È stato inaugurato in pompa magna a Belgrado un imponente monumento al fondatore dello stato medievale serbo e padre della Chiesa ortodossa serba, Stefan Nemanja. L’opera, voluta personalmente dal Presidente Vučić è stata accompagnata fin da subito da forti critiche
La solenne cerimonia di inaugurazione del monumento a Stefan Nemanja, iniziata con l’intonazione dell’inno nazionale serbo e proseguita con filmati e testimonianze sulla vita del Gran Principe, si è svolta il 27 gennaio (giorno di San Sava) alla presenza delle più alte cariche istituzionali serbe, dei serbi di Bosnia e del clero ortodosso, ed è stata seguita (in tempi di Covid) dalla curiosità di molti cittadini ammassatisi senza il dovuto distanziamento sociale. La grandiosa statua in bronzo, che poggia su un elmo bizantino ricoperto all’interno da tessere di mosaico blu e aperto su una sorta di ghianda ovale in oro, è stata eretta nella nuova piazza di fronte alla dismessa stazione dei treni; alta 23 metri per un peso di 80 tonnellate, è il più grande monumento del paese; le similitudini (se non altro simboliche) con quella di Alessandro Magno nel centro di Skopje preoccupano i belgradesi, vista la deriva kitsch intrapresa poi dalla capitale macedone. Il costo del progetto, per volontà del governo, non è di pubblico dominio.
La figura di Stefan Nemanja
Stefan Nemanja (1109-1199) fu un principe, condottiero e guerriero audace; capostipite della prima famiglia regnante serba, riunì per la prima volta le tribù slave in uno stato e in seguito, consegnata la corona al figlio, ricevette la tonsura cambiando il nome in Simeon; durante gli anni monastici costruì e rinnovò un gran numero di chiese e monasteri così da essere considerato, insieme al terzo figlio Ratsko (poi San Sava), anche il fondatore della Chiesa ortodossa serba; è sepolto nel monastero di Studenica.
La sua figura e le sue gesta nell’identificazione nazionale e religiosa del popolo serbo rivestono un ruolo fondamentale, come rimarcato dal Presidente Vučić la sera dell’inaugurazione : “Prima di Stefan eravamo una tribù, poi siamo diventati un popolo che ha costruito la propria nazione”. E ancora: “Questo monumento è la storia di noi, di dove eravamo, di cosa abbiamo fatto e soprattutto cosa siamo oggi e cosa vogliamo diventare”. Anche secondo Smilja Marjanović-Dušanić, docente di storia medievale presso la Facoltà di Filosofia di Belgrado, “Stefan Nemanja meritava un monumento già da molto tempo, poiché insieme ai suoi figli ha illuminato il Medioevo e i secoli successivi”.
Il concorso e la petizione
L’idea di erigere una statua al Gran Principe Stefan risale al dicembre del 2015, quando il Presidente Vučić in persona presentò la proposta, adottata poi in seguito dal consiglio cittadino; due anni più tardi il Segretariato per la Cultura di Belgrado indisse un concorso internazionale per lo sviluppo del progetto. L’iter fu segnato però fin da subito da varie controversie e discussioni sull’aspetto, le misure e la collocazione spaziale dell’opera, che portarono alle dimissioni di Miodrag Živković, famoso scultore e membro della giuria incaricata di decretare il progetto migliore. In quell'occasione, Živković dichiarò che il presidente della commissione, Nikola Selaković, nonostante nessuna delle cinque soluzioni finali selezionate soddisfacesse i requisiti visivi, simbolici e di contenuto del concorso, aveva insistito per assegnare comunque i lavori all’artista russo Alexander Rukavishnikov, il quale ricevuto l’incarico iniziò i lavori sulla scultura nel suo studio di Mosca, un impegno che si è protratto fino a pochi mesi fa.
Una petizione lanciata all'inizio di agosto con diverse migliaia di firmatari, gli stessi poi che il giorno dell’inaugurazione si sono riuniti in protesta nel centro della città, testimonia già di per sé la resistenza e contrarietà di una parte dell’opinione pubblica (esperti e non) alla “costruzione di un progetto megalomane e insensato che spende illegalmente e follemente i soldi dei cittadini della Serbia… un monumento volgare, arrogante e megalomane, abuso della storia e dello spazio pubblico, che trasforma ulteriormente Belgrado in una città ‘kitsch progressista’… una violenza contro la città e i suoi cittadini, espressione dell'egoismo di un governo cleptocratico e primitivo”.
