Il premier dimissionario in Romania Ludovic Orban (© LCV/Shutterstock)

Il premier dimissionario in Romania Ludovic Orban (© LCV/Shutterstock)

Grandi manovre politiche in Romania dove il Partito nazional-liberale, negli ultimi mesi a capo di un governo di minoranza, auspica elezioni politiche anticipate. Ma il quadro politico è confuso

10/02/2020 -  Francesco Magno

Lo scorso 5 febbraio il governo del partito nazional-liberale guidato da Ludovic Orban – entrato in carica lo scorso ottobre - è stato sfiduciato in Parlamento a seguito di un voto richiesto dal partito social-democratico (PSD), costringendo il presidente della Repubblica Klaus Iohannis ad avviare il necessario iter per la formazione di un nuovo esecutivo. Dopo un rapido giro di consultazioni, il capo dello Stato ha conferito l’incarico nuovamente ad Orban, che lunedì 10 febbraio si recherà di fronte alle camere per ottenere il voto di fiducia per il quale, tuttavia, sono necessari i voti del PSD, che detiene ancora la maggioranza relativa dei seggi.

È difficile ipotizzare che i social-democratici possano dare il loro beneplacito ad un governo che hanno abbattuto meno di una settimana prima. Com’è probabile, Orban non riceverà la fiducia e la palla tornerà ancora a Iohannis che darà a Orban nuovamente l’incarico, sperando in un’ulteriore sfiducia. Al terzo tentativo fallito di dar vita ad un esecutivo, infatti, le camere devono essere sciolte e vengono indette elezioni anticipate, quello a cui Iohannis e tutto il PNL aspirano da settimane. Una matassa intricata, colma di bizantinismi e negoziazioni trasversali, che cerchiamo di dipanare nelle prossime righe. Quali sono le posizioni dei grandi attori in campo? Quali i loro obiettivi?

Il PNL, al governo da ottobre, vuole capitalizzare il consenso di cui gode secondo tutti i sondaggi nazionali; Iohannis, il vero leader del partito, vuole andare a votare il prima possibile, per evitare che una permanenza troppo lunga al governo possa lentamente erodere il credito ottenuto. Anche per accelerare la sua stessa caduta l’esecutivo ha proposto una nuova legge sulle elezioni dei sindaci, eliminando l’attuale sistema a turno unico per introdurre un doppio turno con ballottaggio tra i due candidati più votati. Un cambiamento da sempre osteggiato dal PSD, che da anni ormai basa il suo successo alle consultazioni locali soprattutto sulle divisioni delle opposizioni.

In uno spettro politico che si sta configurando in modo sempre più tripolare, con due forti partiti di centro-destra (PNL e USR-Plus) da una parte e i social-democratici dall’altra, un’elezione a doppio turno porterebbe indubbiamente le destre a coalizzarsi ai ballottaggi in funzione anti-PSD, distruggendo quel ramificato sistema di potere regionale e provinciale che da decenni costituisce la vera forza del partito. Orban era consapevole che la proposta di legge avrebbe portato il PSD a sfiduciarlo, e ha forzato la mano sperando proprio di creare una situazione di impasse, dalla quale uscire soltanto attraverso l’indizione delle elezioni anticipate.

Gli osservatori più maliziosi sostengono che vi sia in realtà un’intesa di fondo tra PNL e PSD; quest’ultimo avrebbe accelerato la caduta del governo e la convocazione delle elezioni dopo aver ricevuto dai liberali la promessa di non introdurre l’elezione a doppio turno tramite decreto-legge. Secondo altri analisti, pur di scongiurare le anticipate, che lo vedrebbero quasi sicuramente sconfitto, il PSD potrebbe addirittura votare la fiducia a Orban quando questi si presenterà per la seconda volta in Parlamento, costringendolo così ad avviare l’attività di governo e ritardare le elezioni. Si tratterebbe di una situazione folle e paradossale, in virtù della quale un esecutivo liberale si ritroverebbe sostenuto dai social-democratici con l’unico scopo di non andare a votare.

Nel caso in cui, come spera Iohannis, Orban non dovesse ricevere la fiducia, le date più probabili per le elezioni sarebbero il 14 o il 21 giugno. In realtà, la strada verso il voto anticipato è ancora tortuosa e dissestata, e non è detto che si possa giungervi. Questi sono giorni di negoziazioni e trattative serrate condotte nelle segrete stanze del potere bucarestine. Il perno rimane, di fatto, il presidente della Repubblica, l’uomo politico più forte del paese: Iohannis vuole avere un “suo” governo sorretto da una forte maggioranza parlamentare, così da poter implementare senza ostacoli nei prossimi cinque anni del suo mandato tutte le promesse fatte durante le presidenziali dello scorso novembre. È difficile dire, allo stato attuale, se ci riuscirà.