La pagina del quotidiano Politika del 6 ottobre 2000

La pagina del quotidiano Politika del 6 ottobre 2000

La Serbia ad un anno dalla caduta del regime di Slobodan Milošević. La situazione economica, la politica del nuovo corso e lo shock della transizione. Nostra analisi

05/10/2001 -  Luka Zanoni

Esattamente un anno fa il 5 ottobre 2000 veniva consacrata la definitiva caduta del regime di Slobodan Milošević, che per circa 13 anni era riuscito a mantenere il controllo sulla Jugoslavia, isolandola dal contesto internazionale e conducendola attraverso cruente guerre che hanno ridotto la popolazione e il paese ad una pesante situazione di povertà sia materiale che culturale e sociale.

Come ricorda Zagorka Golubović, una delle intellettuali più note di tutta quanta la Jugoslavia, in una recente autobiografia, "In quei giorni andai alle dimostrazioni prefissate. Come anche ogni volta precedente, desideravo che vi fossero insieme molte donne e molti uomini, non immaginando che sarebbe stato il più numeroso e il più grande meeting di tutti i tempi". Ma, racconta ancora Golubović, nel bel mezzo alla folla, "vedevamo il fuoco e il fumo che usciva dal Parlamento e una voce si alzò - il popolo ha conquistato il Parlamento. Chi abbia appiccato il fuoco e chi fossero gli hooligans che hanno buttato all'aria le cose del palazzo, ancora oggi non lo so. Poco dopo si è sentito: 'è stata occupata anche la Televisione' che anch'essa bruciava, e poco più tardi sentii dalla 'televisione liberata' che Velja Ilić (sindaco di Čačak, che in quei giorni guidò una colonna di buldozer nelle piazze di Belgrado, N.d.T.) era entrato nel palazzo della televisione con i buldozer. Dopo di che le cose si susseguirono come in un film: uno dopo l'altro i canali della TV si sono liberati. Già verso le ore 19.00 si poteva sentire: 'Qui la libera tv della Serbia', 'Trasmettiamo dal liberato Studio B', ecc. Una massa di circa un milione di persone da tutta la Serbia festeggiava la vittoria cantando e giocando per le vie di Belgrado .... Quella fu la prima volta che vidi dal vivo la 'rivoluzione'. Che per fortuna si risolse senza sangue, cosa incomprensibile se si pensa alla presenza di una tale massa di persone compresse in un così piccolo spazio e cariche di una rabbia paurosa" (Z. Golubović, Živeti protiv struje, pp. 124-125, Krug, Beograd 2001).

Eppure, per chi è stato di recente a Belgrado, ad un anno dalla folla in piazza, dalle fiamme sul Parlamento, dai bager minacciosi nelle strade, dai pugni alzati di Otpor e dalle scritte sui muri "Gotov je", ha visto svanire tutte queste tracce cariche di entusiasmo e vitalità, di cui ci parla la professoressa Golubović. I segni della rivoluzione sono stati riassorbiti dagli aumenti dei prezzi, dalla crisi morale e dalla pressoché assenza di sostanziali cambiamenti, nell'altalena della lotta per il potere. Coloro i quali erano fermamente contrari al vecchio regime, che hanno optato per il cambiamento, ma che al contempo guardano ancora con sospetto e timore al nazionalismo serbo, sono piuttosto delusi e purtroppo ancora non vedono la reale possibilità di un radicale mutamento. In loro c'è la convinzione che la metamorfosi debba essere sociale, ma per far sì che ciò accada è anche necessaria una discreta stabilità economica. In questo momento si sta piuttosto spingendo per un innalzamento dei livelli ai cosiddetti standard europei, ma ciò riguarda esclusivamente i prezzi e le spese, in netta disparità nei confronti delle paghe e degli stipendi. Mentre la consapevolezza della gente è che quello che ancora manca sono sostanziali cambiamenti, di quelli che si toccano con mano, di quelli che soddisfano i lavoratori e non li costringono a scioperare continuamente, di quelli che fanno vivere dignitosamente il pensionato o la famiglia con i suoi bambini. Alcuni analisti confermano ciò che l'opinione pubblica lamenta per le strade, ci sarà un autunno caldo per la Serbia e ci potranno essere scontri sociali se la situazione economica non migliorerà. Ma anche il ministro delle finanze serbo ammette una certa preoccupazione per una inevitabile recessione, dopo quanto accaduto negli Stati Uniti l'11 settembre.

