Nell'Unione europea esistono ormai migliaia di comunità energetiche che installano e sfruttano fonti rinnovabili, ma in Romania ne esistono solo 21. Le lentezze delle autorità ostacolano lo sviluppo di questa forma di produzione energetica dal basso
(Questo articolo è stato originariamente pubblicato dalla testata romena PressOne nell'ambito del progetto Energy for Future)
Da quando un'associazione di condomini ha installato 15 pannelli fotovoltaici sul tetto del loro edificio, nella zona Apusului di Bucarest, la bolletta per le spese energetiche comuni è pari a zero. Si tratta di una comunità energetica, ovvero di un collettivo che insieme produce, gestisce e consuma energia verde.
Le comunità energetiche consentono di democratizzare la transizione energetica, tagliare in modo significativo le bollette energetiche, e ridurre così la dipendenza dai fornitori tradizionali. Guardando alla transizione verso fonti energetiche rinnovabili, l'Unione europea enfatizza il coinvolgimento dei cittadini, e punta alla costituzione di almeno una comunità energetica in ogni centro con almeno 10mila abitanti entro il 2025.
Già oggi all'interno dell'UE esistono oltre novemila comunità di questo tipo, ma in Romania ce ne sono appena 21. Il paese potrebbe accedere ai fondi europei per sostenere le comunità energetiche – ma ciò non potrà avvenire finché le autorità non approveranno delle regole operative. Nonostante esista dal 2018 una direttiva europea a riguardo, le autorità non si sono ancora mosse.
Aurel Bratu è il presidente dell'associazione dei condomini di Apusului, settore 6 di Bucarest. Nel 2022 ha saputo che l'associazione ÎntreVecini aveva lanciato un concorso affinché i residenti del quartiere diventassero prosumatori (ovvero sia produttori sia consumatori di energia). Su oltre 80 associazioni candidate, ha vinto quella di Apusului e sul tetto dell'edificio sono stati installati 15 pannelli fotovoltaici per alimentare le aree comuni. "Abbiamo in corso anche diversi lavori di ristrutturazione consistenti, che alimentiamo dalla stessa fonte (cioè i pannelli fotovoltaici)", spiega Bratu.
Ma come viene distribuita tra i membri della comunità l’energia prodotta collettivamente? La risposta semplice è: in parti uguali. La risposta meno semplice è: secondo le decisioni prese collettivamente. Ciascuna comunità può accordarsi in base a come è stato finanziato il progetto e a come desidera recuperare gli investimenti o valorizzare l'energia prodotta. "Ciò che produciamo insieme viene condiviso equamente tra tutti i vicini: ognuno ha diritto a una parte di ciò che viene prodotto", spiega Andrei Crăciun, un attivista di Greenpeace.
Dagli individui alle comunità
In Romania, il numero dei prosumatori ha iniziato ad aumentare in modo significativo. Nel 2018 non c'era nessun produttore individuale di energia rinnovabile connesso alla rete, mentre questo numero potrebbe raggiungere i 200mila entro la fine di quest'anno, secondo il presidente dell'Autorità dell'energia della Romania. In questo contesto, secondo gli esperti il prossimo passo dovrebbero essere proprio le comunità energetiche.
"Spesso una persona non può installare un pannello fotovoltaico sul proprio tetto perché abita in un condominio, magari non c'è abbastanza spazio, il tetto non è adatto, oppure abita in una zona storica – ma vorrebbe comunque produrre in qualche modo energia per sé. E allora forse c'è un vicino che ha a disposizione un terreno o un tetto, e insieme formano una sorta di prosumatore collettivo", spiega Corina Murafa, esperta di energia verde.
"Magari il mio pannello solare produce energia, ma non sono a casa per consumarla. Se però c'è il mio vicino, posso scambiare l'energia con lui. In questo modo io, come membro della nostra comunità energetica, ne traggo vantaggio perché posso capitalizzare l'energia prodotta, ma anche il mio vicino ne trae vantaggio, perché magari la sua quota non basta per coprire i suoi consumi, e il prezzo dell'energia prodotta dalla comunità è molto più basso rispetto a quello del mercato", spiega l'esperta.
In effetti, studi condotti in diversi paesi e su vari modelli di comunità energetica mostrano che l’efficienza economica del modello comunitario è superiore a quella dei singoli prosumatori. Una media europea indica una riduzione delle bollette del 62% rispetto ai fornitori commerciali.
Le comunità energetiche rendono inoltre meno probabili gli squilibri della rete provocati dal crescente numero di prosumatori che immettono l'energia che hanno prodotta in eccesso. Quanto più diversificata è la comunità energetica – con più attori, dalle istituzioni pubbliche ai consumatori domestici o alle piccole aziende –, tanto migliore sarà l’equilibrio della rete. "Nelle comunità energetiche istituite dai comuni spagnoli o greci si stabilisce che un certo numero dei membri debba provenire da famiglie vulnerabili, così da includere e collegare anche loro", spiega Crăciun di Greenpeace.
Dalla teoria alla pratica
La mancanza di un inquadramento normativo mirato è uno dei maggiori problemi per le comunità energetiche in Romania.
Nel 2022, oltre quattro anni dopo l’emanazione della direttiva europea sulle fonti energetiche rinnovabili, il governo ha finalmente redatto un decreto al riguardo. Cosa manca ancora? L'implementazione del decreto attraverso norme secondarie da parte dell'Autorità dell'energia, modifiche alle leggi sull'energia e sulla finanza pubblica locale, o eventualmente la redazione di una legge speciale dedicata alle comunità energetiche, ritengono gli esperti consultati da PressOne.
È per questo motivo che la comunità energetica di Apusului può utilizzare l'energia prodotta dai loro pannelli solo per coprire i consumi comuni, e che il denaro guadagnato per l'energia in eccesso che viene immessa nella rete può essere utilizzato solo per le riparazioni o gli investimenti che vengono effettuati per conto del condominio. "Quando sarà consentita la condivisione dell'energia (attualmente non consentita in Romania), le persone saranno in grado di coprire completamente non solo i consumi condominiali, ma anche quelli individuali", afferma Corina Murafa.
Sebbene il decreto del governo abbia introdotto la nozione di condivisione dell’energia, l'Autorità dell'energia non ha articolato i criteri per la sua attuazione pratica. "Sarebbe sufficiente un regolamento che stabilisca che la condivisione dell'energia all'interno della comunità energetica avvenga secondo chiavi di assegnazione. Attualmente non si può comunicare al fornitore dell'energia l'elenco dei membri della tua comunità, così che detragga dalle loro bollette la rispettiva quota dell'energia in eccesso immessa dalla comunità nella rete", aggiunge Murafa.
Perché l'Autorità dell'energia non ha ancora adattato le norme, benché la Commissione europea le abbia fornito tutti gli strumenti necessari, inclusi scambi costanti di esperienze con altri organismi di regolazione nei paesi in cui le comunità energetiche prosperano? “Non credo che sia una questione di capacità o di conoscenze; è una questione di malafede", sostiene Murafa.
Senza un quadro normativo definito, chi è interessato a formare una comunità energetica non può accedere ai fondi europei disponibili per questo scopo. Per esempio, le sei contee romene che beneficiano dei fondi del programma dell'UE per la transizione giusta potrebbero lanciare una serie di bandi per progetti dedicati alle comunità energetiche.
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