Un consulente di un'azienda veneta ed un imprenditore moldavo in viaggio d'affari in Romania. Un reportage. Riceviamo e volentieri pubblichiamo.
Di Leonardo Barattin
Città di antiche tradizioni storiche, culturali e religiose, Iaşi - situata nella parte nord - orientale della Romania - è uno dei cuori pulsanti della Moldavia e si trova ad una manciata di chilometri dal confine di Stato con la Repubblica di Moldova - divenuta indipendente nel '91 con la dissoluzione dell'URSS.
Con i suoi oltre 350.000 abitanti e le sue numerose migliaia di studenti che animano numerosi corsi di laurea e istituti di ricerca delle sue prestigiose università (Cuza, Asachi, ...), questo centro urbano - faro dell'estremo "nord - est romeno" - è attualmente impegnato in un cammino di sviluppo economico che da anni sta investendo con ritmi ben più elevati altre aree del Paese.
A partire dall'inizio degli anni Novanta, e via via nel corso degli anni successivi, sono state infatti soprattutto le città e i distretti di Bucarest, Timisoara, Arad e Costanza - nomi ben noti al pubblico italiano e in particolare alla platea degli imprenditori -, a conoscere lo sviluppo più intenso, mentre la Moldavia romena rimane tuttora una delle regioni più arretrate del Paese sotto il profilo economico.
Accade così che ci si imbatta in cittadini romeni appartenenti alle aree più sviluppate del Paese che guardano alla Moldavia come ad un proprio ... "Sud" e che esprimono un senso di "distanza" da Iaşi e dalla regione: e ciò non solo per via della sua reale lontananza fisica dai centri più dinamici del Paese (il che, allo stato attuale delle infrastrutture stradali romene, sta a significare una reale difficoltà di contatto); non solo per una sua "marginalità" geografica che la vede alle porte del mondo ex sovietico (e discosta da quella parte della Romania più coinvolta nei giochi delle economie UE), ma anche per quella che alcuni avvertono come diversità di mentalità e costumi di un'area fortemente ancorata a proprie tradizioni religiose e comportamentali.
Nota per essere una delle culle e delle fucine dell'identità e della Storia della nazione romena, cara allo spirito religioso ortodosso per il culto della Santa Madre Parascheva, Iaşi costituisce un punto di riferimento economico e culturale per un territorio circostante che vive in una condizione di evidente arretratezza e difficoltà materiale. All'interno del distretto strutture industriali obsolete, edificate in epoca comunista, e giovani aziende private desiderose di crescere si mescolano con un'economia ancora fortemente orientata all'agricoltura e all'allevamento. Indice di questa forte incidenza del settore primario e delle difficoltà in cui versa parte della popolazione delle campagne è il programma di aiuto allo sviluppo rurale attraverso lo strumento del microcredito varato nel distretto di Iaşi dal Dipartimento Territorio e Sistemi Agro-Forestali dell'Università di Padova.
La città dista soli 25 chilometri dal confine con lo Stato indipendente moldavo, un territorio che faceva parte della Grande Romania ma che nel 1940 fu annesso dall'URSS e verso il quale la popolazione locale guarda con simpatia. Al di là del desiderio di "riunione all'antica madrepatria" che anima una fetta del mondo romeno e della popolazione della Moldova (la parte orientale dello Stato - la Transnistria - mantiene invece un atteggiamento secessionista filorusso e filoucraino), è anche la ridottissima distanza tra Iaşi e la Moldova stessa.
Questa spinge i Romeni a gettare naturalmente l'occhio oltre confine e a tentare di avere rapporti con quello che è oggi considerato lo Stato più povero d'Europa. Se qualche ostacolo può eventualmente derivare dal fatto che solo le vecchie generazioni hanno mantenuto la conoscenza della lingua romena, mentre molti giovani e il largo numero degli immigrati dall'URSS - specialmente dalla Russia - si esprimono in lingua russa, il problema maggiore sembra essere però quello della sicurezza e dell'ordine pubblico, unito a un diverso modo di intendere i rapporti commerciali.
