Una riflessione critica e poetica sull’eredità architettonica del movimento dei paesi non allineati: "In reflections", progetto dei giovani architetti Iva Njunjić e Tihomir Dičić, presentato l'anno scorso al padiglione della Serbia alla 18° Biennale di Architettura di Venezia
(Originariamente pubblicato da Le Courrier des Balkans , il 6 gennaio 2024)
“Anziché preoccuparci degli stili e del modernismo, abbiamo cercato di creare un’architettura a misura delle persone a cui era rivolta. Un’architettura ampiamente ispirata […] anche alla filosofia del movimento dei non allineati”. Così l’architetto jugoslavo Zoran Bojović descriveva una delle sue principali opere, la Fiera Internazionale di Lagos, in Nigeria. Un capolavoro brutalista che oggi sta avendo nuova vita grazie ad un progetto presentato alla 18° Mostra Internazionale di Architettura della Biennale di Venezia.
Rappresentato dai due giovani architetti, Iva Njunjić e Tihomir Dičić, con un progetto intitolato In Reflections , il padiglione della Serbia alla 18° Biennale di Architettura di Venezia non è passato inosservato. Definito “imperdibile” da prestigiose riviste di architettura, come Domus e Archdaily, il progetto propone una riflessione critica e poetica sull’eredità architettonica del movimento dei paesi non allineati. Rievocando la forma poliedrica della Fiera Internazionale di Lagos, inaugurata nel 1977, frutto della collaborazione tra Jugoslavia e Nigeria, i giovani architetti hanno riattualizzato la storia e le espressioni architettoniche dei Non allineati, invitandoci a riflettere sul destino incerto di questo importante patrimonio.
Il Movimento dei non allineati è un progetto politico transnazionale nato nel 1961 con l’idea di riunire i paesi che durante la Guerra fredda non vollero schierarsi, respingendo la logica dei due blocchi contrapposti. La Jugoslavia – insieme ad altri venticinque paesi, tra cui Egitto, India, Ghana e Indonesia – si oppose alla polarizzazione tra Est e Ovest, proponendo la visione di un mondo fondato sui valori anticoloniali ed emancipatori. Nacquero così numerose iniziative di cooperazione politica ed economica volte a favorire la trasformazione dei giovani stati indipendenti.
La Jugoslavia partecipò attivamente a tutta una serie di progetti di costruzione, modernizzazione, urbanizzazione e industrializzazione dei paesi africani appena liberati dal giogo coloniale. Come spiega Slobodan Jović, curatore del Museo di arti applicate di Belgrado e commissario del Padiglione Serbia alla 18° Biennale di Architettura di Venezia, “la crescita di questi paesi, che avevano appena conquistato l’indipendenza, passava non solo dall’ideazione di un nuovo sistema politico e sociale, ma anche dallo sviluppo di infrastrutture e spazi urbani, elementi imprescindibili per la costruzione di un nuovo stato”.
Alberghi, aeroporti, centri congressi, fiere internazionali: infrastrutture, costruite allo scopo di collegare le città africane con il resto del mondo, divennero simbolo dell’indipendenza e della modernizzazione dei paesi non allineati.
Dall’utopia al neoliberismo
Vincitore di un concorso internazionale, il progetto della Fiera di Lagos, concepito dall’architetto jugoslavo Zoran Bojović, prevedeva l’urbanizzazione di un’area paludosa di 350 ettari e fu realizzato tra il 1974 e il 1976. All’inizio degli anni Duemila, dopo un lungo periodo di abbandono, la Fiera fu riscoperta dai commercianti che cercavano un nuovo spazio per le loro attività, trasformandosi così in un ipermercato schiacciato dalla pressione di una metropoli in costante crescita.
Tihomir Dičić, uno degli autori del progetto In Reflections, condivide la sua esperienza diretta. “Abbiamo visto che il mercato si è sviluppato seguendo istintivamente le regole urbanistiche definite dal piano originale di Zoran Bojović, architetto responsabile del progetto. I disegni di Bojović sono caratterizzati dalla modularità e da una profonda riflessione sui molteplici usi futuri della struttura, in sintonia con le dinamiche con cui le comunità locali si appropriano degli spazi urbani”.
Nel progetto In Reflections, Iva Njunjić e Tihomir Dičić sovrappongono passato e presente, creando un’ellisse spazio-temporale. Utilizzando i disegni originali del progetto della Fiera di Lagos, ma anche le immagini e le testimonianze che riflettono le condizioni attuali della struttura, i due architetti ci invitano a riflettere su questo spazio come una risorsa per il futuro. Per Tihomir Dičić, la Fiera di Lagos inevitabilmente tornerà al centro dell’attenzione pubblica.
“Collegata da un’autostrada alle principali città dell’Africa occidentale, la Fiera, che presto sarà raggiunta anche dalla prima linea metropolitana di Lagos, gode di una posizione strategica”, spiega Dičić, sottolineando però i limiti di un progetto come In Reflections. “Il nostro compito è avviare una discussione sulle potenzialità dei luoghi di questo tipo, non dettarne l’utilizzo, cosa che deve essere fatta in collaborazione con gli architetti e i funzionari locali”.
A lungo dimenticata, cancellata, vittima dell’amnesia collettiva che travolse le ex repubbliche jugoslave dopo le guerre degli anni Novanta, l’eredità architettonica del Movimento dei non allineati sta pian piano riemergendo. “La storia della Fiera di Lagos in un certo senso assomiglia a quella della Jugoslavia.”, spiega Slobodan Jović. “Abbiamo scelto questo progetto proprio perché ben rappresenta gli sviluppi politici e sociali degli ultimi decenni. Un tempo simbolo dell’indipendenza e della costruzione di una nuova identità nazionale, questo spazio ha progressivamente perso il suo ruolo originario, diventando testimone di un’epoca passata e della sua ideologia utopica. Con il progetto In Reflections abbiamo voluto interrogarci sul rapporto tra l’ideologia del non allineamento e quella, neoliberista, che oggi trasforma gli spazi di questo tipo”.
Oggi l’architettura del movimento dei non allineati sembra più attuale che mai, suscitando entusiasmo di ricercatori e artisti. Il progetto In Reflections è stato accolto con grande interesse sia dalla critica che dal pubblico della Biennale di Venezia. Per gli autori del progetto “era fondamentale che fossero presenti anche i visitatori provenienti dai paesi africani, soprattutto i nigeriani, che sono rimasti piacevolmente sorpresi dal nostro padiglione”.
Resta però aperta la questione della sensibilizzazione dell’opinione pubblica serba sul tema dell’eredità dei non allineati. Slobodan Jović diffida di una lettura nostalgica, molto diffusa nei paesi ex jugoslavi. “Dobbiamo cercare di allontanarci da una certa feticizzazione che spesso accompagna la lettura del passato. Con questo progetto abbiamo anche cercato di essere autocritici. Qual era il nostro ruolo in Nigeria? Cosa rappresenta per noi il legame tra questi due luoghi? Credo che questo approccio – che pone l’enfasi sulle nostre motivazioni, anziché sulla nostra interpretazione di una storia a noi estranea – sia fondamentale per uscire da una logica che potrebbe essere definita coloniale e per imparare lezioni da un passato ancora di grande attualità nello spazio post-jugoslavo”.