Le accuse contro i quattro generali serbi, sia della polizia che dell'esercito, mosse dal Tribunale de L'Aja hanno, con ogni probabilità, conferito l'ultimo colpo al già indebolito governo della Serbia
Le quattro nuove accuse per crimini di guerra che il Tribunale de L'Aja ha rivolto a Belgrado sono il colpo più forte che il governo serbo abbia ricevuto da suddetto tribunale, ma rappresentano anche un brutale messaggio che è giunto il tempo che la Serbia consegni a L'Aja il generale Ratko Mladić, l'incriminato comandante di guerra dell'esercito dei Serbi di Bosnia (1992-1995).
Il Tribunale de L'Aja per i crimini di guerra ha reso noto il 20 ottobre che la procuratrice generale di questo tribunale, Carla Del Ponte, durante la visita a Belgrado all'inizio del mese ha consegnato ai politici locali le accuse sigillate contro quattro generali serbi della polizia e dell'esercito.
Per la responsabilità del comando nei crimini contro gli albanesi in Kosovo (1998-1999) sono stati accusati i generali Nebojša Pavković, l'allora capo di Stato maggiore dell'esercito jugoslavo (1992-2002) e il comandante fino ad oggi in carica delle forze militari di terra Vladimir Lazarević.
Oltre a questi, per gli stessi crimini sono stati accusati anche due generali della polizia, Vlastimir Ðorđević, al tempo di Milošević capo della polizia, e Sreten Lukić, comandante delle forze di polizia in Kosovo (1998-1999) che è sopravvissuto al crollo di Milošević e col nuovo establishment ha assunto un'alta posizione come aiutante del ministro della polizia.
Il tentativo della Del Ponte di consegnare all'inizio di ottobre le accuse al premier serbo Zoran Živković ha suscitato la sua rabbia, e poi, secondo il suo più tardo riconoscimento, ha rifiutato di accogliere le accuse.
Dopo aver tolto il segreto sulle accuse il 20 ottobre la reazione del governo è stata ancora più veemente: il governo che fino ad ora si è sforzato di collaborare con L'Aja e due anni fa ha persino consegnato l'ex presidente jugoslavo Slobodan Milošević, ha accusato la Del Ponte di aver puntato un coltello alla schiena del governo, il quale si trova nella più profonda crisi della sua esistenza.
È stato un motivo sufficiente per far sì che il ministro della polizia Dušan Mihajlović, conosciuto come il patrono delle consegne dei cittadini serbi accusati, dichiarasse che non sarà certo lui quello che consegnerà i generali a L'Aja.
"L'eredità criminale ha rappresentato la difficoltà maggiore sulla strada delle riforme . Nella conduzione di dette riforme la mia mano destra è stata il generale Lukić" ha detto Mihajlović.
Il ministro ha chiamato il suo aiutante "eroe dell'operazione di polizia Sciabola", con la quale alla metà di marzo sono stati arrestati gli assassini dell'allora premier serbo Zoran Ðinđić.
Oltre a Lukić, per il governo serbo il più grosso problema è rappresentato dalla consegna del generale Lazarević, il quale viene considerato come il più meritevole perché l'esercito jugoslavo in Kosovo durante i due mesi di bombardamenti della NATO è riuscito a cavarsela con il minimo di perdite.
Da allora la sua autorità nell'esercito è enorme. Autorità che è meglio illustrata da una situazione risalente a circa due anni fa quando, come ha riferito all'Osservatorio sui Balcani un'importante fonte dell'esercito, Lazarević giunse in visita ufficiale all'allora presidente jugoslavo Vojislav Koštunica.
Perché, conferma la stessa fonte, Lazarević, credendo di trovarsi sulla lista degli accusati da L'Aja, aveva ricevuto informazione che sarebbe stato chiamato all'incontro con Koštunica per essere arrestato e deportato a L'Aja.
Per ciò giunse all'incontro nella presidenza jugoslava accompagnato da un centinaio di uomini armati, pronti ad opporre resistenza se fosse scattato l'arresto.
Invece, all'incidente non si giunse perché Koštunica non aveva alcuna intenzione di arrestarlo, ma è comunque rimasta una immagine poco chiara di come il generale potesse andare a far visita al presidente dello stato con un gruppo di specialisti armati.
Lazarević ha mantenuto la sua autorità nell'esercito fino a che non è stato destituito, quando questa estate è stato deposto dalla funzione in accordo con le riforme dell'esercito condotte dal ministro della difesa Boris Tadić.
La sua autorità simbolica, invece, non è compromessa, se si tiene presente che nell'esercito è in vigore un'opinione diffusa che considera Lazarević come il più grande eroe della guerra in Kosovo.
