Il primo turno delle presidenziali in Romania è stato segnato dalle polemiche sul voto all'estero, che hanno portato alle dimissioni del ministro degli Esteri. Un approfondimento sulla situazione in Italia

11/11/2014 -  Daniela Mogavero

Il ballottaggio per le presidenziali romene si gioca anche all’estero. Di certo potrebbero non essere le centinaia di migliaia di voti dei romeni della diaspora a modificare i risultati delle elezioni per il nuovo inquilino di Palazzo Cotroceni, ma il peso e lo scontro politico che lo scandalo dei seggi all’estero ha causato nel primo turno sono tutt’altro che sopiti. La vecchia volpe Traian Băsescu, che aveva già chiesto le dimissioni del ministro degli Esteri Titus Corlățean, all’indomani delle proteste del 2 novembre è alla fine riuscito nel suo intento. Il ministro ha rimesso il mandato e il premier Victor Ponta, candidato favorito al ballottaggio si è trovato a fare i conti con le proteste per il diritto di voto della diaspora “leso” al primo turno, ma ha chiarito che si tratterebbe di una pesante macchinazione da parte di Iohannis e Băsescu per dichiarare nullo il voto.

La protesta per il voto negato si è estesa a macchia d’olio, facendo un viaggio a ritroso: gli echi delle manifestazioni e degli scontri a Londra, Parigi e Stoccarda, hanno raggiunto amplificati anche l’Italia, dove vive più di un milione di romeni, fino a raggiungere la natìa Romania dove migliaia di persone si sono riunite in piazza a Cluj Napoca, a Bucarest, Timisoara, Oradea, Iasi e Costanza per esprimere solidarietà ai romeni all’estero che non sono riusciti a votare per il primo turno.

I tagli di sezioni in Italia

E se a Londra e Parigi hanno fatto molto rumore le proteste del momento della chiusura dei seggi, quando migliaia di cittadini sono rimasti fuori dalle sezioni senza aver votato, in Italia a fare notizia sono i numeri del diritto negato: nel Paese con la più grande comunità di romeni all’estero il ministero degli Esteri di Romania invece di incrementare i seggi per le presidenziali ha bocciato le richieste di ulteriori sezioni, tagliando anche alcune autorizzate per le votazioni del 2009. Il calcolo è facile e salta subito agli occhi il motivo della protesta della diaspora: dei 66 seggi chiesti ne sono stati autorizzati soltanto 51 (5 in meno del 2009) e la situazione più drammatica è quella del Lazio.

Il ministro Corlățean nonostante le pressanti richieste della comunità romena e il nulla osta dell’Ufficio elettorale centrale (Bec) per la creazione di nuovi seggi ha deciso di mantenere la sua posizione e piuttosto di rimettere il mandato: "Abbiamo avviato come ministero un processo di valutazione sull'apertura di nuovi seggi all'estero. La conclusione di questo esame è che non esiste alcuna base giuridica per istituire nuove sezioni. Come ministro ho l'obbligo di difendere la legge - ha aggiunto Corlățean - e mi auguro che anche lo stesso ministero non infranga la legge per questioni politiche, pertanto mi dimetto".

Tornando ai numeri dello scandalo in Italia, per la regione Lazio erano stati chiesti 22 seggi e il ministero degli Esteri ne ha autorizzati soltanto 13, sei in meno anche della passata tornata elettorale di cinque anni fa. E' stata bocciata un'ulteriore sezione a Roma e quelle di Albano, Guidonia, Sezze, Viterbo, tra le altre. Sezioni che avrebbero accolto una grande fetta di cittadini romeni se si considera che a Latina (senza seggio) vivono 6.000 romeni e a Viterbo (seggio non autorizzato) insiste una comunità di 16.000 cittadini. Altra situazione di disagio in Piemonte dove su 15 seggi richiesti il Mae ha autorizzato soltanto 10 sezioni, due in meno del 2009.

Cosa avverrà?

Il governo romeno nel frattempo sta cercando di correre ai ripari: Ponta ha sottolineato che i cittadini romeni all’estero non hanno potuto votare perché sono necessari “adempimenti molto lunghi” per esprimere la propria preferenza e che le procedure adottate dal ministero e dal Bec per ridurre i tempi di attesa, il modulo “anti-frode” da precompilare, saranno sostenute dall’esecutivo per “evitare che la situazione si ripeta al ballottaggio”.

Il ministero degli Esteri ha informato l’Ufficio elettorale centrale di aver messo a disposizione “800 persone per le missioni diplomatiche e consolari per completare il personale dei seggi all’estero”. Ma nessun cenno alla possibilità di aprire nuove sezioni.