Il prossimo 9 dicembre si vota in Romania per un nuovo parlamento. Favorita la coalizione di centro-sinistra attualmente al governo con Victor Ponta. In caduta libera il partito del presidente Băsescu che però, per il paese, rimane una vera e propria ossessione
È iniziata ufficialmente venerdì scorso la campagna elettorale in Romania per le elezioni politiche che si svolgeranno il 9 dicembre, che si prospetta tra le più tese della giovane democrazia romena.
L’Unione Social Liberale che dal maggio scorso è al governo - grazie soprattutto alle grandi proteste di strada a seguito dei tagli e dell'austerity imposta dal governo precedente - spera di restare a Palazzo Victoria, sede dell'esecutivo di Bucarest. Si tratta di una poltrona desiderata e attesa a lungo, che il centro-sinistra non occupava da più di otto anni.
Sondaggi
Mesi fa l'attuale alleanza di governo era data dai sondaggi ad oltre il 50% nelle preferenze dell’elettorato. Ora l’unione tra i social-democratici del premier Victor Ponta, i liberali di Crin Antonescu e i conservatori sembra aver perso alcuni punti percentuali, in particolare dopo il tentativo fallito di sospendere il presidente Traian Băsescu dal suo incarico. Ma, secondo alcuni sondaggi, possono comunque sperare in una confortevole maggioranza .
Stando al sondaggio dell'agenzia IMAS (10-18 ottobre), eseguito per conto del quotidiano Adevărul, l’Unione Social Liberale si aggirerebbe intorno al 57% delle preferenze, mentre la nuova coalizione di centro-destra - l’Alleanza Romania Dreapta (ARD) - formata da tre formazioni politiche attualmente all'opposizione - il Partito Democratico-Liberale (PDL), Forza Civica (dell’ex capo del Servizio segreto esterno, Mihai Răzvan Ungureanu) e il partito nazionale dei contadini democristiani - otterrebbe invece solo il 16% dei voti. Il principale partito dell’ARD, il PDL vicino al presidente Traina Băsescu, è da tempo in caduta libera soprattutto in seguito alle dure misure anticrisi prese negli ultimi anni del suo governo.
Secondo lo stesso sondaggio il nuovo partito populista PP-DD di Dan Diaconescu potrebbe ottenere quasi il 15% e l’Unione Democratica dei Magiari il 6,4%.
Difficile coabitazione
Toccherà in ogni caso al presidente Traian Băsescu dare l'incarico ad un primo ministro che dia vita al prossimo esecutivo di Bucarest. Băsescu è stato già sospeso due volte dalla presidenza per poi riottenere il posto a seguito di referendum popolari. Viene accusato dai suoi oppositori di favorire il suo partito, il PDL, venendo meno gravemente ai suoi compiti istituzionali e di neutralità. Dall'USL, la coalizione attualmente al governo, si è comunque fatto sapere che non è detto che non venga sospeso per una terza volta, dato che avrebbe ancora due anni di mandato e la sua coabitazione con un governo di centro-sinistra sembrerebbe molto difficile. In ogni caso i partiti attualmente all'opposizione confidano ancora nella possibilità di una larga coalizione post-elettorale in grado di allontanare l’Unione Social Liberale dal potere.
Intanto , durante un intervento a Realitatea Tv, il leader dei liberali Crin Antonescu ha dichiarato che “il presidente non si rifiuterà di affidarci l'incarico di governo se dovessimo vincere con oltre 50%. Semplicemente perché vuole restare in carica. Ne sono convinto”. Se dovesse invece rifiutarsi di farlo: “Lo sospenderemmo”. Secondo Antonescu l’USL vincerà le elezioni con il 55-60% dei voti.
Promesse, ossessioni e fatti
In questi primi giorni elettorali nel secondo paese più povero ddell'UE, si sta promettendo di tutto. “Il campione” delle promesse populiste resta il magnate tv Dan Diaconescu, che ha annunciato la costruzione di 200.000 abitazioni da affittare a persone bisognose, di abbassare le tasse, annullare alcune privatizzazioni e soprattutto ha garantito che la Romania non chiederà mai più prestiti al Fondo Monetario Internazionale. Si dimentica però troppo spesso di indicare da dove arriveranno i soldi necessari a mettere in pratica queste sue promesse.
Intanto il peso della figura politica di Băsescu per qualcuno è una vera e propria ossessione. A tal punto che a volte, durante gli incontri con i propri elettori, l'USL è arrivata a modificare l'inno nazionale, eliminando un versetto in cui si menzionano “Decebalo e Traiano”, in modo da evitare di pronunciare il nome di battesimo del presidente in carica. Anche atteggiamenti di questo tipo fanno dire agli analisti politici romeni che ci si trova ormai di fronte ad un paese profondamente diviso tra elettori pro e contro Băsescu.
Nonostante le assicurazioni del leader del PDL Vasile Blaga sul fatto che il presidente non sarebbe “sceso in campo” durante la campagna elettorale – salvo poi augurarsi che quest'ultimo “dica la verità su quello che accade nel Paese e sul fatto che il governo Ponta abbia rallentato la Romania facendola passare da una crescita del PIL del 2,5% allo 0,9% - Băsescu non ha tardato ad intervenire direttamente. Lunedì di questa settimana ha infatti attaccato duramente il governo. Băsescu ha affermato che nominerà un premier leale all'interesse nazionale e che non si lascia impressionare dalle dichiarazioni dei politici circa una sua nuova sospensione. Il capo dello stato ha aggiunto inoltre che da 5 mesi, da quando l’USL è al governo, le istituzioni dello stato sono sottoposte ad attacchi continui. Inoltre, secondo Băsescu, la Romania viene addirittura sospettata di non essere in grado - in seguito alle frodi durante il referendum per la sua sospensione – di organizzare libere elezioni. ’’Avremo degli osservatori dell’OSCE qui da noi ma non escludo che anche altre organizzazioni chiedano di essere presenti”, ha dichiarato Băsescu.
A tutto questo si aggiungono anche i commenti e le analisi politiche pubblicate sul suo blog dall'ex primo ministro Adrian Năstase. Analisi che vengono frequentemente citate dalla stampa, soprattutto perché sono fatte “a freddo”, dalla sua cella in una prigione di Bucarest, dove sta scontando una condanna di due anni per corruzione.
E per chi fosse interessato ad andare oltre alle promesse elettorali il governatore della Banca Nazionale Romena Mugur Isarescu annuncia che ormai non si può più parlare di un'entrata della Romania nella zona euro nel 2015. L’obiettivo non sarebbe più raggiungibile. Anche perché, gli fa eco il primo ministro Ponta, ”la Romania deve seguire la strada fatta dalla Polonia. I polacchi sono abbastanza prudenti ora verso l’adozione dell’euro”.