Il mondo non governativo lo affermava da tempo: la situazione delle carceri rumene è drammatica. Ora è la stessa amministrazione penitenziaria a sottolineare le precarie condizioni dei detenuti. Un universo carcerario regolato da norme risalenti al 1969 e che per molti vanno al più presto modificate
In Romania le carceri si confrontano con una situazione finanziaria difficile, un'organizzazione inefficiente, precarie condizioni di vita per i detenuti. Il sistema penitenziario è inoltre seriamente messo alla prova dai continui abusi dei dipendenti dell'amministrazione.
Sono solo alcune delle conclusioni del Bilancio sull'attività nel 2005 dell'Amministrazione nazionale dei penitenziari (ANP). Sono quindi ora le stesse autorità ad ammettere le carenze del sistema ed ha confermare ciò che le ONG in questi anni hanno ripetutamente denunciato: carceri sovraffollate, condizioni di igiene e di lavoro improprie.
Il direttore ad-interim dell'ANP, Alexandru Serban, ha comunque individuato le motivazioni di questa situazione soprattutto nella ristrettezza delle risorse destinate alle carceri. Secondo Serban, il sistema penitenziario romeno sarebbe in una situazione economico-finanziaria estremamente difficile anche perché i conti delle entrate e delle spese non sono stati elaborati rigorosamente. Il direttore ha poi accusato la direzione finanziaria del ministero della Giustizia di carenze nel coordinamento e nel controllo delle spese nonché di un management economico inadeguato.
L'Amministrazione nazionale dei penitenziari appartiene al ministero della Giustizia. Il ministro della Giustizia, Monica Macovei, conosciuta come una donna molto impegnata nella lotta contro la corruzione in Romania, chiamata in causa ha ammesso di non aver mai visitato un carcere, ma ha promesso che a breve lo farà.
Di carceri si parla poco in Romania, di tanto in tanto esce qualche reportage sulla stampa nazionale o qualche servizio sulle televisioni estere. Qualche mese fa è stato ad esempio trasmesso un documentario sul canale franco-tedesco "Arté".
In quest'ultimo, abientato nel carcere di massima sicurezza di Rahova di Bucarest, l'inviato ha avuto la possibilità di parlare con i detenuti, da quelli condannati all'ergastolo fino alle donne recluse per furti e rapine. Nella cella di un condannato per omicidio due canarini ben curati e amati. Nello stabile per le donne celle affollatissime. Immancabile la tazza di nescaffè e la sigaretta.
Poi veniva intervistata "la cantante", una ragazza che si lamentava di non aver mai avuto un fidanzato e con una voce intensa cantava facendo piangere quasi tutte le sue colleghe di cella. Le sue canzoni parlavano di genitori, di affetto mancato, della dura vita nella prigione.
Le canzoni fanno parte dell'universo carcerario. Come purtroppo ne fanno parte i maltrattamenti. L'anno scorso a livello nazionale sono state registrate duecento denunce contro il comportamento aggressivo delle guardie penitenziarie. Solo in cinque dei casi è stata avvaita un'inchiesta e sono state in seguito adottati provvedimenti. Non sono pochi nemmeno i casi di autolesionismo. I detenuti inghiottono cucchiai o chiodi e hanno l'abitudine di tagliarsi sulle mani e sulla pancia. Spesso nelle carceri le cure mediche sono carenti, i detenuti subiscono abusi che non possono essere provati perché i medici degli ospedali non registrano le violenze. Anche il personale che dovrebbe fornire supporto psicologico ai detenuti è più che insufficiente. Circa mille addetti lavorano nel sistema sanitario dei penitenziari, mentre cinquecento tra funzionari e personale civile svolgono attività nel settore dell'inserimento e dell'integrazione sociale. Nella stragrande maggioranza delle carceri uno psicologo lavora con oltre duecento detenuti. In sei penitenziari nazionali la situazione è ancora più grave: un solo psicologo per oltre mille detenuti.
