Nel febbraio prossimo Sochi ospiterà i Giochi olimpici invernali, ma questa città nel XIX sec. fu luogo della sanguinosa battaglia dei circassi contro il dominio russo. Il peso di quei ricordi nella diaspora circassa e i recenti attentati terroristici nel Nord-Caucaso grava sulle manifestazioni sportive
La città di Sochi si trova in una posizione delicata, e non solo dal punto di vista geografico. Fa parte della Federazione Russa, nel kraj di Krasnodar, sul litorale del Mar Nero, nel Caucaso occidentale. Ma soprattutto Sochi è collocata proprio vicino al disputato confine tra Russia e Abkhazia, regione della Georgia de facto indipendente, coinvolta nella guerra russo-georgiana dell’agosto 2008. Nell'immediato entroterra di Sochi si trovano le montagne di Krasnaja Poljana, coinvolte nei Giochi. Insomma, Sochi non è soltanto un rinomato soggiorno balneare, ma ha anche la ventura di essere sulla soglia del Nord-Caucaso, dove si trovano le regioni oggi più turbolente della Russia, nelle quali si sta svolgendo una lotta armata a sfondo religioso (islamico) e nazionalistico che in molti casi, come quello dell’Imarat Kavkaz di Doku Umarov, si pone l’obiettivo di staccare questa regione dalla Russia. Sochi è piazzata anche nel mezzo di una regione multietnica, dove, accanto ai russi, vivono persone appartenenti a tutti e tre i rami della popolazione circassa degli adygh: adighezi, circassi e kabardini. E Sochi è anche legata alla memoria della tragedia che, nel Caucaso nord-occidentale, colpì i popoli circassi nel XIX sec.
E proprio in questa città di confine in senso geografico, politico e culturale il 7 febbraio 2014, in un’atmosfera che si cercherà di rendere festosa e solenne, si apriranno le XXII Olimpiadi invernali, le prime su territorio russo.
L'appoggio "condizionato"
Le Olimpiadi di Sochi , ancor prima dell’apertura, stanno facendo venire a galla polemiche, sospetti e diffidenze, come, per esempio, nella Repubblica di Kabardino-Balkaria: questa regione, modellata secondo i criteri della politica nazionale staliniana, analogamente alla Karačaevo-Circassia, riunisce in sé due popolazioni assai diverse, gli iberofoni kabardini e i turcofoni balkari che già hanno una storia di conflitti politici ed etnici. Il “capo” della repubblica (che, come Ramazan Abdulatipov in Daghestan, non vuole essere definito “presidente”) Arsen Kanokov, parlando alla riunione inaugurale di un “gruppo di esperti” chiamato “Elbrus” (in omaggio all’omonimo massiccio montano), ha assicurato che “sia il governo che la popolazione della Kabardino-Balkaria appoggiano le Olimpiadi Sochi-2014”.
Kanokov pronunciò queste parole in risposta a una domanda di Andrej Osinnikov, direttore del “Centro di politica social-conservatrice” per il Caucaso. Sarà bene precisare che questo “Centro” (sigla russa: TsSKP) è stato costituito a Mosca nel dicembre 2004 da deputati della Duma e dell’Assemblea Federale appartenenti a “Russia Unita”. Si tratta dunque di un'organizzazione che promana dal “partito del potere”. Osinnikov aveva chiesto, forse in maniera alquanto provocatoria, a Konokov di “esprimere la sua opinione a proposito della possibile separazione del Nord-Caucaso dalla Russia”. Un tema che apparentemente non c’entra niente con le Olimpiadi di Sochi, ma che, sia esso realistico o no, turba i sonni di molti nella regione. Konokov rispose: “Ritengo che il tema della separazione del Nord-Caucaso sia artificioso. Esso fa comodo a coloro che intorbidano la situazione nel Sud della Russia. Noi – proseguì il “capo” – stiamo con la Russia da 450 anni, dai tempi di Ivan il Terribile. Fianco a fianco con i popoli fratelli abbiamo difeso i suoi interessi, tutti insieme abbiamo costruito lo Stato russo”. Una risposta da manuale, anche se non del tutto veritiera.
Probabilmente ricordandosi che gli ibero-caucasici kabardini sono la nazionalità maggioritaria nella repubblica, ca. 364.000 individui, contro ca. 71.000 balkari turcofoni, Konokov si riferì a loro con il nome storico di circassi che li unisce in un unico popolo (gli “adygh”) insieme con gli adighezi (Repubblica di Adygheja, la più occidentale del Nord-Caucaso). Adigheze, kabardino e circasso sono sostanzialmente un’unica lingua e la loro divisione in tre è artificiale. Riferiamo le parole di Konokov: “I circassi che vivono negli altri paesi sono una notevole forza della Russia che deve essere rivolta a suo favore, e non contro di essa. Sono stato in molti paesi, ho parlato con i circassi. Per loro la Russia è uno stato forte con il quale essi vogliono collaborare e rafforzare le relazioni culturali amichevoli”.
