Rogozin e Vučić

Rogozin e Vučić

Il vice premier russo Dmitry Rogozin in visita a Belgrado questa settimana ha regalato al premier serbo Vučić un modellino in scala del sistema antiaereo russo S300. Un gesto perlomeno curioso. Un'analisi delle relazioni tra Belgrado e Mosca

15/01/2016 -  Dragan Janjić Belgrado

Il vice premier russo Dmitry Rogozin, durante la visita dei giorni scorsi a Belgrado, ha consegnato al premier serbo Aleksandar Vučić un modellino in scala del sistema missilistico di difesa S300. A Vučić non è rimasto che sorridere e constatare con dispiacere che la Serbia non ha denaro per acquistare un tale sistema di difesa. Dalla conferenza stampa non sono emersi ulteriori dettagli relativi all’insolito gesto di Rogozin.

Rogozin conosce molto bene la situazione finanziaria della Serbia, e sa anche quali conseguenze politiche e di altro tipo susciterebbe la fornitura del S300 o di un sistema simile ad un paese che è interamente circondato da membri della NATO. Ecco perché il suo gesto non va guardato come una classica offerta per l’acquisto di armamenti russi, ma piuttosto come un messaggio politico di Mosca che chiede alla Serbia di prendere le distanze dalla NATO e rinforzare le relazioni con la Russia. Un possibile messaggio nascosto sarebbe che il modellino in scala potrebbe trasformarsi in un vero sistema missilistico se la presa di stanza dalla NATO venisse fatta davvero.

Sui motivi della visita di Rogozin si è potuto leggere di più sui dispacci dell’agenzia russa Tass, in cui si è detto che il vice premier russo ha chiesto alla Serbia di essere più prudente nell’armonizzare la sua politica estera con l’Unione europea. In altri parole, a Rogozin preoccupa l’accelerazione dell’integrazione europea della Serbia, e il modellino del S300 lo ha portato solo per mostrare all’opinione pubblica serba la potenza militare della Russia. Il suo intento è logico e atteso: fare di tutto per non far perdere alla Russia l’influenza che ha nella regione.

I media main stream serbi hanno completamente ignorato questa parte di dichiarazione di Rogozin, oppure l’hanno lasciata ai margini delle notizie. Lo stesso è accaduto relativamente all’incontro di Rogozin con il leader dell’ultranazionalista Partito radicale serbo (SRS), Vojislav Šešelj, il quale apertamente sostiene un orientamento della Serbia verso la Russia e l’annullamento del percorso di integrazione europea.

Politica

La visita di Rogozin giunge in un momento in cui tra Serbia e Croazia si è di nuovo alzata la tensione, sollecitata dalle dichiarazioni di quest'ultima sull'intenzione di acquistare missili a lunga gittata. Si è così aperto lo spazio per una “mini corsa agli armamenti” tra due paesi piuttosto poveri, mentre la Russia, come atteso, vede se stessa come quello stato su cui la Serbia può sempre contare, nel caso volesse competere con la Croazia, per l’acquisto di armi.

Un’altra circostanza rilevante è che la Serbia si trova dinanzi ad importanti elezioni locali, e molto probabilmente ad un passo dall’indire elezioni politiche anticipate, alle quali il Partito progressista serbo (SNS) di Vučić desidera ribadire di avere il dominio completo della scena politica serba. Oggettivamente, Vučić fa i conti con la necessità di “mostrare i denti” ai vicini e di garantire un’adeguata risposta all’acquisto di armi da parte della Croazia.

Il problema però è che la Croazia è già membro della NATO e l’idea che la piccola e povera Serbia possa “gareggiare sugli armamenti” con lei suona del tutto comica. Sarebbe possibile solo se la Serbia trovasse un partner potente e grazie al suo aiuto iniziasse ad aumentare la sua potenza militare. L’unico candidato potenziale è la Russia, ma l’idea centrale della politica estera serba resta l’ingresso nell’UE, all’interno della quale tutti sono membri della NATO e nessun paese è alleato della Russia.

Ad ogni modo la “corsa agli armamenti” è una comica boutade che di tanto in tanto viene sfruttata dagli ultranazionalisti che vorrebbero che il paese fosse concorrente con la Croazia. Ovviamente non c’è stato alcun dibattito serio e di esperti su questo tema (e molto probabilmente non ci sarà nemmeno in futuro), tanto che la vicenda resta confinata nel botta e risposta della politica quotidiana dove vari gruppi politici, così come il cosiddetto fattore esterno, non perdono occasione per promuovere i propri interessi.

Neutralità

L’episodio dell’annuncio dell’acquisto da parte della Croazia di missili a lunga gittata così come quello del modellino del sistema S300, mostrano ancora una volta tutta la debolezza della cosiddetta posizione di neutralità militare che la Serbia continua a sostenere. Circondata da paesi NATO, e pur sempre strettamente collegata alla Russia, la Serbia sempre più difficilmente trova risposte alle sfide che incontra, mentre gli attori esterni, ossia NATO e Russia, guardano al proprio lavoro e ai propri interessi senza badare più di tanto all’indecisione serba.

La Serbia in pratica è già parecchio dentro il processo di euro integrazione, così come nella creazione di relazioni con la NATO, quindi in questo momento è praticamente impensabile che Vučić possa ascoltare Rogozin e che rinunci interamente all’armonizzazione della politica estera serba con quella dell’Unione europea. Il premier serbo può continuare a fare resistenza all’idea che la Serbia introduca sanzioni contro la Russia e questo, almeno per ora, sarà tollerato in buona parte da Bruxelles. La Russia, però, vorrebbe avere voce in capitolo nella regione e a proprio vantaggio e il suo obiettivo principale è quello di indebolire il fronte dei paesi che contrastano la sua politica nei confronti dell’Ucraina.

Tenuto conto del fatto che ci si avvicina alle elezioni, Vučić non ha più molto margine per fare resistenza alla nuova “offensiva” di Mosca. Pertanto c’è da aspettarsi che la posizione della Serbia resti immutata, cioè che Belgrado continui a cercare migliori relazioni con Mosca e quanto prima si avvicini all’Unione europea. Nel frattempo dovrà subire dei contraccolpi, come ad esempio la recente farsa del modellino in scala del sistema antiaereo russo.

C’è da aspettarsi che la macchina della propaganda, compresi i media sotto controllo del governo, nei prossimi mesi sarà interamente rivolta alla campagna elettorale: screditare ogni potenziale rivale del partito di governo, lanciare nuovi scandali e accuse di attività criminale nei confronti dell’opposizione, ecc. Ciò significa che verrà totalmente  soppresso qualsiasi, seppur piccolo e misero, spazio perché avvenga un dibattito pubblico serio sulle fondamentali questioni politiche ed economiche nel paese.