Manifestazione a Belgrado a sostegno di Mladić (foto Cecilia Ferrara)

Manifestazione a Belgrado a sostegno di Mladić (foto Cecilia Ferrara)

Ieri sera a Belgrado la manifestazione di sostegno a Ratko Mladić organizzata dal Partito radicale serbo. Incidenti per le strade, una trentina di feriti e 180 fermati. Le dichiarazioni del figlio Darko e le proteste contro il presidente Tadić

30/05/2011 -  Cecilia Ferrara Belgrado

È finita come tutti si aspettavano la manifestazione contro l'arresto di Ratko Mladić, organizzata dal Partito radicale serbo (SRS) convocata ieri sera alle 19 a Belgrado di fronte al parlamento: con un centinaio di giovani incappucciati che si scontrano con la polizia e distruggono gli arredi della città in pieno centro Terazije e Kneza Mihajlova, e il consueto bilancio di feriti (26 poliziotti e una decina di cittadini) e fermati (180) e circa 3.000 poliziotti impegnati ad assicurare l'ordine pubblico. Questo nonostante lo stesso Mladić dalla cella del Tribunale Speciale, dove è in attesa dell'estradizione per l'Aja, avesse invitato alla calma tramite il suo avvocato Miloš Šaljić.

La polizia arresta i manifestanti

Manifestazione pro Mladic, i fermati dalla polizia

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Anche dal palco il portavoce dell'SRS ha esortato più volte alla calma ma non è stato ascoltato e i soliti ragazzini-patrioti hanno riproposto in una versione mignon quello che già successe al gay pride l'ottobre scorso. “Sta diventando abbastanza noioso” dice Mika, un ragazzo che passa per la centrale via Kneza Mihajlova mentre i poliziotti in versione robocop arrestano dei giovanissimi incappucciati fotografati da decine di giornalisti di tutto il mondo. “Prima ero molto più ostile alla polizia e agli arresti facili, ora francamente spero che li prendano tutti” conclude amareggiato Mika. Mentre una signora dalla manifestazione ci tiene a precisare “scrivete che non sono radicali questi qui”. E chi sono? “Provocatori”.

Il figlio Darko: “Mio padre ha combattuto per la libertà” 

Questa la cronaca in breve del quarto giorno dall'arresto del latitante serbo numero uno, accusato dal Tribunale penale internazionale per la ex Jugoslavia (TPI) di genocidio e crimini contro l'umanità, che per alcuni – pochi – in Serbia è ancora un eroe. La manifestazione è stata abbastanza numerosa, diverse migliaia di persone sono arrivate da tutta la Serbia a Belgrado per dire che Mladić non è un criminale di guerra ma uno soldato che ha difeso il popolo serbo. “Mio padre ha combattuto per la libertà del suo popolo e non ha ordinato l'uccisione di civili e prigionieri”, ha detto il figlio Darko Mladić nel suo discorso dal palco dell'SRS ed ha anche ripetuto che il padre è malato e non è in condizioni di sostenere il processo. L'instabile salute dell'ex generale – avrebbe avuto tre ictus secondo quanto da lui stesso dichiarato – sarebbe alla base del ricorso all'estradizione che verrà presentato oggi dal suo avvocato.

In piazza contro Tadić

Sul palco campeggiava la scritta “Tadić non è la Serbia” e dalla folla sono stati ripetuti più volte i cori contro il presidente democratico. Gli esponenti del Partito radicale hanno cercato di cavalcare l'onda nazionalista, proponendosi come gli unici che si oppongono alla “collaborazione anti-serba” con il tribunale dell'Aja, chiedendo in pratica ai sostenitori di Mladić di ricordarselo anche in cabina elettorale. Sul palco la moglie e il figlio di Šešelj, la moglie e il figlio di Mladić, sotto il palco il leader di Obraz, movimento ultranazionalista serbo, Mladen Obranović che fu incriminato l'ottobre scorso per i disordini avvenuti al gay pride di Belgrado. Tra il pubblico campeggiano, oltre alle bandiere serbe e ai cappellini da cetnici, le magliette con l'immagine di Mladić, le bandiere con la sua foto o quella di Karadžić o Šešelj, che è anche il presidente del partito. Insomma, tutto il folclore del nazionalismo serbo era rappresentato.

Mentre il figlio Darko continua a dire che il padre è innocente per quanto riguarda il genocidio di Srebrenica, il portavoce del procuratore per i crimini di guerra Bruno Vekarić – come riporta il quotidiano Blic - ha dichiarato che nel corso degli interrogatori Mladić avrebbe affermato che la colpa di tutto quello che è successo degli anni Novanta sarebbe di Slobodan Milošević. L'estradizione per Scheveningen, il carcere del TPI, è attesa per i prossimi giorni. Come ha affermato oggi Tomislav Nikolić, leader dell'SNS (Partito progressista serbo), il partito nato in chiave più moderata dallo stesso SRS, in una trasmissione alla televisione B92 “la manifestazione non avrà alcuna influenza sull'estradizione”.