Lo scorso 5 marzo in Russia è entrata in vigore una legge che prevede fino a 15 anni di reclusione per la diffusione di informazioni false relative alle azioni militari russe. Pesanti le ripercussioni sui media indipendenti e sui movimenti pacifisti
“In Russia il potere è una piramide. Venne istituita nel Cinquecento da Ivan il Terribile, uno zar ambizioso e brutale, affetto da paranoia e molti altri vizi. Grazie al suo esercito personale, l’opričnina, divise ferocemente e sanguinosamente lo stato russo in autorità e popolazione, in amico e nemico, separati da un fossato dei più profondi. La sua vicinanza all’Orda d’Oro lo convinse che l’unico modo per governare l’immensità russa fosse diventare una forza occupante di questo territorio. Una forza onnipresente, crudele, imprevedibile e incomprensibile alla popolazione, la quale da parte sua non può fare altro che obbedirle e venerarla. Una sola persona doveva sedere all’apice di questa piramide oscura, una sola persona che avesse potere assoluto e il diritto su ogni cosa. Paradossalmente, questo principio in Russia non è cambiato nemmeno in minima parte negli ultimi cinque secoli. Per me è questa la principale tragedia del nostro paese. La nostra piramide medievale è rimasta in piedi per tutto questo tempo; la sua superficie è mutata, ma mai sono mutate le sue fondamenta”.
Sono parole di Vladimir Sorokin, uno dei più noti — anche in Italia — romanzieri russi contemporanei, scritte a pochi giorni dall’inizio dell’aggressione russa in Ucraina. Non è la prima volta che Sorokin mette a confronto e traccia linee di continuità tra il medioevo e il presente: si tratta di qualcosa che, già diversi anni fa, ad esempio, aveva abilmente messo in scena nella dilogia composta da La giornata di un opričnik (2006) e Cremlino di zucchero (2008). Non è nemmeno la prima volta che le sue narrazioni distopiche a cavallo tra tecnologia del futuro ed echi del passato si realizzano sinistramente nel presente russo: nell’aprile del 2016, ad esempio, la creazione della “Guardia nazionale” — da molti definita “l’esercito privato di Putin” — riecheggiava proprio l’istituzione dell’opričnina di Ivan il Terribile.
Nel testo che Sorokin ha scritto in questi giorni di guerra e devastazione, lo scrittore mette in guardia non solo rispetto alla continuità storica della “piramide medievale” del potere russo, ma sottolinea come questa “operazione speciale” sia rivolta non tanto (o non soltanto) all’Ucraina, ma più in generale alla “civiltà occidentale”, i cui leader in questi anni hanno “irresponsabilmente”, a suo avviso, mostrato eccessiva comprensione e apertura al dialogo nei confronti di chi siede all’apice della piramide russa. “Nel discorso in cui Putin annuncia l’‘operazione speciale’, l’America e la Nato vengono menzionate molte più volte che l’Ucraina”, sottolinea, spiegando che nel mirino di Putin ci sia soprattutto il mondo “occidentale” e ciò che esso rappresenta.
È proprio ciò che di questo mondo ha trovato fino a pochi giorni fa un riflesso (sempre più soffocato negli ultimi anni) che in Russia ora viene cancellato con un tratto di penna. Le libertà di espressione, di stampa, di manifestazione nel paese di Vladimir Putin sono ora state eliminate ufficialmente, giuridicamente e punite (una libertà punita, che surreale accostamento d’immagini) a livello penale. Il 4 marzo infatti la Duma di Stato e il Consiglio della Federazione (la camera bassa e la camera alta dell’Assemblea federale russa) hanno approvato la legge che prevede fino a 15 anni di reclusione per la diffusione di informazioni false relative alle azioni militari russe (art. 207.3 del Codice penale). Vengono anche condannati gli inviti e gli appelli a ostacolare l’attività delle forze armate, nonché ogni espressione di supporto rispetto alle sanzioni contro il paese.