La spada… e i costi?
Particolari critiche ha sollevato l’aspetto finale della statua, diverso dal progetto originale , sebbene la differenza stia solo in un “piccolo” particolare: Stefan impugna nella mano destra una spada invece della croce cristiana, prevista dal disegno vincitore e con la quale è solitamente raffigurato. La scelta pare abbia sorpreso lo stesso Rukavishnikov, il quale interpellato ha confessato di essere stato avvisato solo all’ultimo momento del cambiamento necessario, deciso evidentemente da qualcun altro. Il motivo, almeno secondo il professor Sima Avramović, potrebbe essere che “in Stefan Nemanja, fondatore sia della statualità che della spiritualità serba, evidentemente ha prevalso il primo aspetto, cosa che non si può rappresentare con una croce ma solo con la spada”.
Secondo le ultime indiscrezioni, i costi dell’intero progetto non saranno resi pubblici prima del 2023. Stando al vicesindaco di Belgrado, Goran Vesić, le cifre non sarebbero disponibili per volontà stessa dello scultore, il quale ne avrebbe chiesto la segretezza. Tuttavia, l’ex Commissario per l'informazione pubblica, Rodoljub Šabić, sottolinea l’irregolarità di tale atto poiché, afferma, “la legge sul sistema di bilancio prevede esplicitamente che l’uso di denaro pubblico vada fatto in modo trasparente, dato che è un bene di tutti, e che solo eccezionalmente, quando giustificato da ragioni di difesa, sicurezza nazionale o relazioni internazionali, alcuni di questi dati possano essere segretati… Mettere il prezzo del monumento in questo contesto è tragicomico”. Alcuni documenti “passati” dalla dogana serba mostrerebbero comunque che l’opera, arrivata da Mosca smontata e imballata su dieci camion, sarebbe costata intorno ai nove milioni di euro.
La retorica del governo
Tutta la vicenda del monumento rappresenta ancora una volta, forse anche simbolicamente, il modo autoritario di prendere le decisioni dell’attuale governo. Le autorità sono pronte a condannare fermamente ogni qualsivoglia critica all’opera (stilistica o meno) tacciandola come attacco frontale all’identità, alla storia e all’orgoglio serbo, valori invece da “risvegliare” nelle coscienze del popolo e per i quali l’apparato si starebbe spendendo in tutti i modi.
Vučić, già in agosto, aveva apostrofato coloro che cercavano di scoprire più dettagli sul prezzo dell’opera come “nemici dei monumenti”: “I (loro) giornalisti chiamano le fonderie di Belgrado per chiedere quanto potrebbe costare una fusione, poiché secondo loro non si tratta di un’opera d’arte, ma solo di una fusione. Capite cosa stanno facendo queste persone, capite l’odio che provano verso Stefan Nemanja!?”.
Durante la cerimonia di inaugurazione il presidente serbo ha poi sottolineato che ci sono voluti molti anni prima che la Serbia credesse di nuovo di non essere “un mostro dei Balcani, una tribù arrabbiata senza radici e colpevole di tutto”.
Sempre secondo Vučić l’opera, enorme e fuori scala nel contesto urbano in cui è inserita, è “così grande, perché è grande la storia del nostro paese” mentre la scelta della spada al posto della croce viene giustificata dal fatto che “il Gran Principe Stefan, per diventare Simeon, ha dovuto prima essere Stefan”, quindi prima uomo d’armi e poi guida spirituale.
Da collocare nella retorica populista usata in questi anni dal governo progressista per “attizzare” la cultura della memoria del popolo serbo, è anche la fine dell’intervento del presidente nella sopracitata cerimonia: “Coloro che oggi sognano di spostare o distruggere il monumento a Stefan Nemanja, o spostare il Tempio di San Sava, sappiano bene che Nemanja e San Sava, i loro monumenti e templi, sono l’ancora e la croce del popolo serbo, e nessuno potrà mai allontanarli né dal nostro cuore né dai luoghi dove sono per sempre collocati”.