Il primo novembre la tettoia della stazione di Novi Sad - recentemente ricostruita da ditte cinesi - è crollata provocando 14 morti e decini di feriti. Migliaia di cittadini sono scesi in piazza, dando vita a proteste anche violente
Venerdì primo novembre, poco prima di mezzogiorno, la tettoia esterna della stazione di Novi Sad è crollata, travolgendo le persone che si trovavano sotto di essa. Il bilancio è stato tragico, 14 morti, oltre 30 feriti, tre dei quali ancora in condizioni critiche.
In Serbia è stato proclamato il lutto nazionale. Nei giorni seguenti, proteste anche violente si sono verificate sia a Belgrado che a Novi Sad in quella che sembra poter esser una nuova ondata di malcontento in tutta la Serbia.
Il crollo
I motivi del crollo della tettoia devono esser ancora appurati. La stazione di Novi Sad era stata recentemente ristrutturata grazie ai fondi ottenuti dalla Cina nell’ambito della Belt and Road Initiative, ovvero la nuova Via della Seta.
La stazione, la cui ricostruzione era iniziata nel 2021, era stata aperta nel 2022 , durante la campagna elettorale, dai presidenti di Serbia e Ungheria Vučić e Orban, per poi essere chiusa di nuovo affinché i lavori potessero esser completati. La struttura è stata finalmente aperta al pubblico a luglio di quest’anno.
I lavori di ricostruzione della ferrovia e della stazione erano stati affidati al consorzio di ditte cinesi composto dalla Chinese Railway International Company (CRIC) e la Chinese Communications Construction Company (CCCC) e, a quanto pare, subappaltati ad una ditta locale. La supervisione dei lavori era stata affidata ad una ditta ungherese.
Il consorzio cinese subito dopo il crollo ha spiegato che la ricostruzione della tettoia non faceva parte dei lavori che erano stati affidati a loro, versione però smentita da un consulente che aveva lavorato sui materiali della ricostruzione . La stazione era stata costruita nel 1964 e sarebbe alquanto singolare se la tettoia fosse stata esclusa dai lavori di ricostruzione.
Va detto che numerosi aspetti dell’intero processo di ricostruzione della stazione non sono accessibili al pubblico. Già a gennaio 2024, un portale di Novi Sad aveva chiesto informazioni sulla ricostruzione della stazione, ma il Ministero delle Costruzioni, Infrastrutture e Trasporti aveva respinto tale richiesta dicendo che il contraente, cioè il consorzio cinese, non era d’accordo che gli elementi del contratto così come le informazioni relative al contratto fossero rese pubbliche a parti terze.
Tale risposta però era in apparente violazione della legge sull’accesso all’informazione, come fatto notare dall’ex garante Rodoljub Šabić, il quale ha spiegato che la legge limita ad alcuni casi ben precisi le situazioni in cui le informazioni non possono esser rese pubbliche. E tra questi casi certamente non rientra la volontà del contraente: “Non siamo mica una colonia” aveva detto Šabić in tempi non sospetti.
Chi è responsabile?
La sera stessa del crollo, il presidente Vučić rivolgendosi all’intero paese ha chiesto che sia la procura di Novi Sad che il governo individuassero le responsabilità politiche e penali e che i responsabili venissero portati a processo e puniti severamente.
Pochi giorni dopo, martedì 5 novembre, a fronte dello scontento che stava montando nel paese, il Ministro delle Infrastrutture Goran Vesić ha presentato le sue dimissioni tra le lacrime, dichiarando di non avere alcuna responsabilità nell’accaduto, ma che essendo una persona responsabile si era sentito in dovere di dimettersi.
Vesić ha spiegato che gran parte delle decisioni prese dal suo dicastero precedevano il suo mandato e che il Ministero aveva solamente il compito di finanziare l’opera. Sarà il compito della procura quindi, secondo Vesić, determinare perché la tettoia non fosse stata ricostruita. Le dimissioni di Vesić sono state presentate al primo ministro Vučević la sera stessa del crollo, non è escluso quindi che le dimissioni siano state presentate su pressione del presidente Vučić stesso, come ha speculato il giornale Danas .
La procura ha immediatamente aperto un’indagine e nei primi giorni ha ascoltato oltre quaranta testimoni: lo scopo sarà quello di accertare le responsabilità e soprattutto se la tettoia fosse stata ricostruita o meno. Bisognerà vedere se la procura potrà condurre le indagini senza interferenza alcuna e se le indagini porteranno ad accertare tutte le responsabilità delle morti.
