Una canzone trasmessa da Radio 105 che scatena polemiche in Romania e in Italia. "Faccio bordello" racconta la storia di Zlatan, rom originario della Romania che ruba, spaccia e usa il coltello. Satira o discriminazione?

21/11/2011 -  Mihaela Iordache

A volta basta una canzone per infiammare gli spiriti tra romeni e italiani. O basta qualche parola, inserita in un contesto molto sensibile.

La canzone di cui parliamo è titolata “Faccio bordello” ed è stata messa in onda durante la trasmissione “Lo zoo” di Radio 105. Racconta di un personaggio di Zlatan, interpretato da Alan Caligiuri, che viene dalla Romania, vive “nella casa a rotelle”, ruba, spaccia, sfrutta minori e prostitute. Insomma Zlatan è uno zingaro e la Romania diventa ad un certo punto la Zingaria.

La canzone ha scatenato subito un’ondata di proteste da parte della comunità romena in Italia, dei romeni in Romania, delle istituzioni, di uomini politici.

Divampa la polemica

Nei forum dei giornali romeni e italiani e su Facebook non sono mancati numerosi  insulti tra commentatori romeni e italiani. I primi hanno in particolare insistito sul fatto che non si devono fare generalizzazioni, sottolineando che anche in Romania vengono arrestati italiani, colpevoli di vari reati. Mentre per alcuni rappresentanti della comunità romena in Italia, la canzone non è altro che una prova di puro razzismo che sfrutta stereotipi purtroppo radicati.

Molti commentatori romeni inoltre si sono sentiti discriminati e ingiustamente paragonati ad una minoranza, quella dei rom. Che, hanno sottolineato in molti, possono essere tanto romeni che italiani o di altre nazionalità.

I rom sono la minoranza etnica più diffusa in Europa (10-12 milioni di persone), nonché la più discriminata. In Romania si stima rappresentino tra l'8% e il 10% della popolazione.

Per Federico Rocca, delegato del sindaco di Roma Alemanno ai rapporti con l’Unione Europea, “la canzone 'Faccio bordello' lancia un messaggio preoccupante e discriminatorio verso tutti i cittadini provenienti dalla Romania, la cui stragrande  maggioranza non si riconosce nel modello rappresentato dalla canzone”. Il delegato non dubita che “lo spirito di chi ha scritto il testo fosse quello di fare ironia e null’altro, visto il clima goliardico della trasmissione in cui va in onda” ma aggiunge “che quest’iniziativa non contribuisce al dialogo e alla pacifica convivenza ma al contrario esaspera gli animi e rischia di emarginare anche quelle tantissime persone che vivono legalmente e correttamente nel nostro Paese”. Rocca si dice inoltre pronto ad inviare alla radio una raccolta di testimonianze di alcuni cittadini provenienti dai paesi dell’Est europeo perfettamente integrati nella società italiana.

Anche il ministero degli Esteri romeno respinge “ogni forma di discriminazione, stigmatizzazione collettiva e di xenofobia e l’uso di messaggi stereotipati all’indirizzo dei cittadini romeni”. Sottolinea inoltre che tali manifestazioni non fanno altro che sostenere e sviluppare un atteggiamento ostile all’indirizzo dei romeni. E' per questo che l’Ambasciata romena a Roma ha deciso di rivolgersi all’Ufficio Nazionale Antidiscriminazioni Razziali (UNAR) chiedendo che la canzone non venga più diffusa.

Gli autori della trasmissione: "E' solo satira"

Gli autori della trasmissione “Lo zoo” tengono però a precisare che si tratta di una satira e che nessuno dovrebbe sentirsi offeso. “Il personaggio di Zlatan esiste da più di 2 anni! E' palesemente una caricatura degli zingari. Nessuno dello Zoo ha nulla contro i romeni o gli stranieri in generale. Lo Zoo fa parodie sui mafiosi italiani, scherza sull'omosessualità, i dj di colore, i milanesi menosi, i meridionali e il mondo politico!! Si chiama satira, nulla di più!! Non c'è razzismo o la volontà di offendere nessuno (tranne i politici)!”, scrive l’autore su Facebook.

Il deputato romeno William Branza, presidente delle comunità romene all’estero, ammette di capire che si tratta “di una trasmissione di satira” e si dice rispettoso della libertà d'espressione dei mass media di qualsiasi Paese, che si tratti di Romania, Italia o Francia ma considera inammissibili “le allusioni che offendono un popolo intero”.

Ai commentatori romeni non è sfuggito il paragone con il caso della Francia dove membri della comunità rom sono spesso oggetto della satira in tv e vengono presentati come mendicanti e delinquenti. E poi vengono veramente rispediti da dove provengono con degli aerei. E una volta in Romania, a dire la verità, subiscono altri stereotipi negativi, che non hanno mai smesso di esistere .

Aperta un'istruttoria sulla trasmissione di Radio 105

La stampa romena in questi giorni ha citato anche le parole di Massimiliano Monanni, direttore dell’UNAR (Ufficio Nazionale Antidiscriminazioni Razziali della Presidenza del Consiglio) secondo il quale “il diritto di satira non può trasformarsi in esercizio esclusivo quotidiano e arbitrario di criminalizzazione di intere etnie o comunità nazionali, né tanto meno di precisi gruppi, quali le persone LGBT, come è accaduto nel passato proprio su Radio 105”.

Monanni ha inoltre confermato l’avvenuta apertura di un’istruttoria nei confronti della trasmissione “Lo Zoo di 105”. Inoltre l’UNAR provvederà anche a segnalare all’Autorità per le Garanzie nelle Comunicazioni “il grave fatto, al fine di evitare il diffondersi attraverso i media di questi stereotipi negativi e garantire il principio della parità di trattamento e di non discriminazione, indipendentemente dalla razza o dall’origine”.

La canzone sembra ora destinata a finire in un CD, in uscita alla fine del mese. Intanto in Romania lo storico Adrian Cioroianu, del Partito liberale, ex ministro degli Esteri tiene a sottolineare come dopo la caduta del comunismo, nel 1989, la minoranza rom è stata tra i perdenti della transizione. “Come società operiamo un tipo di discriminazione subliminale, ad esempio pensando ai castelli di Strehaia (abitazioni lussuose di cui sono proprietari alcuni rom, ndr). Ma quei castelli sono solo un'eccezione rispetto alla minoranza rom: la stragrande maggioranza di loro vive peggio di come viveva durante il comunismo. Sono meno integrati e meno scolarizzati”.