Dopo la sfiducia al governo di Viorica Dăncilă, a guida social-democratica, il presidente romeno Iohannis ha incaricato Ludovic Orban, del Partito Nazional-liberale, di formare un esecutivo. Ammesso che ce la faccia a trovare i 233 voti necessari, sarà un governo a termine
Martedì 15 ottobre il presidente della Repubblica Klaus Iohannis ha incaricato il presidente del partito nazional-liberale (PNL) Ludovic Orban della formazione di un nuovo esecutivo; svolta necessaria dopo che il governo del partito social-democratico guidato da Viorica Dăncilă è stato sfiduciato dal parlamento giovedì 10. La mozione di sfiducia era stata presentata dai liberali a seguito dell’abbandono della coalizione governativa dell’Alleanza dei liberali e democratici (ALDE), che aveva dissolto il sostegno parlamentare della maggioranza.
Per ottenere la fiducia il nuovo governo ha bisogno ora di 233 voti, ma il PNL ne dispone soltanto di 94; Orban dovrà quindi negoziare con i leader delle principali formazioni politiche alla ricerca di un sostegno parlamentare. Il premier incaricato ha dieci giorni di tempo per formare la squadra di ministri e comunicarla a Iohannis.
Il capo dello Stato dal canto suo ha giustificato la scelta dichiarando che il PNL è stato l’unico partito che si è assunto la piena responsabilità di governo, e pertanto era normale che il nuovo primo ministro fosse il suo leader.
Sia Orban che Iohannis hanno detto, più o meno esplicitamente, che questo governo avrà una vita breve. Esso potrebbe durare da un minimo di sei mesi, per traghettare il paese al voto anticipato, ad un massimo di un anno, quando si terranno le nuove elezioni parlamentari.
Chi è Ludovic Orban?
Ludovic Orban è nato a Brasov nel 1963, da una famiglia romeno-magiara. Ha studiato alla scuola di scienze politiche e amministrative (SNSPA) di Bucarest ed è entrato nel PNL nei primi anni Novanta. Ministro dei Trasporti tra 2007 e 2008, Orban è stato più volte candidato sindaco di Bucarest, non riuscendo tuttavia mai a conquistare lo scranno di primo cittadino. Presidente del PNL dal 2017, Orban è stato il principale sostenitore della mozione di sfiducia contro il governo Dăncilă; l’attivismo delle ultime settimane gli ha permesso di uscire da un quasi anonimato politico dovuto sia a un carisma non proprio debordante sia alla crisi di consensi che da diversi anni affligge il PNL.
Si è sempre dichiarato un uomo di centro-destra, europeista e moderato. Nel suo passato non vi sono grosse macchie di ambiguità, fattore non scontato negli alti circoli della politica romena. Nel maggio 2016 la Direzione Nazionale Anti-Corruzione (DNA) lo accusò di aver intascato una tangente di 50.000 euro da un noto imprenditore; il clamore suscitato dall’inchiesta lo spinse a ritirarsi dalla corsa a sindaco di Bucarest, ruolo al quale si candidava per la terza volta. Nel marzo 2018 è stato assolto definitivamente in Cassazione. Un caso che dimostra come spesso la caccia alle streghe che da anni caratterizza la Romania non sempre porti all’arresto di effettivi criminali, ma rischia di distruggere carriere sulla base di supposizioni non provate. Orban è sopravvissuto politicamente alla bufera giudiziaria e oggi sale al centro della scena.
Negoziazioni difficili
Non sarà facile trovare trovare un accordo per formare il nuovo governo. Data per scontata la presenza all’opposizione del PSD, le trattative principali saranno con il partito PRO-Romania dell’ex premier Victor Ponta, con la coalizione USR-Plus di Dan Barna e Dacian Cioloș, e con l’UDMR, il partito della minoranza ungherese. Si tratta di formazioni ideologicamente molto diverse dal PNL, e trovare un’intesa sarà pertanto molto complicato. Nessun partito ha dichiarato di voler entrare direttamente nel governo, quindi allo stato attuale si sta discutendo su un appoggio esterno ad un monocolore liberale.
Particolarmente difficile sembra la trattativa con i magiari, già ostili al PNL per via di alcune uscite anti-ungheresi di alcuni suoi esponenti. Come condizione per il sostegno al governo, l’UDMR ha espressamente chiesto di non modificare la legge elettorale che prevede attualmente l’elezione dei sindaci in un singolo turno. Peccato, tuttavia, che l’USR di Dan Barna abbia promesso a Orban l’appoggio soltanto in caso di una modifica a suddetta legge, che porti a un’elezione dei sindaci con un doppio turno. L’obiettivo di Barna è infatti superare la parcellizzazione locale che spesso impedisce ai candidati più deboli di sconfiggere i grandi baroni delle province. L’elezione a doppio turno porterebbe infatti a un’inevitabile coalizione delle opposizioni, che potrebbe minare il dominio dei grandi potentati locali. Un’idea alla quale l’UDMR si oppone fermamente, temendo di perdere quella base di potere che ha conquistato nel corso degli anni in Transilvania.
Il futuro
Orban ha dichiarato di voler annunciare i nomi dei ministri all’inizio della prossima settimana. Si prospetta un week-end di interminabili trattative, che di certo non fanno bene al paese. Mentre a Bucarest si negozia, a Bruxelles attendono ancora la nomina romena per il nuovo commissario, dopo la bocciatura di Rovana Plumb. A ciò si aggiunga che la situazione delle finanze pubbliche non è certo delle più rosee. Gli ultimi anni di ingenti spese patrocinate dal PSD, volte soprattutto all’aumento di salari e pensioni, hanno dilaniato il budget statale. Non è un caso che la prima persona consultata da Orban dopo aver ricevuto l’incarico sia stato il governatore della Banca Centrale Romena Mugur Isarescu. Isarescu è in carica dal 2000, è stato primo ministro, e può a ben ragione definirsi uno dei veri uomini forti del paese. Espressione di quel potere che non urla, sta nell’ombra, attraversa indenne fasi politiche diverse, ma da cui passano sempre i destini nazionali. Per capire dove andrà la Romania nei prossimi mesi e nei prossimi anni forse dovremmo concentrarci meno su politici e magistrati, e guardare più all’economia.
(Questo articolo è frutto di una collaborazione tra OBCT ed EastJournal )