I dubbi in questo caso sono d’obbligo visto che troppi casi importanti del recente passato serbo sono tuttora irrisolti.
“Un crimine non una tragedia”: le proteste diventano violente
La rabbia dei cittadini e la sfiducia nei confronti delle istituzioni si sono manifestate già domenica 3 novembre quando alcune centinaia di manifestanti, hanno protestato prima davanti al palazzo del primo ministro e poi di fronte al Ministero delle Infrastrutture.
Lo slogan “un crimine, non una tragedia” puntava il dito sulla corruzione e mancanza di trasparenza delle istituzioni come cause indirette del crollo. I manifestanti, con le mani coperte di vernice rossa, hanno lasciato le loro impronte di fronte ai palazzi delle istituzioni prima di disperdersi.
Un’altra protesta si è tenuta a Novi Sad, martedì 5 novembre. La protesta ha visto un’enorme partecipazione da parte della popolazione della città ed è stata trasmessa in diretta dalla televisione N1.
Il timore era che le proteste potessero diventare violente o che potessero esser strumentalizzate. Nel corso della giornata, l’ex primo ministro del governo della Vojvodina, Bojan Pajtić aveva segnalato che il SNS stava distribuendo mazze da baseball a gruppi di tifosi, con il chiaro intento di causare disordini. Nel frattempo, in città, la sede del SNS era stata attaccata con vernice rossa e pietre che avevano infranto alcuni vetri.
La manifestazione è iniziata alle 18 in un clima di tensione. Ben presto il municipio di Novi Sad è diventato bersaglio di lanci di bottiglie e vernice rossa. Nelle fasi iniziali alcuni consiglieri municipali hanno cercato di entrare per presentare le proprie richieste, ma man mano che il tempo è passato, hanno desistito.
Nel frattempo, un trattore ha rimorchiato una cisterna e ha scaricato liquami di fronte al municipio in segno di disprezzo per la leadership municipale, che a detta di molti partecipanti avrebbe già dovuto dare le dimissioni.
La situazione è poi peggiorata col passare delle ore quando sono comparsi dei gruppi di giovani incappucciati e mascherati che hanno sistematicamente rotto tutte le finestre del primo piano dell’edificio, divelto le telecamere di sorveglianza e utilizzando spranghe e scale prese da un cantiere vicino hanno cercato di sfondare le porte.
La polizia barricatasi all’interno ha reagito lanciando qualche lacrimogeno e spray urticante. Altre unità della polizia antisommossa stazionata in un cortile lì vicino non è intervenuta.
Come riscontrato dai giornalisti di N1 e Radar presenti alla scena , questo sembrava uno scenario già visto e che i gruppi di violenti fossero stati mandati lì apposta per creare il caos. Nel frattempo ad alcune centinaia di metri dalla zona dove erano in corso gli incidenti, la polizia fermava alcuni degli organizzatori della protesta. La gran parte dei cittadini, vista la piega violenta della manifestazione si è pian piano allontanata dalla piazza.
Alla fine della serata, lo stesso presidente Vučić si è recato a Novi Sad visitando la sede del partito danneggiata nel corso della giornata. Alcuni cittadini di Novi Sad hanno filmato dei teppisti che all’arrivo di Vučić hanno interrotto la loro azione e si sono diretti verso la sede del partito.
Di fatto l’arrivo del presidente della Serbia ha coinciso con la fine delle violenze. Il giorno dopo la procura di Novi Sad ha comunicato di aver arrestato 9 persone e si stava cercando un’altra persona.
Ulteriori proteste
Il giorno dopo le polemiche infuriano con i tabloid vicini al governo ad attaccare i leader dell’opposizione per i danni causati e la stampa indipendente a dimostrare come in realtà le violenze fossero state organizzate dal governo stesso. Ulteriori proteste sono annunciate per i prossimi giorni a Belgrado con le stesse richieste presentate a Novi Sad.
Il clima ricorda quello dopo le stragi nella scuola Ribnikar di Belgrado, il 3 maggio 2023 e di Mladenovac il giorno dopo, quando il governo venne accusato di aver creato le condizioni che permisero le due stragi ed in seguito vi furono delle proteste che durarono mesi fino a portare alle elezioni straordinarie del dicembre scorso.
A poco più di un anno di distanza da quegli episodi, non è da escludere un altro autunno caldo in Serbia.