Dopo anni di polemiche e violenze finalmente è stata una festa. Il Gay Pride di Belgrado, evento conclusivo della “settimana dell’orgoglio”, si è svolto domenica 20 settembre senza incidenti
Il Pride Parade è l’evento conclusivo della settimana dedicata ai diritti della comunità LGBT di Belgrado, organizzato dall’associazione Beograd Prajd , ed è stato accompagnato anche dal Trans Pride, manifestazione gemella che quest’anno è stata organizzata separatamente.
Le edizioni passate
Nel corso degli anni passati, l’organizzazione della “parata” è stato un evento che ha profondamente diviso la società serba e che è stato frutto di polemiche e violenze. L’edizione del 2010 fu all’origine di seri incidenti, causati dalle solite organizzazioni di destra, che portarono al ferimento di oltre 100 poliziotti e all’arresto di 250 persone. Anche la Chiesa ortodossa si era sempre schierata contro l’evento. Negli anni successivi, le forze di sicurezza serbe temendo il ripetersi degli incidenti, non hanno più dato l’autorizzazione alla manifestazione, almeno fino al 2014. L’anno scorso, la “parata” si tenne, con la presenza di ingenti forze di polizia e con alcuni scontri ai margini della manifestazione.
Quest’anno, in una Belgrado dove l’attenzione si è spostata sulla crisi dei rifugiati che transitano quotidianamente in città, l’organizzazione della “parata dell’orgoglio” non ha praticamente fatto notizia.
Nessuna polemica sui giornali, i partiti dell’estrema destra silenziati, gli hooligans del Partizan e della Stella Rossa anche loro in silenzio. Colpisce in particolare l’assenza di graffiti minacciosi sui muri della città. Nel 2014 la città era stata ricoperta con scritte tipo: ”I gay non marceranno”, “La parata non si svolgerà” “Uccidi i gay”. Colpisce anche il silenzio della Chiesa Ortodossa, che nel 2014, tramite suoi prelati, aveva detto che le disastrose inondazioni della primavera 2014 erano state un ammonimento divino nei confronti dei serbi perché avevano intenzione di organizzare la parata. L’assenza di tensioni e incidenti i giorni prima, aveva fatto sì che sabato sera, la polizia avesse finalmente fatto sapere che c’erano le condizioni per lo svolgimento sia del “Trans pride” che del “Pride Parade”.
La parata
Il silenzio mediatico dei giorni che hanno preceduto l'evento è stato seguito dal silenzio irreale di domenica 20, giorno della “parata”. Il centro di Belgrado è stato praticamente isolato dal traffico. Solo il volo persistente degli elicotteri rompeva l’inusuale calma calata su Belgrado. Impressionante lo spiegamento di forze della polizia e della gendarmeria, tutti in tenuta antisommossa. Cordoni di poliziotti bloccavano le vie di accesso a Trg Republike, Slavija, Pionirksi Park e Nemanjina, i punti critici della sfilata. Polizia a cavallo, mezzi blindati, cannoni ad acqua, il messaggio dato dalle autorità non lasciava dubbi. La “parata” si sarebbe svolta.
Il contrasto tra l’aspetto bellicoso dei poliziotti e i colori del “Trans pride” primo evento in programma, descrive alla perfezione la giornata. Nel Pionirski Park, i partecipanti alla Trans Pride, assieme ai rappresentanti della comunità rom di Belgrado, invitavano i presenti a sostenerli nella lotta per evitare discriminazioni.
La parata è poi partita in Nemanjina ulica, di fronte alla sede del governo. Circa 1.000 partecipanti si sono riuniti lì al suono di fischi e musica. L’atmosfera era festosa e rilassata. La madrina della manifestazione, Biljana Srbljanović, ha dato il benvenuto ai partecipanti. Dietro il corteo, le autorità, con in prima persona il sindaco di Belgrado, Siniša Mali, la ministra per l’Integrazione europea Jadranka Joksimović, l’ambasciatore degli Stati Uniti, Michael Kirby e il capo della Delegazione dell’Unione Europea, l’ambasciatore Michael Davenport. Per l’occasione, è giunta a Belgrado anche la ministra svedese per la Cultura, Alice Bah Kuhnke. Negli anni scorsi la comunità internazionale si è apertamente schierata in favore dello svolgimento della manifestazione, condannando le violenze e le cancellazioni del passato.
La “parata” è partita puntuale. Musica, balli, fischi, una grande bandiera arcobaleno a seguire il camioncino dell’organizzazione. Si respirava un’atmosfera di sollievo e normalità. I partecipanti venivano da tutti i paesi della ex Jugoslavia e in più vi erano numerosi ospiti stranieri e belgradesi simpatizzanti con la comunità LGBT, tra cui, una simpatica nonnina di 79 anni. Gli organizzatori hanno invitato i partecipanti a solidarizzare con tutti quanti si battono per i propri diritti, in primo luogo con i rifugiati che da mesi oramai sono accampati nei parchi di Belgrado, nel loro cammino verso l’Europa occidentale. La gente, non molta, dalle finestre guardava con curiosità, alcuni gettando fiori, altri sventolando bandiere tricolori. Il tutto, sotto gli occhi attenti e severi delle centinaia di poliziotti in tenuta antisommossa. I media hanno riportato di un migliaio di partecipanti in tutto.
Alla fine, tutti contenti
La “parata” è terminata alle 13.00 di fronte al municipio di Belgrado. L’atmosfera festosa è però continuata e sono stati rinnovati gli appelli a far visita ai rifugiati subito dopo la parata. Secondo gli organizzatori, questa è stata la miglior “parata” finora organizzata. Non vi sono stati incidenti di rilievo. Un gruppo di fedeli, assieme ad alcuni “pope” ortodossi hanno comunque pregato e asperso il suolo di acqua santa nei pressi della Chiesa di San Marco per scongiurare eventuali punizioni divine a seguito della manifestazione come, a loro dire, la siccità di quest’anno e le inondazioni dell’anno scorso.
La protesta, pacifica, si è mantenuta molto distante dal luogo dove è avvenuto il Pride. Nel pomeriggio, la polizia ha reso noto di aver arrestato una decina di facinorosi, ultras e pregiudicati, per aver tentato di creare disordini. Per il resto, una giornata tranquilla, ma anche un altro importante successo per il premier serbo Aleksandar Vučić, che dà ancora un forte segnale che la Serbia è un paese in via di normalizzazione e che, almeno in superficie, ha abbracciato i valori europei ed è ben decisa a progredire nel processo di integrazione europea. Nella speranza che l’anno prossimo l’evento si ripeta con bisogno di minori misure di sicurezza.