Crisi e disoccupazione colpiscono duramente la Romania, in particolare nelle zone mono-industriali. Il governo tenta di limitare i danni attingendo a ingenti prestiti delle istituzioni internazionali, mentre tenore di vita e diritti salariali sono a rischio
"Non ho più un lavoro". Questo è il grido di disperazione di centinaia di migliaia di romeni che sono già stati tragicamente colpiti dalla crisi economica. E purtroppo è solo l'inizio, mentre per la fine dell'anno quasi un milione di persone potrebbero trovarsi disoccupate. In molte città ci sono fabbriche che chiudono e persone mandate a casa da un giorno all'altro con la stessa spiegazione: "C'è la crisi". E nient'altro.
La situazione è ancora peggiore nelle zone che dipendono da un solo investitore: ad esempio Galati, dove a partire dal 13 aprile i 12.000 dipendenti della società siderurgica Arcelor - Mittal (numero uno dell'acciaio mondiale) entreranno a rotazione in disoccupazione tecnica. Già a novembre scorso, Arcelor Mittal aveva fermato la produzione nella fabbrica di Hunedoara (1200 dipendenti). Secondo la legge, la disoccupazione tecnica rappresenta un'interruzione temporanea dell'attività, durante la quale i dipendenti ricevono almeno il 75% dello stipendio e restano a disposizione dell'imprenditore per un'eventuale ripresa del lavoro. Quasi 150.000 operai dell'industria automobilistica Dacia (marchio del gruppo Renault) sono già stati in disoccupazione tecnica - poi sono tornati al lavoro, ma sempre con una spada di Damocle sopra la testa, senza sapere per quanto.
L'incertezza e la paura della disoccupazione incidono inevitabilmente sull'economia reale. Chi è in cassa integrazione cambia le proprie abitudini di vita: compra alimenti più economici, rinuncia a una nuova TV sperando che la vecchia funzioni ancora per un po', ci pensa due volte a mandare il figlio all'università, guarda con disperazione al mutuo da pagare. La situazione è drammatica quando marito e moglie lavorano in una stessa fabbrica che all'improvviso decide di chiudere. Questo accade frequentemente nelle zone mono-industriali come Arges, Mioveni - dove c'è la Dacia - oppure Galati dove c'è il cuore della siderurgia. Non sta meglio nemmeno Timis, la meta preferita dagli imprenditori italiani. Se fino a poco tempo fa era una contea a piena occupazione e gli imprenditori importavano manodopera da altre città, ora interi paesi sono disoccupati. In alcuni negozi alimentari, le commesse scrivono in un quaderno i beni che "vendono", ma i soldi li incasseranno solo quando gli operai riceveranno la cassa integrazione.
Secondo il quotidiano "Evenimentul Zilei", a Timisoara alcuni genitori mandano i figli fra i 3 e i 9 anni a un dopo-scuola dove imparano "tecniche per abituarsi e reagire agli effetti della crisi mondiale": per due ore settimanali i bambini imparano cosa sono i soldi e il loro valore - e soprattutto come spenderli, perché "il cibo è più importante dei giocattoli".
Il governo di Bucarest intanto ha deciso di chiedere al Fondo Monetario Internazionale e alla Commissione Europea un prestito per circa 20 miliardi di euro. Dal FMI alla Banca Nazionale Romena dovrebbero arrivare 12,95 miliardi per "consolidare le riserve di valuta del paese e stabilizzare il corso euro-leu a fronte delle condizioni dell'economia di mercato e della crisi", spiegava il primo ministro Emil Boc. Invece l'UE fornirà 5 miliardi di euro, che andranno alla Tesoreria dello stato per coprire il deficit del budget, mentre un miliardo arriverà dalla Banca Mondiale - e altrettanto da BEI e BERD. "Quest'ultimo miliardo sarà a disposizione delle banche per il sostegno dell'attività di accreditamento per vari componenti", ha detto il primo ministro.
Il capo della coalizione di governo composta da democratici liberali e social-democratici ha inoltre precisato che questi finanziamenti internazionali mirano a temperare gli effetti negativi della crisi, facilitare il mantenimento dei posti di lavoro, pagare i debiti con le banche mantenendo un corso euro-leu razionale ed equilibrato, rilanciare il credito in Romania e sostenere l'economia. Non ultimo, "pagare stipendi e pensioni", ha detto Boc. Nel frattempo, secondo alcune fonti citate dall'agenzia di stampa Mediafax, il governo bloccherà le assunzioni nella pubblica amministrazione. E per ridurre la spesa pubblica, stop a nuovi mezzi, mobili, apparecchiature. Secondo altre fonti, le tasse aumenteranno e alcuni diritti salariali recentemente ottenuti verranno annullati - almeno per il 2009. L'esecutivo si preparerebbe inoltre a varare un decreto legge che obbligherà le piccole imprese a pagare un tassa minima di circa 380 euro a trimestre, indipendentemente dal profitto.
E mentre i romeni si chiedono come si farà a restituire i 20 miliardi di euro presi a prestito, quali sono le condizioni imposte dal FMI, se le banche straniere ritireranno o meno i loro capitali e quanti posti di lavoro saranno tagliati, il governatore della Banca Nazionale romena Mugur Isarescu spiega che le risorse interne e i finanziamenti esteri garantiranno crescita e stabilità macroeconomica. La crescita economica di cui parla il governatore sarà tra l'1% e il due 2%, il che rappresenta "una performance" nel contesto attuale, dice Isarescu. L'anno scorso la Romania vantava un 8% di crescita economica - il che è abbastanza indicativo dell'entità della crisi.
Visibilmente colpito è indubbiamente anche il settore immobiliare. "Circa metà delle agenzie immobiliari non riusciranno a far fronte alla crisi economica e interromperanno l'attività", dichiarava a capital.ro l'analista immobiliare Ion Radu Zilisteanu. Le transazioni sono sempre di meno, mentre i prezzi per appartamenti non di nuova costruzione registrano un calo che va dal 33% (nel settore 6 della capitale Bucarest) all'1,7% a Timisoara e Buzau, secondo l'analisi di una compagnia del settore. Anche i prezzi degli appartamenti nuovi hanno visto una diminuzione a livello nazionale fra l'1,5 e il 35%.
Dopo le spettacolari crescite del 400%, anche i prezzi dei terreni sono scesi del 70%. Se due anni fa un metro quadro di terreno a Bucarest costava 500-600 euro, ora ne bastano 300. Nonostante i prezzi degli immobili siano visibilmente scesi, per la stragrande maggioranza dei cittadini rimangono però inaccessibili. Tuttavia, gli analisti avvertono che tutto potrà cambiare - e i prezzi tornare a salire - non appena sarà facilitato l'accesso ai crediti bancari.