La Chiesa Ortodossa serba con un comunicato risponde alla diffusione della video cassetta che mostra un prete che benedice gli "Scorpioni" prima che essi vadano a massacrare dei giovani bosniaci. La Chiesa si appella al perdono di tutti i crimini, ma non esprime nessun pentimento per l'atteggiamento tenuto durante la guerra
Di J.T., per "Danas", 11 giugno 2005; traduzione francese di Jasna Andjelic per Le Courrier des Balkans, (titolo originale: " Bénédiction des tueurs de Srebrenica : l'Église serbe essaie de se justifier ")
Traduzione per Osservatorio sui Balcani: Carlo Dall'Asta
Mentre l'opinione pubblica esige una presa di posizione sulla registrazione video che mostra l'esecuzione di sei giovani musulmani a Trnovo nel 1995, il comunicato stampa della Chiesa Ortodossa serba pubblicato venerdì ed intitolato «Signore, che ciò non si ripeta mai più » sottolinea che « chiunque, senza distinzione di appartenenza etnica o religiosa, rimarrà turbato dalla registrazione video che è stata presentata », ma questo comunicato spiega anche che « non è facile stimare o giudicare in anticipo cosa succederà dopo le preghiere d'uso comune, quando i soldati vanno al fronte».
La registrazione della vergognosa esecuzione dei civili è accompagnata dalla scena della benedizione di un gruppo di militari da parte di un prete. Si deve supporre che questi soldati appartengano all'unità denominata gli Scorpioni. « Tra le reazioni in seno alla nostra opinione pubblica dopo la diffusione di questa scioccante registrazione, ci sono stati dei commenti che davano interpretazioni arbitrarie ed assolutamente erronee sulla natura della relazione tra questi due avvenimenti, separati nel tempo », si dice nel comunicato, che spiega il ruolo della Chiesa, del clero e il senso della benedizione. Questo comunicato diffuso tramite il servizio d'informazione della Chiesa Ortodossa serba, indica che « anche in queste circostanze tragiche, il prete accompagna i fedeli con la preghiera e la benedizione, come al momento della nascita, delle nozze e dei funerali, con un messaggio paterno che sottolinea che, anche in guerra, di fronte al pericolo, bisogna restare umani, e nella misura del possibile ispirarsi alla dottrina cristiana ».
« La nostra Chiesa è tradizionalmente disposta a fare tutto ciò che le è possibile per riparare i torti, calmare le passioni, ricordare ciò che è stato dimenticato, insegnare la verità e donare la consolazione della speranza. Essa s'impegna perché l'eroismo divenga umanità, perché la forza divenga nobiltà d'animo, perché ognuno, quale che sia la sua appartenenza, ragioni con la sua testa, perché le convenzioni internazionali siano rispettate e, soprattutto, per la nobile disposizione cristiana al perdono, perché l'onore e il buon nome del popolo a cui apparteniamo e della fede che noi confessiamo non siano sporcati, e soprattutto perché il cuore dell'uomo non abbia macchie di fronte a Dio », recita il comunicato.
La Chiesa Ortodossa serba sottolinea di essere « pronta a fare tutto ciò che è necessario perché tali scene in guerra non si ripetano da nessuna parte ».
« Noi non lo diciamo per mettere in evidenza tutte le vittime serbe ed ortodosse di questo recente e terribile conflitto. Non vogliamo approfittare di questa occasione per ripetere all'infinito i martìri indescrivibili della Bosnia dell'est, o dei villaggi di Srebrenica : Gostilje, Oparac, Ratkovic, Brezani, Krnjici, Zalazje... Eppure, tutto ciò è successo nell'estate del 1992, nel comune di Srebrenica, come il funesto principio del terribile martirio subìto dalle due parti. Non bisogna vendicarsi per questi martìri né servirsene per giustificare gli omicidi inumani commessi a sangue freddo dagli Scorpioni. Bisogna invece comprendere una volta per tutte che l'infernale catena delle morti è costituita dall'odio e dalla vendetta e che esiste un solo modo di rompere questa catena: il rispetto e la memoria di tutte le vittime, la preghiera sincera per tutti coloro che, innocenti nella maggior parte dei casi, sono periti qui e in tutte le altre regioni in guerra », afferma la Chiesa.
Essa fa un appello affinché «si fermi il conteggio delle colpe, così che il martirio degli innocenti non diventi pretesto per nuovi crimini; si fermi l'abuso delle tragedie personali per obiettivi politici, mediatici o d'altro tipo, indegni dell'uomo; si fermino i montaggi e la propaganda, le insinuazioni sottintese e le facili accuse di parte, per evitare di far sentire questa voce inumana, quella degli Scorpioni, che ridono davanti alla paura e all'impotenza dell'altro »...
Il comunicato evidenzia che « nessuna persona normale ha intenzione di negare la sua parte di responsabilità per gli avvenimenti dell'ultima guerra », ma anche che «la Chiesa Ortodossa serba non è un'istituzione giudiziaria».
«Noi non siamo qui per giudicare e condannare, ma per pregare per la salute delle anime, perché nessuno commetta dei crimini, e non si arroghi questo orribile diritto di prendere la vita altrui. È sempre stato così. Ricorderemo a tutti quelli che non lo sanno che dopo la Prima Guerra Mondiale tutti gli ufficiali dell'esercito serbo sono stati privati della comunione per sette anni, i sottufficiali per quattro anni e i soldati semplici per due anni. Anche se questa guerra è stata da tutti interpretata come una guerra di difesa e di liberazione, il fatto che essi fossero obbligati a fare la guerra e a privare altri della vita era sufficiente per esigere il pentimento e per l'esclusione canonica. Prima di partire per la guerra i nostri guerrieri dell'epoca, dalle reclute ai generali, pregavano con i preti della Chiesa Ortodossa serba per la salute delle loro anime, accettando la partenza per la guerra come un sacrificio, coscienti del grande peccato che rappresentava il combattere contro il nemico che li attendeva, coscienti del fatto che avrebbero potuto morire o, ancora peggio, uccidere i soldati del nemico. Ciò fa parte delle antinomie della guerra, del paradosso irrazionale della guerra, delle situazioni impossibili a prevedersi e difficili da risolvere. Ogni guerra è un grande e terribile segreto. Tutti soffrono, quando la morte si muove nelle postazioni nemiche ».
La verità e i media
« È divenuto abituale che certi circoli domandino nei media che la Chiesa Ortodossa serba prenda immediatamente posizione su atteggiamenti e avvenimenti che non riguardano affatto la Chiesa e la sua missione. È stato così anche in questi ultimi giorni, quando tutta la società serba, costituita in maggioranza da credenti ortodossi, ha condannato severamente l'assassinio dei musulmani presi in ostaggio. La difficile esperienza degli anni passati ci ha insegnato che, invece di attenersi alle verità diffuse dai media, bisogna attendere per verificare la relazione cronologica e fattuale tra avvenimenti presentati insieme. Ciò è confermato dal modo in cui la registrazione della benedizione data da un prete ortodosso a un gruppo di persone in uniformi militari è stata associata alla registrazione dell'esecuzione dei poveri ostaggi musulmani », precisa il Servizio d'informazione della Chiesa ortodossa serba.
vedi anche:
Srebrenica: il prete che benediceva i massacratori
Srebrenica, l'evidenza dei fatti