La diaspora circassa
I circassi che “vivono oggi negli altri paesi”, come dice Konokov, sono i discendenti di quei circassi, kabardini e adighezi che nella seconda metà del XIX sec., dopo la “guerra caucasica” (1817-1864), furono deportati dai russi nell’Impero Ottomano (con la collaborazione di quest’ultimo che dislocò i circassi in varie regioni, dai Balcani alla Giordania), nel quadro di un progetto di colonizzazione russa dell’area nord-caucasica. Nel corso di questa operazione, che interessò oltre 400.000 persone e che di per sé non ebbe un fine di sterminio, morirono tuttavia numerosi individui, al punto che i circassi parlano oggi di “genocidio” del loro popolo, e definiscono se stessi “muhajirun” (“fuggiaschi”), lo stesso termine con cui nell’islam si designano i “fuggiaschi” che compirono la “hijrah” (“fuga”) dalla Mecca a Medina nel 622 d. C. Con questi precedenti è abbastanza ovvio che i fasti olimpici di Sochi suscitino delle forti reazioni emotive tra i popoli adygh del Nord-Caucaso. Alcune organizzazioni circasse, compresa l’“Adyghe Khase” (“Parlamento circasso”), l’organizzazione più attiva e autorevole dell’opinione pubblica in Adygeja, Kabardino-Balkaria e Karačaevo-Circassia, oltre a quelle degli emigrati in altri paesi, hanno espresso un giudizio positivo sulle Olimpiadi di Sochi, ma hanno anche chiesto che “un elemento circasso”, in ricordo della presenza degli “adygh” in quei luoghi, figurasse nell'organizzazione dei giochi, nei simboli e nel programma culturale.
Particolarmente critico verso le Olimpiadi, tuttavia, è l’atteggiamento dell’“Adyghe Khase”. Le diramazioni del gruppo nelle tre repubbliche indicate sostengono che i giochi olimpici “ignorano la tragedia demografica e culturale che ha colpito il popolo circasso nel XIX sec. I giochi – propongono – non dovrebbero essere effettuati se questi fatti vengono tenuti nascosti”. Questa organizzazione ha sottolineato che Sochi ha un posto speciale nella memoria storica dei circassi. Negli anni Sessanta del XIX sec. questa città fu un “centro dell’insurrezione etnica dei circassi” e uno dei porti attraverso i quali i circassi vennero deportati nell’Impero Ottomano. Queste deportazioni, sottolinea “Adyghe Khase”, “hanno ridotto la popolazione indigena del Nord-Caucaso Occidentale del 96%”.
Un esponente di “Adyghe Khase”, Murdin Teshe, presidente onorario di quel ramo dell’organizzazione che raccoglie gli šapsugi (un sub-etnos circasso del Mar Nero) aveva addirittura proposto il boicottaggio dei giochi olimpici, ma poi ha ritirato questo suggerimento.
Il noto islamologo russo Aleksej Malashenko, nonostante tutto, ritiene che, al momento, il problema circasso non rappresenti una minaccia reale alle Olimpiadi di Sochi, ma non esclude che i Giochi potrebbero contribuire ad aumentare il livello generale di instabilità nel Nord-Caucaso. In aggiunta, ha osservato, è possibile che gli islamisti caucasici radicali tentino di compiere attentati in concomitanza con le Olimpiadi.
Gli attentati terroristici e le risposte eccentriche di Žirinovskij
Se ciò avvenisse, sarebbe in linea con il comportamento dei jihadisti. Il Nord-Caucaso è da tempo teatro di attentati e di successivi atti di rappresaglia da parte dei silovikì, cioè delle forze di polizia e dei militari. È stato calcolato che fra il 1 gennaio e il 23 ottobre 2013 sul territorio dei distretti federali russi Nord e Sud, cioè praticamente nel Nord-Caucaso, sono stati compiuti 28 atti terroristici, dei quali sei sono stati compiuti da “kamikaze”, quattro uomini e due donne. A volte i terroristi nord-caucasici hanno commesso i loro attentati anche fuori regione, come è avvenuto il 21 ottobre a Volgograd dove su un autobus di linea esplose un ordigno azionato da una terrorista suicida. Lo scoppio provocò la morte di sette persone, compresa la terrorista stessa, ed il ferimento di altre 12. Le indagini hanno chiarito che l’autrice dell’attentato, la 30-enne Naida Asijalova, proveniva dal Daghestan, si era da poco convertita all’islam ed era sposata con un leader della guerriglia. L’episodio ha avuto anche una curiosa appendice. Il 24 ottobre il noto eccentrico della politica russa Vladimir Žirinovskij, leader del cosiddetto Partito liberal-democratico (LDPR), durante la trasmissione “Pojedinok” (“Il duello”) in onda sul tele canale “Rossija-1” ha nientemeno proposto che il Nord-Caucaso venga circondato di filo spinato e che quelle popolazioni siano costrette “con mezzi artificiali” a ridurre la natalità. Successivamente Žirinovskij ha rifiutato di scusarsi per la sua bravata e il rappresentante dell’LDPR in Cecenia, Adlan Šamsadov, ha sciolto l’organizzazione del partito in quella repubblica.