P.E., imprenditore di Iaşi attivo nel settore del legno, afferma che "in verità la situazione nella Repubblica di Moldova è sensibilmente migliorata nell'ultimo paio di anni sotto il profilo della sicurezza. Ricordo che fino a poco tempo fa a Chişinău n.d.a.: la capitale non si trovavano automobili parcheggiate lungo le strade perché il rischio di furto o di danneggiamento era davvero altissimo. Di conseguenza erano sorti numerosi parcheggi privati che garantivano la salvaguardia del mezzo. Per parte mia, io andavo a Chişinău in autobus per tre motivi: per il fatto che le strade della Repubblica di Moldova sono pessime; per evitare di veder rubata persino la mia vecchia Lada; e perché la polizia locale cercava con mille scuse di spillarti una "mancia", minacciando una multa per questo o quel motivo. Ora anche i poliziotti hanno un migliore trattamento economico e questo permette loro di "resistere" in modo più efficace alle mance della criminalità e dei racket locali. La popolazione parla in maggioranza la lingua russa, ma una buona metà - soprattutto le generazioni più vecchie - comprende il rumeno. E' difficile però intrecciare buoni rapporti economici con gli imprenditori locali poiché ho verificato di persona che molti di essi non si comportano in modo onesto e risultano inaffidabili. L'economia, poi, è davvero depressa: mi sono recato al "Moldexpo 2004" in qualità di visitatore e ho trovato circa 30-40 espositori: un livello da fiera di Paese!".
Dopo un periodo trascorso alle dipendenze di un'azienda della Moldavia romena specializzata nella produzione di componenti di arredo per il mercato locale, P.E. ha deciso di mettersi in proprio ed ha creato una società di consulenza e rivendita che lo porta a viaggiare con estrema frequenza all'interno della regione. "Non ho mai pensato di andare a lavorare in Italia perché secondo me ci sono delle buone opportunità anche qui. Se svolgi un'attività di impresa puoi guadagnare bene e il guadagno va di pari passo con l'impegno che metti nella tua attività. Se, al contrario, sei lavoratore dipendente non è detto che il tuo impegno e la tua disponibilità siano premiati sotto il profilo economico. Molti giovani però non hanno il coraggio di intraprendere un'attività in proprio oppure non sanno come fare e allora se ne vanno all'estero in cerca di maggiore fortuna economica. Ad ogni modo penso che non sia necessario andarsene dalla Romania: se si ha una buona idea per fare impresa ora c'è molto spazio per realizzarla".
Nella sua attività P.E. ha deciso di affidarsi a fornitori italiani. Le ragioni che lo hanno spinto a orientarsi verso le aziende produttrici della Penisola sono svariate. Talune sono molto concrete e sono tali da investire il rapporto qualità - prezzo e il vantaggio derivante dall'elevata frequenza dei trasporti da e per la Romania; ma secondo P.E. quando si parla dei rapporti italo - romeni non vanno sottovalutati alcuni fattori psicologici, propri dell'immaginario collettivo romeno: come la vicinanza culturale e il fascino avvertiti dai Romeni nei confronti dell'Italia, vista non solo come Paese del benessere, del gusto per il bello e della produzione di qualità; non solo come approdo alla ricerca di un posto di lavoro "ben" remunerato; ma anche come punto di riferimento identitario in nome di una Storia antica che chiama in causa la presenza delle legioni e dei funzionari dell'Impero di Roma in questi luoghi, la persistenza nel tempo dell'identità latina nel mare slavo dell'Europa orientale ed il lascito di una lingua neolatina.
Nelle sue vesti di consulente - imprenditore P.E. conferma che l'Italia costituisce un riferimento sia per la tecnologia (macchine, attrezzature, accessori e componenti speciali, ...), sia per il prodotto finito, sia per lo stile. Così nel corso delle sue visite di lavoro P.E. catechizza ogni cliente spronandolo ad organizzare i propri processi di produzione e a rifinire il prodotto finale "così come si fa in Italia", ricevendo immancabilmente l'assenso dei suoi interlocutori. "C'è una forte vicinanza culturale e sentimentale con l'Italia" - dice P.E. - "che si fonda su Storia, lingua e lavoro. Qui da noi le lingue più conosciute sono l'inglese, il francese - che è considerato lingua di alta cultura e che nell'Ottocento era parlato dai borghesi romeni nelle loro case - e l'italiano, per imparare il quale vengono organizzati corsi - indirizzati soprattutto a studenti universitari e imprenditori".
