Proprio nel momento di chiusura della fase istruttoria del processo più lungo della storia giudiziaria internazionale, il giudice che presiede la troika impegnata nelle udienze contro Milosevic si dimette. E adesso?
Scrive Ljubica Zubica
Mentre all'Aia, presso la Corte internazionale di giustizia, è in atto una forte polemica sul muro divisorio in costruzione in Cisgiordania, quasi in sordina, quanto meno sui media italiani, è passata la notizia delle dimissioni per motivi di salute di Richard May, 65enne presidente del consiglio dei giudici che all'Aia guidano il processo contro l'ex presidente della Serbia Slobodan Milošević.
Da molti è stato definito il processo del secolo, ma anche quello più lungo della storia giudiziaria internazionale. Il processo contro Slobodan Milošević, accusato di genocidio, crimini contro l'umanità e violazione delle leggi di guerra, comprendente 66 capi di accusa, è iniziato due anni fa, il 12 febbraio 2002. Ha terminato la presentazione delle accuse riguardanti il Kosovo l'11 settembre 2002, e subito dopo, il 26 settembre, sono iniziate quelle riguardanti la Croazia e la Bosnia Erzegovina.
Per questa settimana era prevista la chiusura della fase dedicata all'accusa, dopo di che è programmata una pausa di tre mesi per dare modo alla difesa di prepararsi. Quest'ultima avrà poi diritto a due anni, tanti quanti ne ha avuti l'accusa, per addurre le prove e ascoltare i testimoni.
Tuttavia le precarie condizioni di salute di Milošević hanno fatto slittare alla prossima settimana (forse) la chiusura dell'istruttoria.
Nei due anni della fase istruttoria sono stati ascoltati circa trecento testimoni, tra i quali, l'ultimo premier jugoslavo, Ante Marković, il quale ha cercato di porre l'ex presidente serbo alle strette, sostenendo che lo scontro in Slovenia fu un'aggressione vera e propria. L'ex premier nell'ottobre 2003 aveva pure confermato l'incontro tra Tudjman e Milošević nel '91 a Karadjordjevo, volto a trovare un accordo per la spartizione della BiH.
Oltre a Marković, sul banco dei testimoni "eccellenti" si sono seduti anche l'ex generale della NATO, Wesley Clark, Philippe Morillon, il generale francese a capo dei caschi blu dell'ONU durante la guerra di Bosnia e l'attuale presidente della Croazia, Stjepan Mesić.
Il processo contro Milošević è stato interrotto, fino ad ora, 14 volte e si considera che a causa dei motivi di salute dell'imputato si siano persi circa 100 giorni di lavoro.
Ora, la notizia battuta dalle agenzie di ieri pone l'accento sulle dimissioni del sessantacinquenne giudice britannico Richard May. Secondo la procedura legale del tribunale internazionale, il giudice che presiede il processo può assentarsi e venire sostituito al massimo per cinque giorni lavorativi. May è già stato rimpiazzato per tre volte dagli altri due giudici, il giamaicano Patrick Robinson e il sudcoreano O-Gon Kwo. Le dimissioni di May dovrebbero valere a partire dal 31 maggio prossimo, mentre la data prevista per la ripresa dei lavori del processo era prevista per il 19 maggio.
La polemica che si è alzata in questi giorni, riguarda la sostituzione del giudice May e la possibilità che il processo ricominci da capo. Il quotidiano belgradese "Blic" titola nell'edizione odierna "Processo Milošević dall'inizio?", alludendo alla possibilità di ricominciare da capo l'intero processo. Più contenuta, invece, l'apertura del quotidiano "Danas": "Slobodan Milošević non può bloccare l'intero procedimento legale".
La polemica verte sulla possibilità legale dell'imputato di rifiutare la nomina di un altro giudice, il quale dovrebbe, nel frattempo, istruirsi leggendo le 30.000 pagine di trascrizioni relative alla fase di accusa già svolta e le migliaia di documenti che sono stati addotti come prove materiali.
Immediatamente si è fatto sentire l'avvocato belgradese che guida il team legale di Milošević, Zdenko Tomanović. Quest'ultimo ha ribadito che "se il giudice deve abbandonare il caso, l'accusato ha il diritto di richiedere che il procedimento ricominci da capo".
Se da un lato è vero quanto afferma il legale di Milošević, dall'altro, però, va tenuto in considerazione il fatto che l'imputato non può bloccare l'intero processo. Secondo le regole del tribunale dell'Aia, se un giudice non è in grado di seguire il processo, allora il presidente del Tribunale può nominare un altro giudice e proseguire il processo dove è stato interrotto, ma "solo su accettazione dell'imputato".
Se quindi questo potrebbe dare una chance a Milošević, il quale aveva dichiarato precedentemente che la difesa durerà anni, al fine di demolire le prove addotte a suo carico, è vero che tale scappatoia potrebbe essere infranta dalle disposizioni dell'Aia, secondo le quali, "nell'interesse della giustizia", è prevista pure una procedura, che consente la continuazione del procedimento in corso senza l'accettazione dell'imputato.
Al di là delle questioni sulla sostituzione del giudice May, la domanda che si pongono in molti è se Milošević riuscirà a fuggire all'accusa di genocidio. Nonostante le numerose prove contro il principale accusato dell'Aia, è molto probabile che il procuratore non riuscirà a dimostrare tale accusa.
Il commentatore dell'International War and Peace Reporting (IWPR), Chris Stephen, lo scorso dicembre, prima della prevista pausa invernale del processo, scriveva: "per quanto sia terribile, la pulizia etnica non è genocidio". In effetti potrebbe essere mostrato che si è trattato di spostare la popolazione non serba dalle zone occupate dai serbi ma non di ucciderla intenzionalmente. Così, anche i campi di concentramento, provati, possono essere mostrati dalla difesa come non intenzionalmente campi di sterminio della popolazione non serba.
Anche il più scandaloso dei crimini, ossia il massacro di Srebrenica, non è ancora stato addotto come comprovante l'accusa di genocidio. Milošević potrebbe essere accusato di complicità nel genocidio, ma non direttamente relazionato ad esso.
Se da un lato possiamo dare per scontato che l'ex presidente jugoslavo passerà i suoi giorni in cella, mentre è ancora da vedere se sfuggirà all'accusa di genocidio, un'altra questione si pone: il processo morale presso l'opinione pubblica.
Se per alcuni Milošević è un criminale di guerra (ricordiamo che a Belgrado è accusato anche dell'omicidio di Ivan Stambolić e del tentato omicidio di Vuk Drašković, il cui processo è in corso in questi giorni), per altri rappresenta ancora un eroe, seppur fallito per non essere riuscito nell'intento del progetto di una grande Serbia. E la sua candidatura alle ultime elezioni serbe in qualche modo lo ha dimostrato (qualcuno in Serbia ha interpretato le dirette del processo dall'Aia trasmesse da B92, come una sorta di comizi elettorali di Milošević rivolti al pubblico locale).
Così che la Serbia del post 5 ottobre 2000, data della caduta di Milošević, sembra ancora rimanere divisa tra le due opzioni di cui sopra.