Vladimir Putin e Boris Yeltsin

Boris Yeltsin consegna la "copia presidenziale" della costituzione russa, 31 dicembre 1999 (wikimedia )

Putin è arrivato al Cremlino sull’onda dei “successi” ottenuti nella seconda guerra cecena iniziata nell’autunno del 1999 e non ha esitato a usare la presa di ostaggi di Beslan come pretesto per rafforzare la propria “verticale del potere”. Due passaggi fondamentali per legittimare le riforme che hanno caratterizzato la doppia presidenza di Putin e dato forma al sistema di potere duramente contestato in queste settimane nelle strade di Mosca

01/03/2012 -  Giorgio Comai

Il 31 dicembre 1999 a mezzogiorno, il primo presidente della Russia post-sovietica Boris Yeltsin in un messaggio alla nazione rendeva pubbliche le proprie dimissioni, indicando l’allora primo ministro Vladimir Putin come suo successore. Yeltsin passava la “valigetta nucleare” a Putin, il quale ringraziava firmando un decreto che garantiva all’ormai ex-presidente immunità e una serie di benefit a vita. Dopo poche ore, Putin saliva su un aereo con la moglie per andare a festeggiare il suo primo capodanno da presidente (per il momento, ad interim) in Cecenia.

Non sorprende affatto che Putin abbia deciso di iniziare proprio da lì la sua carriera da presidente. L’ampio consenso che Putin aveva raccolto nei pochi mesi dalla sua nomina a primo ministro nell’agosto del 1999 era in buona parte legato alla dura posizione che aveva assunto in Cecenia. Mentre in televisione milioni di russi guardavano il primo discorso alla nazione di Vladimir Putin in qualità di presidente, la città di Grozny era sottoposta a una nottata di bombardamenti particolarmente intensi.

Elezioni e riforme post-Beslan

Le vittorie militari riportate in Cecenia nei primi mesi del 2000 furono fondamentali per permettere a Putin di vincere agilmente le elezioni tenutesi tre mesi più tardi. Con un Caucaso formalmente sotto controllo, negli anni successivi Putin si è potuto dedicare ad altre questioni che erano al centro della sua agenda politica, come la lotta agli oligarchi e il ristabilimento dell’immagine della Russia quale grande potenza internazionale, ma anche la fondazione del partito Russia Unita (nel 2001) e la repressione dei media indipendenti (nel 2001 il noto canale televisivo NTV, la cui copertura della seconda guerra in Cecenia si dissociava spesso dalla linea ufficiale, passa sotto il controllo di Gazprom Media e cambia linea editoriale).

Ma è ancora un evento che ha luogo in Caucaso a dare nuovo slancio a quello che in sostanza è il filo conduttore del secondo mandato presidenziale di Putin sul fronte interno: il rafforzamento della "verticale del potere". È infatti in seguito alla tragedia della presa di ostaggi nella scuola di Beslan nel settembre del 2004 che Putin dà inizio a una serie di riforme mirate a incrementare il suo controllo personale su tutte le regioni della Russia, a partire dalla decisione di eliminare le elezioni dei vertici di repubbliche, territori e oblast' della Federazione russa: da allora, è lo stesso presidente a nominare il governatore di ogni regione della Russia e i parlamenti locali devono solo ratificare la scelta presidenziale.

Argumenty i Fakty, 15.9.2004

Argumenty i Fakty, 15.9.2004

Il collegamento tra la presa in ostaggio della scuola dell'Ossezia del Nord - che si è conclusa con la morte di oltre 300 persone - e la scelta di introdurre un pacchetto di riforme che prevede l’abolizione delle elezioni per i vertici regionali, non è scontato. Eppure, il rafforzamento della “verticale del potere” e gli eventi di Beslan sono così strettamente collegati che la stampa russa si riferisce tutt'oggi ai provvedimenti centralistici di Putin di quel periodo chiamandoli semplicemente “riforme post-Beslan”. Il concetto è espresso chiaramente dalla prima pagina di uno dei giornali più diffusi in Russia, Argumenty i Fakty, uscito pochi giorni dopo quella tragedia: Putin guarda deciso in avanti a fianco di un enorme cannone con la scritta “verticale del potere”. I titoli circostanti l'immagine riguardano Beslan e la lotta al terrorismo.

L’intento di Putin di presentare le nuove riforme come necessaria risposta alla tragedia di Beslan è evidente anche da un discorso che Putin tenne il 13 settembre 2004 , poco meno di due settimane dopo l’attacco alla scuola. In occasione di una seduta di governo a cui erano eccezionalmente invitati anche tutti i governatori regionali, Putin esordì dicendo: “Senza lacrime non solo non è possibile parlare di ciò che è avvenuto a Beslan, non è possibile neppure pensare a ciò che è accaduto a Beslan”. Senza scomporsi poi Putin proseguì il suo intervento: “Ma da parte di rappresentanti del potere, la compassione, le lacrime e le parole di sostegno non possono bastare. Bisogna agire. Bisogna aumentare l’efficacia degli organi di potere per risolvere la complessa situazione che il Paese deve affrontare.”

Argomentando che per combattere i terroristi che vogliono sgretolare il Paese bisogna rafforzarne l’unità, Putin ha così affermato la necessità di rafforzare la “verticale del potere” e di aumentare i poteri del presidente. Oltre all’eliminazione delle elezioni per i governatori, sempre in quell’occasione ha proposto di introdurre un sistema esclusivamente proporzionale per l’elezione della Duma. Non ha invece specificato altri aspetti che sono entrati a far parte della riforma elettorale approvata nell’aprile successivo, la quale prevedeva una soglia di sbarramento al 7% per entrare in parlamento, il divieto di formare coalizioni e rendeva più stringenti le condizioni per registrare nuovi partiti.

Le proteste di Mosca (2011-2012)

Sono proprio le riforme introdotte dopo Beslan ad essere uno degli obiettivi espliciti delle proteste di questo inverno e, fino ad ora, gli unici punti su cui il governo ha mostrato intenzione di essere disposto a cedere. Sia Putin che Medvedev infatti hanno rilasciato dichiarazioni in cui si dimostravano disposti ad aperture in questa direzione e lo scorso  28 febbraio la Duma ha approvato in prima lettura (lo stesso Medvedev ne ha previsto però l’approvazione definitiva solo in maggio) una legge di proposta presidenziale che reintroduce l’elezione diretta dei governatori e semplifica la procedura per la registrazione di nuovi partiti. Il rappresentante del presidente in parlamento, Garry Minkh, ha comunque insistito che queste riforme erano pianificate da tempo e non possono essere assolutamente considerate una reazione alle manifestazioni di dicembre.

In ogni caso, riforme come quelle previste dalla nuova legge non possono in alcun modo accontentare le decine di migliaia di persone che sfidando il gelo moscovita sono scese ripetutamente in piazza in queste settimane, non solo per chiedere “elezioni oneste” (motto unificatore delle proteste) o piccole concessioni nelle leggi elettorale, ma soprattutto per protestare contro l’intero sistema di potere costruito in questi anni da Vladimir Putin.