Se è facile realizzare che queste tre lingue sono davvero note ai Romeni più giovani, a quelli più studiati o a manager, tecnici ed imprenditori e che il francese ha lasciato il suo segno sulla lingua locale (termini come gara, promenada o merci indicano la confidenza con questa lingua neolatina sorella) è però significativo anche il tutto esaurito fatto registrare dal corso di lingua organizzato dall'"Istituto di cultura tedesco - romeno" di Iaşi: un segnale, questo, che l'azione del gigante tedesco si fa sentire anche in quest'area.
E' sufficiente infatti scovare dall'archivio di Osservatorio sui Balcani l'articolo di Mihaela Iordache dell'11 marzo 2004 ("Timisoara, capitale del Nordest") per annusare il peso della presenza tedesca in qualità di investitore e per avere, su un altro fronte, un quadro qualitativo della presenza italiana in Romania. Quest'ultima, essenzialmente, ripropone in loco il modello economico "nordestino", configurandosi soprattutto come un fitto insediamento di piccole e medie imprese che hanno delocalizzato (parte del)la loro produzione per ottenere l'abbattimento dei costi.
Primo partner commerciale della Romania, l'imprenditoria italiana pare impegnata soprattutto nei settori definiti "maturi" - come l'abbigliamento, il calzaturiero, il tessile - e non è difficile trovare a Iaşi o, ancor di più, all'aeroporto di Timisoara, imprenditori, manager e tecnici attivi in questi ambiti. Certo l'impresa nostrana è presente anche in contesti a maggiore tasso di tecnologia (come la produzione nel settore della meccanica), ma l'impronta dell'avventura imprenditoriale italiana ha un taglio e una prospettiva decisamente differenti rispetto alla natura della penetrazione americana e al fiuto U.S.A. per ciò che conta. In questo senso può essere eloquente proprio il caso di Iaşi, dove le società a stelle e strisce hanno pescato in una delle più brillanti realtà di tecnici e programmatori informatici, stringendo con numerosi di essi rapporti di collaborazione per lo sviluppo di specifici progetti. La remunerazione di queste teste affittate - molto bassa rispetto agli standard occidentali e ai benefici ottenuti in cambio -, unita a qualche ... "incentivo", permette così ai cervelli locali di arrotondare per bene il loro magro stipendio, che, nel caso dei docenti universitari più giovani, si aggira intorno ai 200 euro mensili.
Uno sguardo perplesso si appiccica sul volto di P.E. se il dialogo sbanda verso il tema dell'"entrata in Europa". P.E. si dice favorevole alla marcia di progressivo avvicinamento della Romania all'Unione Europea, ed apprezza in particolare il fatto che il processo di adesione costringa la Romania ad uno sforzo di ammodernamento delle sue strutture. Il suo carattere prudente e la sua costante osservazione e riflessione sui fatti romeni lo porta però a formulare delle riserve sullo stato attuale delle cose: "Se fosse indetto un referendum sull'entrata della Romania nell'UE oggi come oggi voterei "no". E non perché io sia contrario all'adesione, bensì per il fatto che il nostro Paese è totalmente impreparato a questo evento storico. Pensiamo ad esempio allo stato delle infrastrutture per il trasporto delle merci e per la circolazione delle persone: l'unica autostrada esistente è quella che collega Bucarest a Piteşti, dove si trova la fabbrica di automobili "Dacia", ed è stata costruita da Ceauşescu. Negli ultimi 15 anni (n.d.a.: ossia dal 1989, anno della caduta del regime comunista) non sono state costruite altre autostrade e infrastrutture essenziali al trasporto e alla circolazione: 15 anni perduti!".