Il bilancio economico

La stampa jugoslava in questi ultimi giorni ha pubblicato parecchio materiale riguardante l'anniversario della "rivoluzione", tratteggiando una sorta di bilancio ad un anno dall'insediamento del nuovo potere. Quasi tutti gli articoli e gli editoriali scritti su questo argomento concordano sul fatto che si è aperto un nuovo capitolo per la Jugoslavia, ma l'insoddisfazione di buona parte dei cittadini è ancora piuttosto alta. Mentre la più scomoda domanda che aleggia sulle pagine dei giornali si può sintetizzare in "cosa ha fatto il nuovo potere fino ad ora?".

In effetti occorre notare, come acutamente scrive Dimitrije Boarov, che dal punto di vista economico si possono numerare diversi elementi di novità rispetto al passato. Ovvero, il "ritorno al mondo" da parte della FRJ, con il ritorno nelle istituzioni economiche e finanziarie internazionali. "L'importanza di tale straordinariamente rapido (purtroppo ancora parziale) ritorno nei corsi e nelle istituzioni economiche e finanziarie mondiali, come fino ad ora anche il sostegno finanziario diretto che si potrebbe stimare in circa 300-400 milioni di dollari e la facilitazione indiretta della posizione finanziaria che raggiunge i due miliardi di dollari, da noi si capisco poco, e si accettano ancora meno adeguatamente". Ma, continua Boarov, "Naturalmente l'aiuto e' stato minore di quello che ci
si aspettava, ma la cosa ancora più imbarazzante è che è stato minore anche di quello "estremamente necessario" e pianificato". Il redattore di Vreme rigetta inoltre la tesi del "condizionamento internazionale", perché quasi tutti i paesi del mondo si trovano in questo cosiddetto condizionamento, e allo stesso tempo respinge l'altra tesi politica secondo la quale il mondo nell'ultimo anno avrebbe investito molto meno nella Jugoslavia democratica rispetto ai danni che le ha inflitto con le sanzioni pluriennali verso Milošević e con il bombardamento della NATO". Secondo Boarov non bisognerebbe torcere troppo il naso su un pacchetto di sostegno mondiale che "è composto per quasi un quarto da aiuti non rimborsabili e per più di tre quarti da prestiti vari e accordi di credito". "È molto più importante cercare di portare veramente nel paese la maggior parte degli aiuti e degli investimenti promessi".

Altro dato preoccupante riguarda poi il debito internazionale che si aggira attorno ai 13 miliardi di dollari e ciò, sempre secondo Boarov, diminuisce il successo del nuovo potere ed in particolare del vice presidente del governo federale Miroljub Labus, che è anche membro del gruppo di economisti G17 plus.

Lo shock della transizione

Al secondo posto sul lato positivo del bilancio economico annuale occorre segnare l'aumento delle riserve delle valute estere dello Stato, cosa che ha consentito la stabilizzazione del cambio del dinaro nei confronti della moneta mondiale. Ed anche se molti ritengono svantaggiosa la cosa dal punto di vista delle esportazioni serbe, sottolinea Boarov che è oltremodo necessario non sottovalutare l'importanza della stabilizzazione della moneta locale. "In un paese che ha una dolorosa esperienza di iperinflazione e di transazione ritardata, nel quale nulla è stabile - dal posto di lavoro al posto in parlamento - almeno il denaro deve essere completamente stabile per un certo periodo, in modo tale che tutti possano almeno valutare cosa hanno e cosa non hanno, e che le nostre banche e le nostre imprese per una volta possano misurarsi con le proprie spese e possano valutare cosa di tali spese possono, e cosa invece non possono, fare ricadere sui compratori ecc".