La legge è entrata in vigore sabato 5 marzo. In realtà già nei giorni precedenti i principali media indipendenti erano stati oggetto di avvertimento e sanzione da parte dell’organo federale di controllo delle informazioni e comunicazioni (Roskomnadzor), accusati di pubblicare “informazioni mendaci” e di chiamare l’“operazione militare” in corso “aggressione, invasione o dichiarazione di guerra”. Nel giro di una settimana quest’organo ha bloccato realtà note e importanti (spesso già bollate come “agenti stranieri”) come la radio Echo Moskvy (Eco di Mosca), il canale televisivo Dožd’/Rain, i siti di informazione Meduza, Doxa, The Village, The New Times, Krym.Realii, nonché molte testate ucraine. Nel mirino delle autorità russe sono cadute anche realtà internazionali come BBC, Deutsche Welle, Voice of America, Radio Svoboda/Free Europe. L’entrata in vigore della legge il 5 marzo ha reso penalmente perseguibile la diffusione di “informazioni mendaci” rispetto al parere delle autorità su quanto sta accadendo. Come hanno spiegato dalla Duma, la legge introduce in tal modo una responsabilità penale che ricade non solo sui giornalisti, ma anche “sui cittadini comuni e non solo i russi”.
Le conseguenze dell’introduzione della legge sono state immediate. La radio Echo Moskvy, i siti Znak.com, Colta.ru e The Moscow Times, così come il canale televisivo Dožd’/Rain hanno annunciato la temporanea sospensione delle trasmissioni (qui il video del toccante annuncio della direttrice di Dožd’ Natal’ja Sindeeva).
La Novaja Gazeta ha annunciato che cancellerà dall’archivio i materiali relativi alla guerra in Ucraina a causa della “censura militare” introdotta nel paese: “Continueremo a raccontare quali conseguenze la Russia deve affrontare: la crisi economica in corso, il crollo repentino dello stile di vita, i problemi di accesso alle medicine e tecnologie straniere, la persecuzione del dissenso, inclusa quella di chi si dichiara contrario alla guerra”, hanno comunicato dalla testata.
Come ha comunicato il portale economico The Bell, “con l’introduzione degli emendamenti al Codice penale relativi alla responsabilità per la diffusione di informazioni false sulle azioni delle forze armate russe, i rischi personali per i giornalisti sono giunti a un nuovo livello. Pertanto, abbiamo preso la decisione di interrompere del tutto la nostra copertura mediatica dell’‘operazione militare speciale’”.
La britannica BBC a sua volta ha annunciato l’interruzione del lavoro dei suoi corrispondenti in Russia, poiché la nuova legge “criminalizza” il giornalismo indipendente e mette a repentaglio la sicurezza dei giornalisti della testata: “Il nostro impegno nel rendere disponibile un’informazione accurata e indipendente al pubblico di tutto il mondo, compresi quei milioni di russi che si affidano ai nostri servizi giornalistici, resta invariato. I nostri giornalisti in Ucraina e nel resto del mondo continueranno a documentare l’invasione dell’Ucraina”.
Sempre sabato 5 marzo è arrivato l’annuncio della RAI che per le stesse ragioni richiama i propri inviati e corrispondenti dalla Federazione Russa.
Con la scusa dell’epidemia, le marce e manifestazioni di protesta contro la guerra non vengono autorizzate: mentre dal 3 marzo sono venute meno in Russia le restrizioni sulla capienza, ad esempio, di molti luoghi di svago, queste limitazioni restano in vigore per le manifestazioni. Nel frattempo, le sedi di realtà importanti nell’ambito dei diritti umani come Memorial a Mosca vengono perquisite (per ben 14 ore ) con il pretesto della lotta all’“estremismo”.
Non è escluso che le elezioni dei governatori di 14 regioni, previste per il prossimo settembre, vengano cancellate come avvenuto nel 2004 dopo la strage di Beslan (una scelta spiegata allora da Putin come necessario passo per la lotta al terrorismo e per rinsaldare la verticale del potere; le elezioni dirette dei governatori furono reintrodotte nel 2012 dopo le massicce proteste del biennio 2011-2012).
Insomma, senza di fatto introdurre la legge marziale nel paese (cosa di cui si vocifera da diversi giorni), le autorità russe hanno reso possibili e ufficiali a livello giuridico una serie di misure che portano la Russia in una direzione preoccupante. Se già negli anni la politica putiniana si era accaparrata il controllo pressoché totale dell’informazione tradizionale e nazionale, ora anche quei piccoli spazi di dissenso e resistenza seguiti da una parte non ininfluente della popolazione vengono cancellati, soffocati, perseguiti. Il danno sul medio e lungo termine è intuibile: se già oggi una parte di russi non è a conoscenza di cosa sta facendo realmente l’esercito russo in Ucraina, domani nemmeno quella parte che seguiva tutto ciò con apprensione avrà la possibilità di continuare a farlo (se non attraverso vpn e altri stratagemmi per aggirare le limitazioni). Le distopie descritte nei romanzi di Vladimir Sorokin si fanno sempre più reali.
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