Nel 1990 i minatori arrivarono nella capitale Bucarest per reprimere manifestazioni di protesta contro l'allora presidente Iliescu. Vi furono morti e feriti. Ora riaperte le indagini su quanto accaduto
L’ex presidente della Romania Ion Iliescu - 85 anni - alla guida del paese dal 1990 al 1996 e poi dal 2000 al 2004, è stato accusato di crimini contro l’umanità nell’ambito del dossier “Mineriada”, che riguarda i drammatici avvenimenti accaduti tra il 13 e il 15 giugno del 1990 a Bucarest.
Iliescu è accusato di aver chiamato migliaia di minatori nella capitale per reprimere l'opposizione che da diverse settimane manifestava in Piazza dell’Università a Bucarest contro i dirigenti ex comunisti. In tre giorni di violenze morirono 4 persone e furono un migliaio i feriti.
L'inchiesta che ha portato alla messa in stato di accusa di Iliescu è stata avviata nel marzo scorso, dopo che nel settembre 2014 una sentenza della Corte europea dei diritti dell’uomo di Strasburgo aveva condannato la Romania per le indagini ”incomplete e carenti” su quanto avvenuto nel giugno del '90.
Ion Iliescu, dopo essere stato sentito mercoledì scorso dalla procura, ha optato per il silenzio stampa. Nel marzo scorso, in occasione dell'apertura del caso "Mineriada", si era dichiarato solo “contemporaneo” degli eventi in causa.
Decisione storica
Per molti media romeni e rappresentanti della società civile indagare Ion Iliescu – anche se a 25 anni di distanza dagli avvenimenti incriminati - rappresenta una “decisione storica” in quanto è stato spesso considerato “l’autore morale” di quelle tragiche uccisioni ed è accusato di aver chiamato i minatori a Bucarest con l'obiettivo di consolidare il proprio potere soprattutto nei confronti dei “partiti storici”, i cui rappresentanti erano stati vittime della repressione e delle carceri del regime comunista.
Nel dossier “Mineriada” vi sono 34 persone indagate, tra le quali ex rappresentanti del ministero dell’Interno, della Difesa o del Servizio Romeno di Informazioni.
Marian Munteanu, che all'epoca dei fatti era uno dei leader studenteschi della protesta e che venne picchiato e arrestato, ha definito la decisione di incriminare Iliescu “del tutto normale” aggiungendo che dovrebbe rappresentare solo “l’inizio” perché “non si può incriminare un'unica persona nel Dossier Mineriada”. “Un’azione come quella del 1990 che coinvolse enormi sforzi da parte dello stato romeno implica vi sia stato un numero significativo di persone che hanno preso decisioni, organizzato e svolto le attività che hanno portato a drammatiche conseguenze per il paese e per i suoi cittadini”, ha dichiarato Munteanu.
Dal canto suo lo scrittore e noto intellettuale Andrei Pleșu - che durante la Mineriada del 13-15 giugno 1990 era ministro della Cultura - si è dichiarato deluso del fatto siano passati così tanti anni prima che il caso fosse riaperto, nonostante, nota, da allora si siano alternati governi sia di destra che di sinistra. “E' positivo ora avviare un'inchiesta e ci si augura che quest'ultima abbia un esito chiaro” afferma lo scrittore “non è mai tardi per sapere la verità “. Lo scrittore ha ricordato anche un avvenimento che lo coinvolse direttamente in quei giorni: venne fermato dai minatori, fatto scendere dalla sua auto e perquisito. Pleșu sottolinea inoltre che “il ministero della Cultura” fu l'unico ad emettere un comunicato con il quale si dissociava da “questo tipo di eventi”.
Il giornalista Cristian Tudor Popescu non ha usato mezzi termini ed ha dichiarato per la tv Digi24 che i minatori arrivarono i Piazza dell’Università decisi a picchiare la gente. Il 14 giugno 1990 Ion Iliescu ringraziò i minatori, chiese loro di rioccupare la piazza e non li invitò a tornare alle proprie case. Ciononostante Popescu ritiene che "Ion Iliescu non aveva interesse a chiamarli all'azione. La sua coalizione aveva vinto le elezioni con oltre l'80%. Evidentemente la situazione era ormai fuori controllo”.
Apri e chiudi
Mentre sotto le pressioni della Corte europea per i diritti dell'umo è stato riaperto il dossier "Mineriada", nei giorni scorsi la procura militare romena ha comunicato di aver chiuso alcune sue indagini sugli altrettanto tragici e poco chiari giorni della Rivoluzione dell’89.
Negli anni 2000 la magistratura militare aveva aperto un dossier si arrivò ad indagare alcuni leader militari e politici, tra cui lo stesso ex-presidente Ion Iliescu, Virgil Măgureanu, a capo dei servizi segreti dal '90 al '97 e Gelu Voican-Voiculescu, vice-primo ministro nel governo provvisorio '89-'90. Nonostante nel frattempo sia arrivata anche un'esplicita richiesta dei magistrati europei della Corte europea dei diritti dell'uomo di continuare ad indagare su quanto avvenuto, la magistratura militare ha ora sancito che i fatti contestati sarebbero o prescritti o non avrebbero rilevanza penale. "I manifestanti dell'89 si sono sparati tra loro", titola Protv, principale televisione del paese, citando alcuni dei contenuti della decisione che sancisce il nulla di fatto.
Secondo i dati ufficiali dello stato romeno nella Rivoluzione dell’89 sono decedute 1142 persone, ora considerate eroi martiri. Molti di questi sarebbero stati uccisi a Bucarest dopo il 22 dicembre del 1989, giorno del tentativo di fuga del dittatore Ceaușescu. "Indagare ora quello che non si è indagato 25 anni fa risulta difficoltoso" chiosa Alina Mungiu-Pippidi, nota politologa "sarebbe piuttosto il caso di aprire un'indagine su chi, in tutti questi anni, ha insabbiato quanto avvenuto".