Come il Cile e l'Australia? Pronta a sfondare sul mercato vitivinicolo? La Romania è il decimo produttore di vino al mondo. Un settore devastato nel periodo di Ceauşescu ma che sta pian piano rialzando la testa. Anche grazie a fondi UE
Negli anni Settanta la Romania poteva vantare una delle più vaste estensioni di vigneti in tutta Europa, un primato che, nell’epoca d’Oro di Ceauşescu, è stato via via mortificato a causa della collettivizzazione, riducendo il potenziale di un’industria che solo adesso sta riprendendo vigore.
La Romania, infatti, pur non raggiungendo i fasti e i premi di etichetta di Italia e Francia, resta il decimo produttore mondiale di vino con poco meno di 200mila ettari coltivati (un quarto dell’Italia). L’obiettivo dei produttori romeni, adesso, è conquistare nuovi mercati di esportazione, tra tutti l’assetata Asia.
Sguardo su Cina e Giappone
Lo ha rivelato in un’intervista Dan Muntean, direttore della Halewood Romania, una partnership anglo-romena nata negli anni Ottanta. “I nostri mercati tradizionali di esportazione sono quelli dell’Europa orientale e i Baltici, che sono ancora forti. La Gran Bretagna, gli Stati Uniti e il Canada sono sempre stati dei buoni acquirenti, ma siamo in una fase di crescita. La più grande opportunità è il mercato asiatico e la crescita della Cina e del Giappone”, ha spiegato.
Negli ultimi anni la Romania ha beneficiato dei fondi di pre-adesione all’UE e la sola industria vinicola ha ricevuto 35 milioni di euro tra il 2002 e il 2006, investiti per migliorare le tecniche e le tecnologie di coltivazione dei vigneti romeni.
“I produttori vitivinicoli romeni si stanno svegliando, in particolare sul valore delle esportazioni – spiega Muntean – la maggior parte della produzione è destinata ancora al mercato nazionale e ci sono soltanto 10-15 aziende in grado di mettere in piedi un volume credibile di esportazioni. Secondo i dati della International Wine & Spirit Research fino al 2010 la Romania aveva un mercato interno più grande di Russia e Cina. Questo spiega perché le esportazioni non sono state una priorità. Negli ultimi anni molti vigneti sono stati acquistati da grandi gruppi con una crescita della qualità del prodotto, ma fino a quando questi vini non raggiungeranno il massimo del loro potenziale, la crescita del mercato estero rimarrà lenta”.
Terra vocata
La Romania, alla stessa latitudine della Francia, gode di molti fattori favorevoli all’industria vinicola: un clima temperato dall’influenza del Mar Nero e del Danubio e dal riparo dei Carpazi, un terreno ben drenato e l’esposizione ai raggi solari per buona parte dell’anno.
Le principali varietà straniere e caratteristiche dell’Europa occidentale che vengono coltivate sul suolo romeno sono il Merlot, il Cabernet, Pinot nero, Chardonnay, Sauvignon, Pinot grigio, Riesling, Traminer, Aligote e Moscato. Ma è importante sottolineare le varietà romene, in crescita anche sui mercati stranieri: i rossi Babeasca e Feteasca Neagra e i bianchi Feteasca Regala, Francusa, Grasa, Galbena, Busuioaca e Tamaioasa.
Le regioni che hanno il numero “pro-capite” di vigneti più alto sono la Moldova ( 83,500 ettari) e la Muntenia ( 74,300 ettari). Prima della crisi, nel 2008, la Romania produceva circa sei milioni di ettolitri di vino, di cui 1,5 destinati alla vendita e il resto all’autoconsumo, il dato del 2010 segna un drammatico calo (di circa il 50%) con un volume totale di 3,154 milioni di ettolitri prodotti.
Il vigore dei giovani
La storia dell’industria vitivinicola romena è turbolenta. Le conseguenze si sono fatte sentire sia sulla produzione che sulla vendita. "La storia moderna di questo settore ha soltanto vent'anni – sottolinea Muntean, la cui società gestisce 400 ettari di vigne tra Dealu Mare; Transylvanian Plateua e Murfatlar, con un vigneto organico – questi ultimi anni sono stati impiegati più sulla ricerca di fondi e sulle questioni tecniche che sul miglioramento della qualità del vino sul mercato internazionale. Certo la Francia e l’Italia hanno decenni di esperienza in più, ma noi ci stiamo avvicinando. In Romania ci sono molti produttori appassionati, terreni di qualità e un clima con un potenziale virtualmente senza limiti. Nei prossimi anni ci sarà il definitivo cambio di passo. Abbiamo dalla nostra parte il vigore ‘dei giovani’”, scherza.
Il punto debole del settore, però, resta l’immagine e la riconoscibilità del prodotto all’estero, nonostante prezzi competitivi (sei euro a bottiglia per varietà pregiate). I concorrenti sono ben attrezzati e con spalle larghe, ma i gruppi romeni non sembrano esserne spaventati, forti di condizioni climatiche simili a quelle della Toscana o della regione di Bordeaux: “Stiamo lavorando costantemente sull’immagine dei nostri vini e adesso i prodotti vengono riconosciuti e conosciuti da giornalisti e acquirenti a livello mondiale. In termini di crescita e di export vogliamo andare con i piedi di piombo e ragionare giorno per giorno ma speriamo di aumentare le percentuali ogni anno”, ribadisce Muntean.
Un tallone d’Achille del settore dell’uva in Romania è stato e resta la scarsa meccanizzazione, con il necessario ricorso al lavoro manuale: la fuga di operai e lavoratori del settore primario verso i Paesi occidentali, però, ha danneggiato anche la produzione di vini, con vigneti abbandonati al proprio destino per la mancanza di manodopera.
In molti stanno cercando di porre rimedio e, riunendo piccoli appezzamenti altrimenti lasciati incolti, stanno piantando nuovi vigneti già attrezzati per la raccolta meccanizzata. Inoltre entro il 2015, in accordo con Bruxelles, Bucarest dovrà sostituire i 30mila ettari di colture ibride con specie Vitis Vinifera (vitigni nobili). I restanti 110mila ettari ibridi potranno essere utilizzati per la produzione interna, secondo l’accordo con l’UE.
E gli enologi paragonano già la Romania e la vicina Bulgaria al Cile e all’Australia, nuove terre di conquista per i migliori vigneti.