In Serbia sono tre i processi in corso per crimini di guerra, ma la lentezza delle procedure e delle indagini, così come l'assenza di una chiara volontà politica di fare i conti col passato, minano le reali potenzialità dei tribunali locali
In Serbia dopo i cambiamenti del 5 ottobre 2000 sono stati avviati tre processi a livello locale per crimini di guerra - per rapimento, maltrattamento e tortura di 16 Bosgnacchi del villaggio di Sjeverin (Bosnia Erzegovina) nell'ottobre 1992; per l'omicidio di 14 e il ferimento di 5 Albanesi di Podujevo (Kosovo) nel 1999; e il processo contro 17 appartenenti alla Difesa territoriale di Vukovar (Croazia) e le unità di volontari "Leva Supoderica" per crimini contro i prigionieri di guerra, meglio conosciuto come processo per crimini di guerra nella fattoria "Ovcara".
Sull'avanzamento di tali processi durante il periodo del governo di Milosevic è difficile parlarne. La domanda inoltre sul perché sia stato fatto così poco - nonostante che sul territorio della Serbia, negli ultimi cinque anni, siano state ritrovate almeno quattro fosse comuni - rimane tutt'ora senza risposta. I rappresentanti della società civile attendono ancora che i responsabili vengano condotti di fronte alla giustizia, e che si affermi la verità su chi e come ha deportato, sepolto e distrutto i corpi degli Albanesi-kosovari sul territorio della Serbia. Infine, il fatto che le sentenze per Sjeverin e Podujevo siano state annullate dall'Alta corte ha dato il via ad un dibattito pubblico, in cui si è indicata la pericolosità che un tale comportamento del potere in Serbia, rispetto a questa importante questione, potrebbe compromettere gli interessi politici del Paese verso l'esterno, così come potrebbe minare dal basso una Serbia al suo interno politicamente piuttosto instabile.
Il disinteresse, la lentezza e spesso la mancanza di desiderio e di coraggio da parte del potere esecutivo in Serbia di confrontarsi con il passato criminale, danno come risultato che solo il 37 percento dei cittadini crede che a Srebrenica sia stato commesso un crimine di guerra, mentre solo un terzo dei cittadini crede all'esistenza delle fosse comuni, come dimostrato da recenti sondaggi sull'opinione pubblica.
Ovcara
"In Serbia non c'è un vero desiderio politico di giudicare i crimini di guerra, se si dovesse giudicare dalla disponibilità della maggioranza in questo Paese, la fiducia andrebbe a quel tribunale che mette in libertà gli accusati", ha dichiarato Natasa Kandic, direttrice del Centro per il diritto umanitario, ad una recente tavola rotonda dal titolo "La Serbia difronte alla sfida dei processi per crimini di guerra" organizzata dall'OSCE.
La Kandic prosegue affermando che la trojka di Vukovar (Veselin Sljivancanin, Mile Mrksic e Miroslav Radic) giudicata dal Tribunale dell'Aia, è giudicata per gli stessi crimini commessi dai 17 membri della Difesa territoriale di Vukovar e dalle unità di volontari "Leva Supoderica", contro i prigionieri di guerra, e aggiunge che sarebbe più logico che quei due processi venissero uniti e che l'intero procedimento venisse condotto in Serbia.
Al Consiglio per i crimini di guerra del Tribunale distrettuale di Belgrado il processo per il delitto della fattoria Ovcara è iniziato il 9 marzo 2004. Fino ad ora sono state tenute 38 sedute processuali e ascoltati 48 testimoni da parte della procura e della difesa, tra i quali tre testimoni provenienti dalla Croazia, che sono sopravvissuti grazie a dei conoscenti serbi che li hanno sottratti al centro di detenzione della fattoria "Ovcara" e li hanno riportati a Vukovar. L'accusa è sostenuta da due testimoni collaboratori, che hanno testimoniato in sedute a porte chiuse. Prima dell'inizio del processo, uno degli accusati è morto a causa delle complicazioni di un autoferimento, e contro l'accusato Milan Bulic, causa l'impossibilità di poter seguire il processo per grave malattia, il Consiglio del tribunale il 27 gennaio 2005 ha separato la procedura, e il 15 marzo gli è stato concesso di difendersi in libertà per potersi curare.
"Secondo le valutazioni del Team regionale, la Procura per i crimini di guerra della Repubblica della Serbia deve dimostrare di rappresentare e difendere gli interessi delle vittime per la verità e la giustizia. In questo caso, la Procura potrà ottenere una piena fiducia delle vittime e dell'opinione pubblica della regione se cesserà di difendere la JNA (Esercito della Jugoslavia) e avvierà una indagine contro gli ufficiali che non si sono rifiutati di eseguire l'ordine dei comandanti della Gardijiska brigata sul ritiro della JNA, nella situazione in cui le vite dei prigionieri erano compromesse", ha reso noto il Team regionale delle organizzazioni non governative che fanno parte del Centro per il diritto umanitario, del Centro di indagine e documentazione di Sarajevo e del Centro per la pace, la non violenza e i diritti umani di Osijek, impegnate in questo processo.