Nel momento in cui l'esercito conduce delle riforme piuttosto dolorose, grazie alle quali la maggior parte dei membri dell'esercito rimarrà senza lavoro, la consegna di Lazarević causerebbe sicuramente un effetto negativo per il governo.
Con Lukić la cosa si fa ancora più delicata: perché egli è ritenuto il più meritevole perché la polizia serba, ha chiuso un occhio sulla consegna di Milošević e dopo la sua caduta senza tanto rumore è rimasta fedele al nuovo governo.
Allo stesso tempo Lukić, del quale si parla come di un professionista di prima classe, personalmente ha catturato Zvezdan Jovanović, il tiratore che il 12 marzo ha ucciso il premier serbo Ðinđić.
Per i meriti in Kosovo Lukić è stato decorato da Milošević, finché il nuovo potere per la riuscita nella lotta contro la criminalità gli ha aggiunto un ulteriore alto riconoscimento.
Molti addentro alle cose della polizia credono che se Lukić venisse estradato, il governo perderebbe la fiducia della maggior parte della polizia che lo considera un'indubbia autorità.
Di ciò ne è cosciente anche il governo, il quale il 24 ottobre ha appoggiato una bizzarra protesta pubblica della polizia serba nella piazza centrale di Belgrado, sotto il titolo "meeting di sostegno a Sreten Lukić".
Un possibile retroscena delle accuse contro i quattro generali lo ha rivelato già lunedì Richard Prosper, ambasciatore USA per le questioni riguardanti i crimini di guerra.
Perché, Prosper il 20 ottobre ha dichiarato che se Belgrado consegnasse a L'Aja il generale Mladić, sarebbe possibile che i quattro generali venissero giudicati dal tribunale locale.
Benché il tribunale abbia smentito che si possa discutere di una tale operazione di commercio, la maggior parte degli esempi fino ad oggi hanno mostrato che esiste un'indubbia influenza dello State Department sul tribunale.
I poteri di Belgrado hanno capito il messaggio: il ministro degli esteri Goran Svilanović ha dichiarato il 22 ottobre che è necessario che il governo "si concentri" sull'arresto di Mladić.
"Ciò apre la possibilità per altri colloqui"ha detto il ministro.
Quindi, il generale serbo-bosniaco, accusato di genocidio nei confronti dei Bosgnacchi di Srebrenica (1995), è stato cercato il giorno stesso contemporaneamente in tre posti differenti: nella sua casa nel quartiere diplomatico a Belgrado, poi nella casa di sua sorella in un villaggio non lontano dall'abitazione serba, e anche in una ampia zona sul fiume Drina, sul confine tra la Bosnia e la Serbia.
È rimasto poco chiaro se la non riuscita azione per la cattura di Mladić sia stata seria oppure se è solo servito per manifestare all'Occidente il desiderio di Belgrado di arrestare, dopo Radovan Karađžić, il più ricercato incriminato dal tribunale dell'Aia.
Perché si valuta che la cattura di Mladić e la sua consegna sarebbero per il governo di Belgrado l'impresa più rischiosa di questo tipo fino ad ora condotta, persino più rischiosa dell'arresto di Milošević.
Perché, nonostante le accuse piuttosto motivate sulla sua responsabilità per la morte di settemila maschi bosgnacchi a Srebrenica, Mladić in Serbia gode del rispetto di un ufficiale patriota, e a maggior ragione, a differenza di Milošević e Karađžić, non è mai stato coinvolto in affari criminali e di corruzione.
Il governo, indebolito a causa dei numerosi scandali che gli hanno fatto perdere la fiducia dei cittadini e una stabile maggioranza parlamentare, ha sufficienti motivi per rimandare l'arresto di Mladić, il quale molto probabilmente si nasconde sul territorio della Serbia, per tempi migliori.
Ma le accuse contro i quattro generali sono il segno che un tempo migliore non ci sarà.
Il governo si è confrontato con la scelta di o arrestare Mladić e peggiorare ulteriormente il suo sottile sostegno fra i cittadini oppure, se consegnerà i generali, di rischiare un nuovo conflitto con l'Occidente e indebolire un'autorità nelle istituzioni del potere, cioè esercito e polizia, che ha conquistato con fatica.
È poco probabile che questo dilemma venga risolto nelle prossime settimane.
Il motivo di ciò è che i prossimi giorni il governo deve cercare di superare l'attuale iniziativa parlamentare per la sua caduta e tentare di rinforzare la vittoria del suo candidato alle elezioni presidenziali, che si terranno alla metà di novembre.
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