo partito da lui fondato, PLUS, che in coalizione con l’USR (Unione per la Salvezza della Romania) si avvicina con ottimismo alla sfida delle elezioni europee. Un tandem, quello PLUS-USR, che sembra posizionarsi bene nei sondaggi: secondo Politico.eu si assesterebbe infatti intorno ad un più che lusinghiero 15%, risultato di rilievo per un sodalizio formato da partiti che non hanno la stessa storia e struttura organizzativa dei due colossi liberale e social-democratico.

In un paese dove le distinzioni fra destra e sinistra spesso sfumano e si mischiano, è difficile collocarsi apertamente e chiaramente nei contenitori politici tradizionali. L’ex primo ministro sembra, tuttavia, avere le idee chiare sull’identità di PLUS: "Nel Parlamento europeo PLUS farà parte di un gruppo parlamentare di centro-destra. Ci sono discussioni legate alla costituzione di un nuovo gruppo formato da alcuni nuovi partiti nati recentemente in diversi stati membri e da altri che in questo momento appartengono all’ALDE o al PPE. Stiamo partecipando a questa discussione".

Dacian Cioloș fu nominato primo ministro di un governo tecnico nell’autunno 2015, a seguito delle dimissioni del socialista Victor Ponta e dello scandalo causato dall’incendio del club Colectiv, dove morirono diversi giovani. Con un passato alle spalle da Commissario europeo all’agricoltura, Cioloș ha chiaramente indirizzato l’azione del suo esecutivo verso un fecondo e stretto rapporto con Bruxelles. Un manifesto europeismo che gli ha attirato le critiche feroci dell’establishment social-democratico, e soprattutto di Liviu Dragnea, che al contrario continua a fare sfoggio di un atteggiamento provocatorio nei confronti dell’UE. Il leader del PSD non perde occasione per attaccare le istituzioni comunitarie, colpevoli secondo lui di favorire una spoliazione del paese da parte di investitori stranieri senza scrupoli. Cioloș non usa metafore per definirlo: "È un uomo disperato, condizionato dai suoi problemi penali e che, purtroppo, per sfuggirvi, ha trascinato con sé un partito e una nazione intera. Ha fatto molto male al paese".

Stop alla corruzione

Un paese che, tuttavia, per assestarsi definitivamente su standard occidentali necessita a suo avviso non solo di una ferrea opposizione al PSD, ma di politiche nuove, che per prima cosa debellino l’endemica corruzione che da anni flagella il paese. Un fenomeno, quello della corruzione, di cui si parla spesso e che ormai è diventato caratteristica tipicamente associata alla Romania, ma di cui si conoscono ben poco le cause profonde. Cause che Cioloș rintraccia nel passato comunista: "La transizione dal comunismo alla democrazia è stata difficile. Gli attivisti e gli alti funzionari comunisti, con il loro apparato di supporto, la Securitate, non sono mai stati giudicati. Questo ha reso molti uomini politici vulnerabili e ricattabili. La corruzione è un effetto di tutto questo. Molte abitudini di quella classe politica sono state trasmesse alla nuova generazione di politici. Per questo crediamo nella necessità di un gruppo dirigente realmente nuovo, di una offerta nuova che non abbia avuto niente a che fare con quel periodo".

Nel mirino di Cioloș non c’è, tuttavia, solo il PSD. In un recente comizio tenuto a Timișoara ha sorprendentemente rivolto dure parole al presidente della repubblica Klaus Iohannis, accusandolo di aver avallato molte delle nomine governative e delle politiche del governo social-democratico senza aver mostrato la necessaria opposizione. Un attacco di cui media e analisti romeni non hanno compreso la ratio e le motivazioni profonde: in un momento in cui il partito social-democratico al potere sembra attraversare una grave crisi, dovuta per prima cosa alle vicende giudiziarie di Dragnea, attaccare Iohannis minando l’unità dell’opposizione non è stato apprezzato dai più.

Dacian Cioloș ha però smentito una sua aperta opposizione a Iohannis, sebbene da mesi si vociferi in Romania di una sua possibile candidatura alle elezioni presidenziali dell’autunno prossimo: "Ho un ottimo dialogo con il presidente Iohannis, e negli ultimi anni ci siamo consultati spesso. La campagna per le presidenziali ancora non è iniziata, e l’ho sempre detto: la mia decisione sulla candidatura, qualunque essa sia, porterà ad un rafforzamento dell’opposizione, non a un suo indebolimento". Certo è che Cioloș e la sua coalizione mirano a un elettorato sostanzialmente coincidente con quello dell’attuale presidente, composto soprattutto da giovani e dalla parte più dinamica della società civile (soprattutto urbana) che si contrappone al PSD.

Stringere i legami europei

Oltre ad un’immagine pulita, Cioloș scommette su quello che era stato uno dei cardini del suo governo: i legami sempre più stretti con l’UE. Ciò significa un aumento della cooperazione e, soprattutto, degli scambi economici, proprio quello che il PSD sembra voler minare: "Anche per i romeni devono valere le quattro libertà fondamentali dell’UE (libera circolazione di beni, persone, capitale e servizi). Difenderemo queste quattro libertà a ogni prezzo e ci opporremo a tutte quelle leggi che mirano a limitare l’accesso libero dei romeni (lavoratori, fornitori di servizi) nel mercato unico europeo". Un’idea completamente diversa da quella dei social-democratici, che al contrario invocano la necessità di limitare l’ingresso di investitori stranieri e cercare di favorire il più possibile l’elemento locale. Quel che Dragnea e i suoi evitano di ricordare è la mole di lavoro creata dagli imprenditori stranieri che operano in Romania, e soprattutto l’importanza dei fondi che l’UE riversa a Bucarest per il finanziamento di opere pubbliche e infrastrutture.

Nonostante i sostanziosi aiuti economici, i leader europei hanno spesso ostentato un atteggiamento critico e paternalista nei confronti della Romania, che ha indispettito persino i più europeisti. Per questo Cioloș chiude affermando la necessità di un’Europa più attenta ai bisogni, non solo economici, dei suoi cittadini, anche quelli dell’est: "La transizione post-comunista in Romania è terminata. Alcune eredità del passato ancora influenzano il modello di politica promosso dai vecchi partiti, ma ho grande fiducia nella società romena. Credo che essa sia molto più avanzata e progredita della sua classe politica. Adesso dobbiamo entrare in una fase di transizione dell’UE, perché una nuova Unione possa essere più vicina al cittadino e meglio integrare quei paesi che hanno aderito nel 2004 e nel 2007".

 

 

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