Chi attraversi il Paese in diagonale dal valico di Nǎdlac (presso Arad) sino a Iaşi, o da questo posto di frontiera prenda in direzione di Bucarest potrà facilmente osservare come la situazione delle infrastrutture per la mobilità di cose e persone sia un nodo problematico reale, da affrontare con urgenza ed efficacia. Infatti il dinamismo ed il rapido sviluppo che sta conoscendo il Paese si collega per forza di cose ad un forte aumento del traffico su strada - in particolare di mezzi pesanti - che si riversa su strade statali di ampiezza limitata, tortuose (si pensi, a titolo di esempio, al percorso necessario per il passaggio da un versante all'altro dei Carpazi orientali lungo l'asse Braşov - Bacău), rese ancor più pericolose dal fatto di attraversare in successione numerosissimi centri abitati delle più diverse dimensioni. Anche un'arteria di maggiore ampiezza come la "superstrada" a quattro corsie che inizia a nord di Roman e termina a Iaşi mostra tutta la precarietà della situazione infrastrutturale del Paese, essendo le corsie più esterne occupate di frequente da carri agricoli a trazione animale (un fatto, questo, che costituisce una costante su tutta la rete viaria nazionale), gruppi di pedoni in marcia e autostoppisti che ostacolano il traffico dei mezzi e costituiscono un costante pericolo di incidenti. Senza contare, poi, che anche una via di comunicazione di tali dimensioni finisce per attraversare il cuore di centri abitati che non sono stati aggirati dal tracciato del percorso.
C'è poi la questione del denaro proveniente da Bruxelles e della corruzione del "sistema". P.E. afferma che "i numerosi finanziamenti concessi dalla UE per consentire alla Romania di sollevarsi e crescere sono stati dirottati in altre direzioni da politici e clan di "amici" che si sono arricchiti senza investire il denaro nello sviluppo del Paese. Sotto l'ombrello dei programmi e dei finanziamenti comunitari sono stati dati molti soldi a persone che non avevano alcun progetto imprenditoriale e che hanno impiegato il denaro ottenuto in tutt'altra direzione. Fin qui il criterio valido per ottenere un finanziamento è stato quello dell'amicizia o dell'appartenenza alla forza politica in grado di manovrare i fondi. Così, ad esempio, l'imprenditore legato alla politica ha potuto ottenere denaro per sviluppare le sue attività, per comperare macchine e attrezzature, mentre gli altri non hanno ricevuto nulla, rimanendo impantanati in un mare di burocrazia e di dinieghi. Senza contare poi la più generale corruzione del sistema"; un tema, quest'ultimo, che è divenuto motivo di intenso dibattito politico nel corso della campagna elettorale per l'elezione del Presidente della Repubblica (il prossimo 28 novembre).
Solo parzialmente abbottonato sulle sue personali intenzioni di voto, P.E. sostiene che l'attuale Presidente romeno in carica - Ion Iliescu, figura cardine della Storia recente del Paese - ed il suo partito di appartenenza, il PSD (Partito Socialdemocratico, attualmente al Governo del Paese), "sono avversati dai giovani, dagli abitanti delle città e dagli imprenditori proprio perché hanno gestito scorrettamente il denaro che affluiva dall'estero per lo sviluppo del Paese. Le campagne sono però ancora molto legate al PSD ed il loro apporto potrebbe rivelarsi determinante per consentirgli di vincere ancora una volta le elezioni. Nutro scarsa fiducia nei confronti di Iliescu e del PSD perché hanno un volto buono per l'Europa e un altro corrotto che mostrano sul versante interno".
Il 28 novembre P.E. non troverà comunque il nome di Iliescu sulla scheda elettorale. Dopo un braccio di ferro con l'attuale premier e compagno di partito Adrian Nastase, Iliescu si è alla fine fatto da parte, dichiarando che non avrebbe riproposto la sua candidatura per un nuovo mandato presidenziale. Ora è dunque il Primo Ministro in carica a concorrere per la massima carica dello Stato, in una competizione che sembra escludere la vittoria di altri possibili pretendenti e restringersi a Nastase stesso e all'attuale Sindaco di Bucarest - Traian Basescu -, candidato per la coalizione dei partiti di opposizione liberale e democratico. Sulla scena, intenta ad osservare i due sfidanti e le loro coalizioni, una Romania che, pur appesantita da tare antiche e da nuovi malanni, prosegue la sua corsa verso il traguardo dell'adesione all'Unione Europea nel 2007 e che, a seguito di questa tappa elettorale, attende una guida politica decisa a centrare questo obiettivo insieme a quello di un solido sviluppo del Paese.
Vedi anche:
Presidenziali e politiche in Romania: testa a testa
UE-Romania: le rose e le spine
Timisoara, capitale del Nordest