Il sistema romeno è stato spesso criticato sia nell'ambito nazionale che internazionale per essere più centrato sulla punizione dei delinquenti che sulla loro rieducazione. In Romania sarebbero recluse nelle carceri 36.000 persone mentre sarebbero 186 i minorenni nei centri di rieducazione. L'Unicef Romania parla però di un totale di 800 bambini chiusi nelle prigioni o nei centri rieducativi. Secondo l'Unicef, il sistema giudiziario per i minorenni dev'essere migliorato perché, afferma Pierre Poupard rappresentante Unicef Romania, i bambini devono essere sempre assieme alla loro famiglia e non devono stare in carcere, devono andare a scuola. "Dovrebbero godersi la loro infanzia" aggiunge "invece escono spesso dalle prigioni più vecchi e più arrabbiati con il mondo che, comunque, difficilmente è disposto ad accoglierli". Nel tentativo di far capire quanto sia importante l'integrazione di queste persone, l'ex direttore dei penitenziari, Marius Iacob, in passato ha avvertito non guardare le carceri come una "discarica per spazzatura" perché alla fine la "spazzatura " si riverserà nella società.
Nel bilancio sull'attività del 2005 dell'Amministrazione dei penitenziari si legge che nelle prigioni della Romania il numero dei detenuti supera il numero dei posti disponibili, il che fa si che in alcune carceri i detenuti stiano in due in un letto, oppure gli arrestati in attesa di giudizio dividano la stessa cella con i condannati per omicidio.
La legge in Romania prevede che per ogni detenuto vi debbano essere almeno 6 metri quadrati, gli standard dell'Unione Europea ne indicano invece 4,5 metri, cosa che in Romania non si potrà realizzare presto. Anche nel capitolo relativo al personale la Romania sta peggio rispetto ad altri paesi europei. Con un agente carcerario ogni 4-7 detenuti la situazione è spesso difficile da gestire, in quanto il guardiano ha anche altri compiti. Comunque l'Amministrazione dei penitenziari si dichiara più che soddisfatta riguardo alla sicurezza. Il 2005 è stato il migliore degli ultimi 25 anni. Infatti si è contata una sola evasione e tre tentativi di evasione.
Sempre l'anno scorso i deputati della Commissione per i diritti dell'uomo dopo aver visitato alcune prigioni hanno redatto un rapporto estremamente critico, le cui conclusioni dimostrano che nel sistema penitenziario romeno la riforma sia quasi ferma. I deputati hanno addirittura raccomandato la demolizione del penitenziario di Jilava (vicino alla capitale Bucarest) perché lo stato di avanzato degrado in cui versa mette in pericolo la vita stessa dei detenuti. Jilava è considerato il carcere con le peggiori condizioni di vita, dove i detenuti hanno diritto ad una sola doccia di acqua calda alla settimana, mentre l'acqua potabile spesso manca e il cibo è preparato in condizioni misere. La Commissione ha inoltre chiesto la riapertura delle indagini sui casi di cinque decessi sospetti avvenuti nel penitenziario di Margineni (sud del Paese).
Sul piano internazionale e nell'ambito di diversi programmi Phare, un po' di denaro per le prigioni romene arrivano dall'estero. E' il caso del programma Phare "Appoggio per il miglioramento dell'attività del sistema penitenziario" (con un budget totale di 5 milioni di euro) oppure del progetto "Appoggio per il miglioramento del sistema giudiziario per i minorenni " (650.000 euro).
Mentre sperano in condizioni migliori e nell'attesa di scontare la pena, i detenuti trovano diversi modi per passare il tempo. Sempre secondo i dati dell'Amministrazione nazionale dei penitenziari settecento detenuti dipingono, cinquecento fanno teatro, trecento pubblicano articoli o partecipano a corsi e conferenze. Altri lavorano scarpe o altri prodotti che sono destinati addirittura all'esportazione. I detenuti possono ricevere una certa quantità di cibo, sigarette e soldi da casa. All'interno dei penitenziari alcuni detenuti hanno anche loro "i piccoli affari commerciali" e vendono vestiti oppure hanno uno spaccio alimentare. L'anno scorso inoltre si sono sposati otto reclusi, sei dei quali con persone in stato di libertà.
Il problema principale resta comunque la legislazione. Il sistema dei penitenziari funziona in base a norme che risalgono al 1969. La legislazione dev'essere modificata, tra l'altro, anche per ridurre la pena per i detenuti che, prima della condanna, non avevano precedenti penali.