Batajnica
Alla fine dello scorso anno l'Ufficio per le persone scomparse e gli esperti forensi di Pristina (OMPF) ha pubblicato un rapporto in cui tra le altre cose si dice che in Kosovo ci sono 5.602 persone scomparse. Di questo numero 893 persone è accertato che siano morte, 439 che sono ancora in vita. L'OMPF ha eseguito 1.170 esumazioni e 858 autopsie, dalla Serbia sono stati trasferiti 354 corpi.
Nel 65 percento dei casi i corpi identificati hanno ottenuto il certificato della causa di morte, tranne il 24 percento dei casi, perlopiù corpi trasportati dalla Serbia, per i quali la causa di morte non è stata accertata. Oggi si indaga il motivo per cui non è stata accertata la causa di morte per gli oltre 300 corpi identificati provenienti dalle fosse comuni di Batajnica.
Dell'esistenza delle fosse comuni in cui sono stati sepolti i corpi degli Albanesi-kosovari uccisi, l'opinione pubblica è venuta a conoscenza nel maggio 2001. Nella caserma della polizia e dei militari di Batajnica, ma anche in altre località in Serbia sono stati scoperti oltre 800 corpi. A Batajnica sono state scoperte sette fosse, e nella cosiddetta "Batajnica 1" sono stati trovati 38 resti di corpi di sesso maschile e femminile, a "Batajnica 2" sono stati trovati 270 corpi, mentre a "Batajnica 3" sono stati trovati 39 corpi. Le fosse di "Batajnica 4 e 6" erano poco profonde e pare siano state usate per incenerire, e non per seppellire i resti umani, è quanto afferma il rapporto dell'Alto commissariato per i diritti umani dell'ONU sulle fosse comuni in Serbia, dell'ottobre 2003.
Secondo quanto afferma l'esperto di medicina legale Djordje Alimpijevic, in Serbia, durante le perizie del tribunale, non è prassi comune che al termine delle autopsie si includa la causa di morte, se i corpi sono stati esumati alcuni anni dopo l'uccisione. Perché lo stesso difetto creato dal proiettile sul tessuto o sulle sulle ossa dei corpi, si crea sia prima che dopo la morte. Dal momento che il nostro diritto penale si occupa solo delle ferite inferte alle persone vive, e non a quelle morte, si evita di trarre una conclusione sulla causa di morte, spiega Alimpijevic.
Invece, come Alimpijevic afferma, tutti i corpi sono stati passati al metal detector, e sono stati estratti dei resti di metallo e di proiettili e inclusi nella documentazione delle prove. Inoltre, sono stati realizzati dei filmati di tutte le ferite sui corpi e sono stati consegnati al procuratore per le indagini sui crimini di guerra.
Per adesso in Kosovo sono stati restituiti perlopiù i corpi degli Albanesi di Meja, del comune di Djakovica, Suva Reka, Vucetrin, Izbica e altri luoghi. Quasi tutti i corpi identificati di Suva Reka e Meja sono risultati positivi al metal detector. I brutali crimini commessi nel 1999 da parte dei membri delle forze di sicurezza serbe, in questi due luoghi del Kosovo, sono stati inclusi nelle prove del Tribunale dell'Aia nel processo contro Milosevic.
Secondo le modifiche e le aggiunte alla Legge sui processi per crimini di guerra (67/2003), le prove raccolte o messe a disposizione dal Tribunale penale internazionale per i crimini di guerra nella ex Jugoslavia possono, dopo la cessione, essere usate come prove nei procedimenti penali dei tribunali locali, a condizione che siano state raccolte o ottenute nel modo previsto dallo Statuto e dalle Regole sulla procedura e le prove del Tribunale penale internazionale per la ex Jugoslavia.
Vladimir Vucetic, procuratore per i crimini di guerra parlando delle fosse comuni di Batajnica ha detto che fino ad ora la procura speciale ha esaminato oltre 180 testimoni in relazione ai casi dei crimini commessi a Suva Reka, Orahovac, nel villaggio di Meja, a Meja-Orize, Korenica, a Izbica, a Srbica, a Gnjilane, ecc.
"In queste località sono stati eseguiti molti crimini e fucilazioni di massa... Tuttavia, il nostro problema fondamentale riguarda la possibilità di accedere ai testimoni abanesi. Abbiamo tentato attraverso l'UNMIK di risolvere la situazione, ma non si è giunti ad una collaborazione. L'UNMIK spiega questo coi fatti del 17-20 marzo. Ma, poi a seguito di un incontro avuto con l'UNMIK, ci siamo accordati per far sì che ci aiutino ad arrivare a quei testimoni", ha detto Vukcevic.
Per ora nessuno è stato condotto di fronte alla giustizia per rispondere dei corpi degli Albanesi del Kosovo trovati a Batajnica. Non esistono accuse ufficiali contro le persone che hanno commesso il massacro nel villaggio di Meja, così come non esiste una sola accusa per i crimini commessi nelle altre località del Kosovo, e che sono relazionate con la scoperta delle fosse comuni di Batajnica.