Furono i primi ad opporsi a Ceausescu e dopo la rivoluzione quelli chiamati a "restaurare l'ordine" coi bastoni. Ora sempre più miniere chiudono e in quelle aperte si lavora senza rispettare i minimi parametri di sicurezza. La settimana scorsa l'ennesima esplosione sotterranea

18/01/2006 -  Mihaela Iordache

Sette minatori sono morti e altri cinque sono rimasti feriti - due dei quali in prognosi riservata - a seguito di un'esplosione di gas avvenuta sabato scorso nella miniera di carbone di Anina (sud-ovest della Romania). L'esplosione è avvenuta alle 5.30 del mattino, mezz'ora prima che il quarto turno di minatori smontasse. Al momento della deflagrazione nella miniera della contea di Caras-Severin si trovavano 68 minatori - ha precisato il ministero dell'Economia. La miniera Anina è la più vecchia rimasta in funzione in Romania ed è tra le più profonde in Europa (1250 metri). E' stata aperta nel 1773 ed ha già inghiottito centinaia di vittime. L'anno più drammatico è stato il 1920, quando più di 200 minatori persero la vita per una deflagrazione di dinamite.

I minatori deceduti nell'esplosione di sabato mattina avevano un'età compresa tra i 27 e 52 anni ed erano padri di famiglie da uno fino a otto bambini e, nella maggior parte dei casi (salvo una eccezione), anche gli unici a portare a casa uno stipendio. Ora le famiglie delle vittime riceveranno sussidi dallo stato, ma basteranno solo per qualche mese. In questi giorni è stata indicata come possibile soluzione anche l'assunzione delle vedove nel comune di Anina. Ma dopo le visite sul luogo della tragedia delle autorità locali e centrali, tra cui il presidente Basescu e il premier Tariceanu, i familiari dei minatori morti o uccisi nell'esplosione sono rimasti soli ad affrontare la disperazione.
Tra le vittime anche un "miliardario"
Tra le sette vittime dell'esplosione di Anina c'era anche Daniel Puscasu, artificiere di 40 anni e padre di due figli. Puscasu era diventato miliardario l'anno scorso, quando vinse al lotto circa due miliardi di lei (55.000 euro). Ma nonostante la vincita abbastanza ragguardevole Puscau ha continuato a lavorare in miniera aspettando il giorno della pensione, nonostante i colleghi gli consigliassero di smettere a scendere in miniera e di godersi la vita. Anche la moglie di Puscau, infermiera in una clinica cittadina, ha continuato a lavorare.

Sei delle persone coinvolte nel tragico evento erano sulla lista del Governo che prevede tagli entro la fine di ottobre, data nella quale si prevede la chiusura della miniera. Ma la morte è arrivata prima dei piani dell'esecutivo di Bucarest che ora, dopo l'incidente, annuncia l'anticipo della chiusura per una data ancora non precisata. Già da gennaio 300 minatori su 540 perderanno il posto di lavoro. In cambio riceveranno 85 milioni di lei (circa 2.400 euro) con cui mantenere la famiglia ma soprattutto provare a mettere in piedi un'attività. Difficilissimo però ad Anina, città quasi monoindustriale e dove il potere d'acquisto è bassissimo.

Dal 1997, 180.000 minatori hanno perso il lavoro mentre i sussidi destinati al settore sono diminuiti, negli ultimi 15 anni, secondo la stampa di Bucarest, da un miliardo di dollari a 99 milioni di dollari. Ora nel settore minerario lavorerebbero ancora 55.000 persone. Molte miniere di carbone della Romania, considerate insicure, obsolete e meno produttive, sono state chiuse o abbandonate. Dietro a loro hanno lasciato disoccupazione e molta povertà. Spinte dalla povertà, molte persone hanno riaperto illegalmente le miniere. Ritornano sotto in cerca di carbone pur consapevoli del rischio di non uscirne più per le precarie condizioni di sicurezza.
Le accuse dei minatori
Una commissione d'inchiesta cerca di indagare ora le cause dell'incidente della miniera di carbone di Anina. Tra le ipotesi, il gas metano, carenze della misurazione del gas o un errore umano dell'artificiere Puscau. I minatori dicono che i capi sapevano che il livello del gas era più alto del 5% rispetto all'1,8%-2% ammessi ma ciònonostante hanno ordinato ai lavoratori di scendere a 800 metri sotto terra per estrarre il carbone. La Confederazione Sindacale "Meridian" accusa il Governo di superficialità e malafede, considerando che l'incidente di Anina è una conseguenza di politiche e strategie del tutto superficiali promosse a partire dal 1997. Ha risposto il ministro dell'Industria e del Commercio, Codrut Seres, che ha dichiarato che l'esplosione non ha a che fare con la mancanza di investimenti. Più diretto, il presidente della Centrale Mineraria, Marin Condescu, secondo cui "nessuna miniera romena offre sicurezza per la vita e i minatori lavorano assumendosi la propria responsabilità".

Alle dure condizioni di lavoro si aggiunge spesso quindi la mancanza di sicurezza. Ad Anina i minatori lavorano ancora con metodi "primitivi" secondo un fratello di uno dei minieri morti. I giornali che lo citano scrivono che ad Anina ci sono ancora gasometri di provenienza sovietica, mentre i metodi di estrazione sono rimasti gli stessi di secoli fa: i minatori scendono a centinaia di metri di profondità, si usa la dinamite, poi, a palate, caricano il carbone nei vagoncini. In miniera la temperatura tocca spesso 45 gradi , per cui i minatori lavorano quasi nudi e a piedi scalzi. Il loro stipendio si aggira intorno a 100 euro mensili.
Una categoria sociale a parte
I minatori furono i primi ad opporsi a Nicolae Ceusescu, ex leader comunista dell'ex Repubblica socialista Romania. Nell'agosto 1977, i minieri di Valea Jiului (Valle del Jiu-bacino carbonifero nel sud-ovest della Romania) hanno scioperato qualche giorno in segno di protesta per le misure del regime che prevedevano l'eliminazione della pensione per l'invalidità, nonché l'aumento dell'età pensionabile. Hanno voluto trattare solo con Ceausescu che alla fine è arrivato da loro ad imbonirli. Dopo averli rassicurati sull'accoglimento delle loro richieste ha invece fatto arrestare e incarcerato i capi della rivolta. Nonostante questo, la propaganda ceausista li ha sempre presentati come una categoria speciale che in stile stakanovista "dà al Paese sempre più carbone".

Dopo la caduta del regime, nell'immagine collettiva i minatori sono diventati una massa di manovra. Il loro lavoro duro sotto terra è stato quasi surclassato dal ruolo assunto nelle loro marce verso la capitale Bucarest per "restaurare l'ordine" con i bastoni. Solo nel 1990 si sono svolte 3 marce dei minatori (gennaio, febbraio e giugno) a carattere più politico che sindacale. Sono state prese d'assalto le sedi di partiti storici e pestati a sangue molti intellettuali. Le cosiddette "mineriadi" hanno fatto morti, centinaia di feriti e molti danni materiali. Il 14 giugno 1990, l'allora presidente ringraziava i 35.000 minieri giunti con i treni dirottati nella capitale per "l'atteggiamento di alta coscienza civica". Si sono susseguite anche altre marce, nel '91 e nel '99, conclusesi con l'arresto dei principali leader sindacali incluso Miron Cozma che tuttora sta scontando una pena per attentato alla sicurezza nazionale.