Un'altra innovazione riguarda poi la liberalizzazione dei prezzi e la regolazione dell'attività economica con l'estero, che ha reso possibile "una elementare regolarizzazione della disparità fra i prezzi dei diversi prodotti, ma ovviamente sul livello più alto dei prezzi". Da qui ne deriva anche lo shock della transizione e alcune cifre ci possono essere d'aiuto per comprendere il disorientamento e le materiali difficoltà in cui versa buona parte della popolazione. "Tali liberalizzazione e deregolamentazione hanno messo a nudo l'immagine della povertà della popolazione, alla quale ci ha portato il regime di Milosevic. Anche se è impossibile giungere a un indicatore completamente autentico e sintetico dello standard di vita della popolazione, si può comunque cominciare una descrizione della situazione sociale in FRJ col così detto "prezzo del paniere dei generi di prima necessità", che comprende 65 prodotti indispensabili per l'esistenza mensile di una famiglia di quattro persone. Secondo l'ultimo dato disponibile dell'Istituto federale per le statistiche, quello del mese di agosto del 2001, tale "paniere di generi di prima necessità" mensile è costato 11.623 dinari (circa 380 marchi tedeschi), un dato del tutto accettabile secondo le misure europee. Ma un'altra storia è che ciò contemporaneamente significa che per la sopravvivenza di una famiglia sarebbe necessario guadagnare circa due stipendi medi mensili. Semplicemente, anche le famiglie di quattro persone nelle quali lavorano due persone (e tali famiglie in Serbia sono meno della meta') non possono ancora assicurarsi abbastanza soldi per un livello standard di sussistenza. E' inoltre difficile immaginare come vivano le famiglie piu' numerose dove non ci sono persone occupate, o nelle quali solo una persona che lavora, oppure ancora che vivono della pensione del membro più anziano - caso frequente in Serbia.

E' interessane notare come il paniere del consumo in prezzi stranieri, cioè in valuta straniera, sia notevolmente aumentato nell'ultimo anno. Mentre nel luglio dell'anno scorso il prezzo di tale paniere era di 227,30 marchi tedeschi (lo stipendio medio era allora di 127,83 marchi tedeschi), nel luglio di quest'anno il suo prezzo era di 370,12 marchi tedeschi (mentre lo stipendio medio e' di 186,61 marchi tedeschi). Tuttavia, poiché il cambio del dinaro, che è di circa 30:1 rispetto al marco tedesco, è rimasto pressoché immutato nell'ultimo anno, è possibile che sia esatta l'affermazione del Governo serbo secondo cui lo standard di vita è aumentato di circa il 7% - perché l'anno scorso per il paniere bisognava dare 2,3 di stipendi medi, mentre adesso ne bastano solo due. Ma si tratta solo di statistiche, che non sollevano la situazione della popolazione. La liberalizzazione dei prezzi ha messo a fuoco anche il quadro del precedente "saccheggio" del settore alimentare in Serbia e del pesante sfruttamento dei villaggi e dei contadini, dai quali i cittadini a bassa produzione hanno tratto pochi vantaggi. Tutto questo ora lo si vede dagli aumenti delle spese alimentari. Va infatti notato che di fronte a un aumento nominale degli stipendi nell'ultimo anno di circa l'83% (dai 3.051 dinari del mese di luglio del 2000 ai 5.581 del luglio 2001) il latte è aumentato del 248%, il pane del 352%, la farina del 134%, la pancetta del 132%, il lardo del 154%, l'olio commestibile del 212%, lo zucchero del 380%, ecc. Quando a questi drastici aumenti si aggiunge anche un aumento delle spese condominiali (luce, riscaldamento, acqua, rifiuti, ecc.) di circa il 200%, e si prende in considerazione che anche le entrate in bilancio (tasse e contributi) sono aumentate di oltre il 200%, si può comprendere meglio di quanto non consentano i conti preventivi standard del rapporto fra i prezzi e gli stipendi lo "shock della transizione" che ora sta scuotendo la Serbia (tutte le citazioni di Dimitrije Boarov sono tratte dal suo "Moglo je i bolje i gore", Vreme, 28 settembre 2001. La traduzione italiana dell'intero articolo è disponibile sul sito di Notizie Est).

