La crisi del muro di Mitrovica e la sua distruzione, l’Accordo di Bruxelles e le dichiarazioni del Segretario della NATO. Un’analisi dei recenti sviluppi nei rapporti tra Belgrado e Pristina
Sulle prime pagine dei tabloid serbi continuano a dominare messaggi inquietanti sulla possibilità che i serbi del Kosovo possano subire un pogrom da parte degli albanesi kosovari. In realtà tutto continua a svolgersi nel quadro dell’accordo raggiunto tra Pristina e Belgrado sulla normalizzazione delle loro relazioni. Infatti, nonostante l’assordante retorica populista che domina da entrambi i lati, in Kosovo non sono stati registrati gravi incidenti.
La parte serba una decina di giorni fa ha abbattuto un muro nella città divisa di Kosovska Mitrovica, la cui costruzione nelle ultime settimane aveva causato un aumento di tensione tra Belgrado e Pristina. Il muro - come hanno cinicamente fatto notare i rappresentanti del governo del Kosovo - è stato distrutto da chi lo aveva costruito: la Serbia e i serbi del Kosovo.
Si trattava di una struttura in cemento sul lato nord del ponte sul fiume Ibar, che divide la città in una parte settentrionale e una meridionale. La parte serba lo aveva ufficialmente descritto come un "muro di sostegno", tuttavia, considerate le sue dimensioni, è chiaro che è stato costruito per impedire incursioni improvvise dal lato sud della città, dove risiedono gli albanesi kosovari. Per le autorità del Kosovo il muro era un simbolo inaccettabile della divisione del Kosovo e alla fine, Belgrado, ha dovuto cedere.
All'ombra delle tensioni relative al muro di Kosovska Mitrovica, la città più grande nell’enclave serba del nord, è nel frattempo entrato in funzione il nuovo prefisso internazionale per il Kosovo, sul quale era stato in precedenza raggiunto un accordo tra Belgrado e Pristina. Inoltre anche la competenza per il funzionamento del sistema giudiziario nei comuni serbi del Kosovo, che in precedenza era nelle mani di Belgrado, è passata sotto il controllo delle autorità kosovare.
Concessioni ingenti
Nel complesso le concessioni che Belgrado formalmente e sostanzialmente ha fatto negli ultimi mesi sono rilevanti. Si tratta di concessioni che non vanno oltre quando deciso già con l'accordo di Bruxelles ma il primo ministro Aleksandar Vučić e il governo di Belgrado ritengono ora che da parte di Bruxelles e Washington debba esserci maggior comprensione per la causa serba e che il processo di adesione all’Unione europea possa ora prendere ulteriore slancio.
L'accordo sulla demolizione del muro è stato firmato da rappresentanti del governo del Kosovo, dalla comunità internazionale e dalle autorità locali dei serbi del Kosovo. Nell'accordo non vi è alcuna firma di un rappresentante della Serbia, il che è in linea con la richiesta di Pristina e della comunità internazionale che i problemi del Kosovo vengano risolti nel contesto delle leggi del Kosovo e delle istituzioni del Kosovo, e che su questa base si normalizzino le relazioni tra Belgrado e Pristina.
Pristina vede tutto ciò come un successo rilevante della politica che sta conducendo dall'inizio dei negoziati a Bruxelles, e la presidente del Kosovo, Edita Tahiri, al quotidiano belgradese Danas, ha dichiarato che la demolizione del muro è il risultato del dialogo interno in Kosovo. La Serbia continua ad insistere sulla posizione che il Kosovo è parte del suo territorio, ma le autorità di Belgrado tacciono sui dettagli relativi all'accordo che ha allentato le tensioni: del quale non si sono occupati nemmeno i media mainstream.
Per il premier Aleksandar Vučić e il Partito progressista serbo (SNS), si tratta di un momento particolarmente delicato per soddisfare le disposizioni esigenti dell’Accordo di Bruxelles, dato che in Serbia inizia a prender piede sempre più intensamente la campagna per le elezioni presidenziali, che dovrebbero svolgersi in primavera. Quindi il governo di Belgrado, sfruttando la grande influenza sui media, sta facendo sforzi enormi per presentare i recenti sviluppi sul Kosovo alla maggioranza nazionalista della Serbia come qualcosa di abbastanza favorevole sia per la Serbia che per i serbi del Kosovo.
Prospettive
Belgrado pensava che Bruxelles e Washington avrebbero esercitato una maggiore pressione su Pristina per accelerare la costituzione dell’Associazione dei comuni serbi nella enclave serba nel nord del Kosovo, ma, nonostante le promesse di Pristina, tutto è ancora fermo.
La mancanza di progressi nella realizzazione dell’Associazione dei comuni serbi è probabilmente uno dei motivi principali per cui Vučić e altri funzionari serbi, in dichiarazioni rivolte al pubblico locale, hanno espresso rabbia nei confronti delle autorità del Kosovo e della comunità internazionale.
Pristina ritiene che l'intero problema sia una questione interna al Kosovo e vuole evitare una forte autonomia per i serbi del Kosovo. Dopo il nuovo accordo sul muro e sul ponte che Pristina ha stretto con i poteri locali, le autorità del Kosovo si ritengono soddisfatte e rilanciano dichiarando che ora è il turno della Associazione dei comuni serbi, ma in collaborazione con i serbi locali e i loro rappresentanti.
Proprio nel momento in cui la crisi relativa al muro di Kosovska Mitrovica era al suo apice, in Kosovo ha fatto visita il Segretario generale della NATO Jens Stoltenberg. Come previsto, il Segretario ha fatto appello ad una soluzione pacifica del problema, ma ha anche confermato definitivamente il diritto della polizia del Kosovo (inclusa la sua unità speciale ROSU) ad essere dispiegata in tutte le zone del Kosovo senza alcun permesso speciale delle autorità internazionali.
Con questa dichiarazione è stata ridotta l'importanza della contestazione delle autorità serbe che avevano chiesto aiuto alla comunità internazionale, dopo che l’unità ROSU alcune settimane fa era stata inviata al nord del Kosovo al fine di impedire l’ingresso del treno passeggeri, partito da Belgrado, sulle cui carrozze in caratteri cubitali vi era scritto "Il Kosovo è Serbia". È stato quindi definitivamente confermato che né la comunità internazionale né la NATO interverranno se la polizia del Kosovo sarà di nuovo inviata in qualsiasi zona del Kosovo, compresa l'enclave serba nel nord.