Dopo che la Corte Internazionale di Giustizia ha dichiarato di essere competente nel caso che vede la Croazia accusare la Serbia di genocidio, Belgrado ha mosso la sua contro accusa, chiamando la Croazia a rispondere per i crimini commessi durante l'operazione Oluja
La Serbia porterà la Croazia davanti alla Corte Internazionale di Giustizia dell'Aja per i crimini compiuti durante l'operazione "Oluja" nel 1995. La decisione è stata comunicata dal ministro degli Esteri serbo Vuk Jeremić, che ha così risposto alla domanda su come la Serbia avrebbe reagito dopo che la stessa Corte si era dichiarata competente riguardo l'accusa della Croazia contro la Serbia per genocidio commesso dal 1991 al 1995.
Per la maggior parte dell'opinione pubblica serba questa decisione non è stata una sorpresa. Ciò nonostante, alcuni giorni dopo la decisione della Corte Internazionale di Giustizia, l'opinione pubblica serba ha discusso a lungo sulla decisione della Corte, e sulle mosse che la Serbia dovrebbe compiere.
La Corte dell'Aja non ha accolto l'obiezione della Serbia secondo cui la Corte non sarebbe competente in quanto, al tempo in cui fu sollevata l'accusa, l'allora Repubblica Federale di Jugoslavia (SRJ) non era membro delle Nazioni Unite, né firmataria della Convenzione sul genocidio. Contro questa mozione hanno votato dieci giudici, mentre altri sette erano a favore.
Nella decisione della Corte si afferma che, nonostante lo status della SRJ presso le Nazioni Unite dal 1992 al 2000 fosse "non chiaro", dalle relazioni che la Serbia ha avuto nei confronti della Corte in precedenti procedimenti si può concludere che la Serbia accetta la sua giurisdizione. Inoltre la Corte ha ricordato nella decisione che la SRJ, nel 1992, ha presentato all'Assemblea generale dell'Onu una dichiarazione in cui assume tutti gli impegni internazionali della SRFJ (la ex Jugoslavia) derivanti dalla precedente appartenenza alle organizzazioni internazionali e dall'adesione alle convenzioni, compresa quella sul genocidio. La Corte non ha dato importanza all'obiezione della Serbia secondo la quale la dichiarazione non era stata adottata dall'Onu, e che non era neppure stata inoltrata in modo giuridicamente corretto, motivando ciò col fatto che gli organi statali della SRJ hanno comunque agito in accordo con quella dichiarazione.
Ma all'opinione pubblica serba interessava un altro caso. La Corte Internazionale di Giustizia aveva infatti dichiarato la propria incompetenza nel procedimento dell'allora SRJ contro otto paesi membri della Nato, avviato con l'intento di dimostrare un uso spropositato della forza durante i bombardamenti del 1999 e di dimostrare il genocidio. I giudici avevano in quell'occasione accolto l'obiezione degli otto paesi sull'incompetenza della Corte, perché nel 1999 la SRJ non era membro dell'Onu. Tibor Varadi, principale difensore legale della Serbia, in una dichiarazione per il quotidiano "Politika" sostiene che quella decisione è stata "sotto la giustizia". Varadi ritiene che la Corte abbia interpretato lo stesso argomento in modo differente nei due casi, ribadendo che esiste la necessità di una flessibilità. "Credo che non sia una vera giustizia, e così hanno pensato anche i sette giudici che hanno ritenuto la Corte non competente. La decisione è stata presa a maggioranza relativa, ma pur sempre a maggioranza", conclude Varadi.
L'altra obiezione della Serbia è riferita al fatto che come atto di accusa non possono essere assunti fatti avvenuti prima del 27 aprile 1992, quando fu formata la SRJ. La Corte ha deciso che su questa obiezione si pronuncerà più avanti, quando inizierà il dibattimento.
La Serbia avrà almeno un anno per rispondere all'accusa della Croazia, mentre il procedimento, secondo le previsioni iniziali, durerà qualche anno.
Le relazioni tra Croazia e Serbia precipitano di nuovo ad un basso livello. La Serbia, pare, si aspettava che la Croazia ritirasse l'accusa o che i due stati avrebbero raggiunto un'intesa. Questa attesa, come si è sentito dire a Belgrado, era fondata sul fatto che è ormai tempo che entrambi i paesi costruiscano un comune futuro europeo, e che il male del passato va superato.
Il superamento del trauma del passato è proprio il pomo della discordia tra i due paesi. Le due interpretazioni dei fatti impediscono a Zagabria e a Belgrado di normalizzare definitivamente i loro rapporti, e la decisione viene messa nelle mani della Corte Internazionale di Giustizia.