Il bilancio politico

Anche dal punto di vista politico possiamo dire che ci sono stati cambiamenti, tuttavia, ad un anno di distanza le liti interne nella coalizione DOS, così come le irrisolte relazioni tra le due componenti della Federazione, ossia la Serbia e il Montenegro, unitamente alla incertezza riguardante le imminenti elezioni in Kosovo (previste per il 17 novembre prossimo), non sembrano procurare quella desiderata stabilità che è necessaria al paese per avanzare nelle riforme.

A fatica si trovano intese circa l'applicazione di una legge anti-corruzione. L' omicidio di Momir Gavrilović il 3 agosto di quest'anno ha prodotto l'uscita dal governo della DSS (partito di Koštunica) ed ha inoltre posto l'accento sulla corruzione nelle alte sfere della politica. Inoltre la polarizzazione della politica attorno ai due leader più popolari, Koštunica e Đinđić, apre lo scenario ad una certa instabilità della stessa coalizione. È presumibile che, nonostante le dichiarazioni di alcuni membri della DOS, la coalizione stessa sia sul punto di sfasciarsi. Da un certo punto di vista ciò sarebbe anche naturale, dal momento che la DOS vede riunite le più disparate idee politiche, che si sono coalizzate, il 5 ottobre del 2000, per un unico intento: scacciare Slobodan Milošević dal potere. Dalle varie dichiarazioni che gli uomini politici hanno rilasciato in questi ultimi giorni si possono notare sia un certo ottimismo riguardo la nuova situazione in Jugoslavia, che una vena critica per quanto non è ancora stato fatto. Il premier di Governo Đinđić ammette che "rispetto agli anni passati si è realizzato oggi un enorme progresso di questa società. Ed esso è uno spostamento chilometrico. Ma se proviamo a confrontarlo con il periodo che in arrivo, è stato fatto poco. La gente spera in qualcosa che deve arrivare e anche in relazione a ciò, quello che succede adesso è uno spostamento millimetrico" (Danas Vikend, 29-30 settembre 2001). Anche il suo rivale politico Vojislav Koštunica lamenta un ritardo circa i cambiamenti legislativi e l'apertura di un valido ambiente politico ed economico nel paese. Evidenziando che uno dei motivi di questo rallentamento è dato dalla mancanza di soluzione dei problemi che riguardano le relazioni tra Serbia e Montenegro. Dello stesso parere è anche il ministro degli esteri Goran Svilanović, che alla domanda "come commentate l'insoddisfazione della maggior parte dei cittadini, che è dovuta alle promesse pre elettorali non mantenute?", risponde: "I cittadini hanno assolutamente ragione. La costituzione della Serbia non è ancora stata fatta. La situazione col Montenegro non è ancora stata risolta e questo è uno dei principali motivi perché i cambiamenti non arrivano tanto in fretta. Non sappiamo ancora in che stato vivremo". Molte cose sono state fatte, continua Svilanović, soprattutto per quanto riguarda l'aspetto economico e l'organizzazione finanziaria. "Tuttavia, l'insoddisfazione dei cittadini è completamente giustificata, dal momento che prima del 5 ottobre, dagli uomini della DOS, hanno sentito una storia, mentre ora ne sentono una completamente differente" (ibid.).

Critiche al nuovo potere si sono levate anche dai membri del movimento Otpor che, con indosso una maglietta bianca con scritto "Siete troppo uguali", hanno consegnato una lettera (4-ottobre) ai membri della DOS presso il Parlamento della Serbia, con l'intento di rammentargli le promesse fatte durante la campagna elettorale. Nella lettera è scritto esplicitamente che "gli errori si fanno una sola volta e ciò senza ritorno", inoltre Otpor ricorda ai deputati che essere eletti significa essere responsabili e che nel loro pensiero e nel loro lavoro devono esserci i cittadini e lo stato, e non la lotta per il potere. Infine secondo i membri di Otpor "delle promesse fatte il governo ne ha mantenute otto, ma ne ha dimenticate sedici" (Danas, 5 ottobre 2001).