Sabato e domenica si vota in Romania per un referendum promosso per affermare, in costituzione, che il matrimonio può avvenire solo tra un uomo e una donna
La Romania si prepara al suo primo referendum ad iniziativa popolare dopo la caduta del regime comunista nel 1989. Un referendum in cui si chiede a oltre 18 milioni di romeni di votare contro o a favore dell'iscrizione in costituzione del matrimonio come unione tra un uomo e una donna. Soprannominato anche il Referendum antigay, la consultazione popolare che si terrà sabato e domenica (il 6 e il 7 ottobre) è pensata per approvare la modifica della Costituzione della Romania nella forma varata dal Parlamento: nella forma attuale la famiglia è definita dell’articolo 48 come l’unione tra i coniugi, ma se almeno il 30% degli elettori si presenteranno al voto, se vinceranno i “Sì” e se questi rappresenteranno almeno il 25% dell'elettorato la famiglia sarà definita come l’unione tra una donna e un uomo.
Una proposta che ha scatenato molte polemiche che dividono i romeni sulla questione della famiglia tradizionale, famiglia monoparentale e le minoranze sessuali.
L’iniziativa di indire un referendum è della Coalizione per la Famiglia che ha iniziato la raccolta firme nel 2015 e il 23 aprile 2016 ha registrato al Senato la sua proposta legislativa con circa tre milioni di firme, un record nella storia della Romania. La Romania è un paese a maggioranza ortodossa (circa l'86% della popolazione). La Chiesa ortodossa autocefala conta circa venti milioni di fedeli (inclusa la Moldavia) e si colloca al secondo posto nel mondo dell'ortodossia dopo la Chiesa russa.
In un paese con un numero rilevante di monasteri e chiese, resta un punto di riferimento importante per milioni di persone. In questo contesto il patriarca Daniel, a capo della Chiesa ortodossa romena, ha incoraggiato i romeni ad andare a votare “Sì”, per riformare l’articolo 48 della Costituzione. ”Diciamo Sì alla famiglia benedetta da Dio” ha dichiarato Daniel aggiungendo che “la partecipazione al referendum è un atto di fede nell’amore di Dio per la famiglia, un atto di massima responsabilità per il futuro del popolo romeno”.
Inoltre il portavoce della Patriarchia romena, Vasile Bănescu, ha tenuto a sottolineare che l’omosessualità è un peccato. La Chiesa ortodossa si oppone al matrimonio civile e ritiene che sia in atto un assalto da parte delle “ideologie della comunità LGBT”.
Il dibattito
Liviu Dragnea, leader del Partito Social-democratico ha dichiarato che andrà al referendum e voterà “Sì” perché così “mi obbliga la mia educazione ortodossa di bambino di campagna, circondato dalla famiglia tradizionale”. Dragnea è divorziato ed ha una compagna di 30 anni più giovane. Non mancano le accuse all’indirizzo di Dragnea di voler consolidare la propria posizione politica traendo benefici dal referendum stesso.
Come riportato da Euroactiv , i socialdemocratici presso il Parlamento europeo (gruppo di cui fa parte anche il PSD romeno) hanno criticato il referendum precisando che tali posizioni non appartengono alla famiglia socialista europea. Anche per l’ex presidente della Romania Traian Băsescu è paradossale che i socialisti votino "Sì". Lui ha annunciato il suo voto a favore, a suo avviso con più coerenza rispetto al proprio percorso politico: ”Paradossalmente da noi il referendum è sostenuto dai socialisti. Io provengo dalla famiglia dei popolari europei che sono democratici cristiani e incoraggiano la famiglia”.
È seguito poi un botta e risposta tra Dragnea e Bruxelles. Il primo-vicepresidente della Commissione europea, Frans Timmermans, ha infatti dichiarato di sostenere i valori della famiglia ma di respingere l’omofobia e di non desiderare che questi valori siano usati per giustificare e creare odio nei confronti delle minoranze sessuali. In replica, Liviu Dragnea ha commentato: ”Non credo che il signor primo-vicepresidente Timmermans possa dire al popolo romeno come deve votare a questo referendum. Credo che nessuno dell’Unione europea possa dire al popolo romeno come definire il matrimonio nella propria costituzione”.
Unioni civili
L’iniziativa del referendum è appoggiata dalle chiese ortodossa, romano-cattolica e greco-cattolica, sottolinea la Reuters, aggiungendo che il codice civile della Romania vieta già le unioni civili tra persone dello stesso sesso. Il matrimonio tra persone dello stesso sesso è legale in metà dei 28 paesi dell’UE, mentre in altri si riconoscono le unioni civili, nota la Reuters.
Mentre il leader del PSD si è detto subito a favore della modifica della costituzione e quindi voterà a favore, i leader di altri partiti parlamentari come ALDE (al governo con i social democratici), l’Unione dei Magiari della Romania (UDMR) e il PNL (liberali) invitano i loro simpatizzanti a votare secondo la propria coscienza. Si sono invece pronunciati contro l’Unione Salviamo la Romania (USR) mentre il PMP (Movimento Popolare) voterà a favore.
Non usa mezzi termini, invece, il fondatore del movimento Romania Insieme (Ro+), Dacian Cioloș, ex premier tecnocratico. Cioloș ritiene che i soldi per il referendum siano spesi inutilmente e trova opportuno che la protezione della famiglia tradizionale dovrebbe concretizzarsi in misure economiche, fiscali e sociali. Il governo di Bucarest ha annunciato che l’organizzazione del referendum costerà allo stato romeno circa 35 milioni di euro.
Anche il noto giornalista Cristian Tudor Popescu ritiene che questo referendum sia del tutto inutile e reputa che non porterà a nulla né in bene né in male: ”L’unico scopo del referendum è quello di essere strumentalizzato dal punto di vista politico” e non esita a puntare il dito verso Liviu Dragnea, presidente dei social-democratici.
Mentre non si placano le polemiche, la Corte costituzionale romena ha intanto deciso che le coppie lgbt devono avere gli stessi diritti degli eterosessuali ed ha quindi riconosciuto il matrimonio di una coppia gay romeno-statunitense.
Nei giorni scorsi circa 150 persone hanno protestato davanti al governo contro il referendum. Muniti di bandiere arcobaleno, simbolo della comunità LGBT, i manifestanti hanno chiesto eguali diritti per tutti i cittadini chiedendo alla gente di boicottare le urne.