Belgrado, come si è sentito dire in questi giorni, è pronta a mettersi d'accordo con la Croazia sull'accusa. La ministra della Giustizia Snežana Malović ha dichiarato che è possibile raggiungere con la Croazia un accordo extragiudiziale. Alla domanda su cosa ciò significhi, Tibor Varadi ha risposto che ciò dipende dall'accordo politico tra i due paesi.
"Dipende da cosa la Croazia chiederebbe alla Serbia, e non sarebbe facile determinare qual è il limite della dignità sotto il quale non si dovrebbe andare. Si tratterebbe di colloqui non facili né sbrigativi. Sarebbe stato nell'interesse delle due parti raggiungere un accordo molto tempo fa", ha dichiarato Varadi per "Politika", e ha aggiunto che la Serbia ha più volte ripetuto di essere a favore del raggiungimento di un accordo, ma da parte croata non c'è mai stata risposta.
Il giorno stesso in cui dall'Aja è giunta la decisione della Corte, a Belgrado è stata annullata la richiesta di un possibile accordo extragiudiziale. Vuk Jeremić, "giovane leone della diplomazia serba", come viene definito, in modo peggiorativo, da alcuni suoi colleghi, ha reso noto che la Serbia denuncerà la Croazia alla Corte Internazionale di Giustizia per i crimini commessi durante l'operazione "Oluja".
"La Croazia non ha risposto adeguatamente all'offerta di riconciliazione che la Serbia le ha più volte proposto, così come non ha risposto ai nostri sforzi di lasciare il passato dietro di noi e di rivolgerci ad un comune futuro europeo. Hanno rifiutato di confrontarsi col fatto che 250.000 serbi hanno subito una pulizia etnica nel territorio della Repubblica di Croazia. Questa volta lo dovranno fare davanti alla Corte Internazionale di Giustizia", ha precisato Jeremić durante il tg della Radio televisione della Serbia.
"I funzionari croati desiderano che si stabilisca la verità. Siamo d'accordo, che questa questione si sottoponga al giudizio della storia e della giustizia. Che si stabilisca cosa è accaduto durante l'operazione 'Oluja'. Faremo di tutto per fare in modo che il nostro caso venga adeguatamente rappresentato e lo presenteremo all'interno dell'intero contesto storico dei fatti accaduti in questi luoghi. Prenderemo in esame tutti gli eventi accaduti nel corso del XX secolo, i fatti accaduti durante la Seconda guerra mondiale, durante lo Stato indipendente della Croazia (NDH). Quindi, faremo appello alla storia per poter affermare la verità, a favore di un comune futuro nell'Unione europea", ha concluso Jeremić.
I rappresentanti politici dei partiti serbi in linea di massima sono d'accordo sul fatto che la Serbia debba rispondere con una contro accusa. Nada Kolundžija, del Partito democratico (DS), ritiene che sia giunto il tempo di presentare alla Corte quei temi che si riferiscono alla pulizia etnica e ai crimini commessi contro i serbi, mentre Željko Ivanj, del G17, ritiene che la Serbia dovrebbe valutare attentamente la questione della contro accusa, sottolineando che gli ulteriori sviluppi della situazione potrebbero complicare le relazioni tra Croazia e Serbia.
Ivanj, in una dichiarazione per B92, ha detto che "la nostra logica si è basata sulla possibilità di perdonare, ma non di dimenticare. La logica riguardava le scuse reciproche". Branko Ružić, del Partito socialista della Serbia (SPS), ritiene intrigante che la Corte Internazionale di Giustizia si sia dichiarata competente nel caso della Croazia contro la Serbia ma non nell'accusa della Serbia contro i paesi Nato.
Goran Svilanović, ex ministro degli Esteri serbo, ritiene impossibile che la Croazia e la Serbia dimostrino il genocidio, perché ciò presuppone l'intenzione di eliminare un intero popolo. Svilanović pensa che l'accusa e la contro accusa debbano essere lasciate ai team legali dei due paesi e nel frattempo che si lavori alla normalizzazione delle relazioni. In una dichiarazione per B92, Svilanović ha precisato che "per quanto possa essere dannoso per i rapporti tra Croazia e Serbia, sia per la loro che per la nostra opinione pubblica è più facile passare attraverso un giudizio della Corte".
Svilanović ha aggiunto, poi, che "esiste lo spazio per buone relazioni tra i due paesi, ma sembra che sia più semplice che qualcuno ci dica cosa è accaduto, forse non siamo pronti per discutere tra noi e con i nostri vicini di queste cose".