Scampato ieri sera ad un attentato il presidente serbo Boris Tadić. Nessuna ferita, molto spavento. Riportiamo le poche notizie per ora disponibili relative all'accaduto
Ieri sera verso le ore 21.00 in via Knjaz Miloša il presidente Boris Tadić ha subito un tentativo di attentato. Il presidente serbo non ha subito ferite nell'incidente. Secondo quanto riporta l'emittente B92, un'autovettura Audi di colore nero ha cercato più volte di urtare la BMW dove sedeva Boris Tadić, ma l'autista del presidente serbo è riuscito a buttare fuori strada l'Audi che cercava di portare a termine l'attentato, fuggita poi in una direzione imprecisata.
Secondo quanto scrive il quotidiano "Večernje Novosti", ripreso da B92, l'attacco sembra sia stato pianificato con professionalità. L'Audi nera ha seguito la colonna che scortava la macchina presidenziale durante il suo tragitto nella Knjaz Miloša. L'Audi all'altezza della Stella di Topčider ha superato la colonna della scorta, benché quest'ultima avesse acceso i lampeggianti di segnalazione, e ha tentato di urtare la BMW del presidente serbo, ma l'autista della BMW è stato abile nel buttarla fuori strada. La colonna che seguiva il presidente non ha cercato di inseguire l'attentatore, ma è rimasta col presidente, trasferito in seguito nella sua residenza.
L'Audi, della quale per ora non si hanno notizie, è riuscita a fuggire in una direzione sconosciuta. Secondo il quotidiano "Večernje Novosti" si tratterebbe di una automobile con targa Belgrado e che la scorta presidenziale è riuscita a leggere le prime due cifre della targa.
Ricordiamo che nelle scorse settimane sia Tadić che il ministro degli esteri Vuk Drašković avevano ricevuto minacce da una non ben identificata organizzazione patriottica.
Nel frattempo il quotidiano montenegrino DAN, scrive nell'edizione odierna che il presidente della Serbia e Montenegro, Svetozar Marović ha ricevuto una anonima lettera di minacce di morte. Il motivo di tale minaccia, scrive il quotidiano di Podgorica, sarebbe dovuto alla dichiarata volontà di Marović di collaborare con il Tribunale dell'Aia, in particolare nella lettera si fa riferimento alla cattura di Ratko Mladić, generale serbo latitante da nove anni e tra i maggiori accusati dal Tribunale internazionale.