Andrej Mironov è un attivista per i diritti umani. Ex prigioniero politico sovietico è volontario per l'associazione Memorial. In una nostra intervista una riflessione sulla difesa dei diritti umani e la democrazia in Russia

19/02/2009 -  Roberta Bertoldi

Andrej Mironov, prigioniero politico ai tempi dell'Unione Sovietica, ex dissidente, oggi è impegnato per la difesa dei diritti umani e opera come volontario nell'associazione "Memorial" nata per la riabilitazione delle vittime dello stalinismo.

Signor Mironov, la guerra russo georgiana dell'agosto scorso che conseguenze ha avuto nel Caucaso del Nord ?

Il conflitto ha avuto conseguenze molto negative su diversi piani. In Inguscezia, ad esempio, è sorta immediatamente un'indignazione fortissima. La propaganda russa ha spiegato l'attacco come un'azione di sostegno nei confronti dell'Ossezia del Sud, attaccata dai georgiani ma gli ingusci che erano stati cacciati da quello che prima era il loro territorio (Prigorodnyj Rajon n.d.a.) e che ora appartiene all'Ossezia del Nord hanno criticato l'intervento.

In Inguscezia inoltre vi sono tantissimi profughi dei precedenti conflitti che vivono in condizioni precarie, dentro baraccopoli e nell'indifferenza generale. I molti soldi che il governo russo ha inviato in Ossezia del Sud, per l'assistenza a profughi e rifugiati, hanno naturalmente prodotto critiche da parte della popolazione inguscia.

E nel resto della Russia, quali i sentimenti prevalenti?

In Russia questa guerra ha provocato sentimenti pessimi. Un'ondata di sciovinismo e xenofobia. Quando è stata aggredita la Georgia, l'arroganza ha toccato il culmine e non solo tra i sostenitori di Putin ma in generale nel Paese il clima politico e ideologico è carico di sentimenti nazionalistici di revisionismo postsovietico. Il paragone corre all'Italia fascista; quando fu conquistata Adua .

Ora con la crisi economica attuale la propaganda ha abbassato un po' la voce. Ma a questo proposito è da sottolineare, per il Caucaso del Nord, il problema della ricaduta economica della guerra di agosto. Prima nell'intera regione caucasica arrivavano parecchi soldi. Magari non risolvevano tutto ma facevano dimenticare i problemi. Ora non c'è più questa disponibilità e l'instabilità è aumentata.

L'instabilità ha portato un generale peggioramento del rispetto dei diritti umani? Quali a questo proposito quelli più violati?

Certamente uno dei problemi maggiori è legato alla libertà di stampa. Il problema è di vasta portata, non solo nel Caucaso del Nord ma in tutta la Russia. Ad esempio solo al giornale Novaya Gazeta sono stati uccisi ben sei giornalisti. Un numero impressionate.

E' difficile non pensare ad un coinvolgimento dello Stato in queste uccisioni. Sei giornalisti uccisi in un solo giornale democratico possono essere un evidente segno di coinvolgimento dello Stato.

Anna Politkovskaja lavorava per Novaya Gazeta e il suo caso ben evidenzia questo coinvolgimento.
Secondo la documentazione raccolta nel fascicolo delle indagini, due gruppi della polizia segreta erano sul luogo dell'assassinio. Ogni gruppo era formato da 12 persone. Ciò significa che c'erano 24 persone con macchine, telecamere e microfoni, che hanno assistito all'assassinio. E' impossibile sostenere che non si sa chi sia il colpevole.

Giornalisti ma non solo ...

Certo. L'ultima giornalista uccisa è stata Anastasia Baburova ma il vero obiettivo era Stanislav Markelov un avvocato che indagava su un caso di violenza in Cecenia ad opera del colonnello Yuri Budanov. Storia già raccontata da Anna Politkovskaja nel libro "La Russia di Putin" pubblicato anche in Italia ma mai in Russia.

Sempre nel gennaio 2009 è stato ucciso a Vienna Umar Israilov, oppositore del presidente ceceno Kadyrov; aveva presentato alla Corte europea di Strasburgo un documento sulle violenze sistematiche, le torture e le uccisioni degli oppositori in Cecenia. E' una catena. La Russia oggi assomiglia più a un paese dell'America latina di 30 anni fa piuttosto che a un paese europeo.