Secondo giorno del processo all'Aja per Ratko Mladić. Si parla di Srebrenica e fuori dall'aula le madri e mogli delle vittime ricordano il massacro. Ma dopo questa due giorni i lavori del tribunale sono già sospesi
Rimandata a data da destinarsi la prima testimonianza del processo a Ratko Mladić. Lo ha confermato oggi il giudice Alphons Orie alla luce degli “errori significativi” commessi dall’accusa nel comunicare per tempo le prove a carico dell’imputato. “La Corte si esprimerà il prima possible, ma per ora i lavori sono sospesi sine die”, ha dichiarato Orie.
Secondo giorno di processo per l’ex generale serbo-bosniaco. Al centro dell'intervento dell’accusa il massacro di Srebrenica: le vittime sedute in galleria osservano in silenzio i filmati di quei giorni. Risuonano le parole di Mladić davanti a un pullman carico di rifugiati: “Now I am giving you your life as a gift”. E un brusio si diffonde spontaneo tra tutti i seduti.
Munira accarezza la mano di Hatida, che piange in silenzio.
“Vorrei ricordarvi perché siamo qui”, continua Peter Mc Closkey, avvocato dell’accusa, riportando la testimonianza di una donna di Srebrenica. La vittima era rimasta colpita da una statua vista all’Aja: una donna in attesa del suo marinaio, che forse non tornerà più.
Le aveva fatto pensare alle madri di Srebrenica che, come lei, avevano perso i loro figli in quei giorni di luglio o aspettavano ancora di sapere cosa fosse loro successo. 1.500 persone rimangono infatti disperse. “Questo è il genocidio avvenuto in Bosnia e non possiamo dimenticarlo”, conclude Mc Closkey.
Potenti le ultime parole dell’accusa: “Sebbene l’imputato rimanga presunto innocente fino alla sua condanna, chiedo alla Corte di fare chiarezza sulle responsabilità di Mladić e di fornire al popolo bosniaco – musulmano, croato e serbo – la verità che attende”.
Il silenzio della galleria sa esprimere un sostegno ancora più convinto di quanto non possa fare un applauso.