Il parlamento serbo sta entrando nella fase finale dell'approvazione di una legge sulle unioni dello stesso sesso. Ma il presidente Aleksandar Vučić, dopo non essere mai intervenuto sino ad ora sulla questione, ha recentemente dichiarato l'intenzione di non controfirmarla. Sconcerto tra chi sta lavorando per la sua approvazione e all'interno della comunità LGBT serba
“La Costituzione rimanda alla legge sulla famiglia che definisce il matrimonio come unione legalmente riconosciuta tra uomo e donna. Pertanto, non potrei mai firmare una legge sulle unioni omosessuali e quindi la rinvierei al parlamento”, ha dichiarato recentemente il presidente serbo Aleksandar Vučić. Il presidente ha precisato di aver già dimostrato come la pensa su questa questione “nominando Ana Brnabić come premier”, aggiungendo però di non essere “un fervente sostenitore” delle unioni omosessuali.
Vučić ha inoltre affermato che non gli importa come reagiranno gli oppositori e i sostenitori delle unioni tra persone dello stesso sesso, sottolineando che la Serbia deve diventare “un paese moderno e normale” senza però mai mettere in discussione l’ordine costituito.
La presa di posizione del presidente Vučić sulle unioni omosessuali, piuttosto inaspettata, ha suscitato parecchia confusione tra le persone LGBT, ma anche tra i membri del gruppo di lavoro che per mesi ha lavorato alla stesura della proposta di legge, e soprattutto tra i deputati della maggioranza che a breve dovranno esprimersi sul testo di legge. Una situazione tutt’altro che piacevole per la premier Ana Brnabić, dichiaratamente omosessuale, che ad oggi non ha commentato in alcun modo l’annuncio del presidente Vučić di non avere alcuna intenzione di firmare la legge sulle unioni tra persone dello stesso sesso.
Interpellata qualche mese fa dai giornalisti in merito ai ritardi nell’approvazione della legge sulle unioni dello stesso sesso, la premier Brnabić ha affermato : “Non posso rispondere, qualunque cosa io dica mi criticheranno, affermando che non sono oggettiva. Lascerò alla ministra competente il compito di occuparsi di questa problematica. Quando si parla di diritti umani, non ci sono opinioni oggettive e soggettive. Questo tema mi riguarda troppo da vicino e so già come verrebbe interpretato qualsiasi mio commento”.
Alla domanda su cosa si aspettasse dalla premier Brnabić, l’attivista per i diritti LGBT Predrag Azdejković ha risposto di sperare che la premier abbia condotto una campagna lontano dai riflettori per facilitare l’approvazione della legge sulle unioni tra persone dello stesso sesso.
“Spero sinceramente che il Partito progressista serbo (SNS) appoggi questa legge in parlamento e che [i suoi compagni di partito] le abbiano detto: ‘Ana, sorella, siamo con te’. Se la legge non dovesse essere appoggiata dalla maggioranza dei deputati, sarebbe uno scandalo senza precedenti”, ha dichiarato Azdejković.
La seconda “vittima” della presa di posizione di Vučić è la ministra per i Diritti umani e delle minoranze e per il dialogo sociale Gordana Čomić che considera l’approvazione della legge sulle unioni omosessuali come uno dei principali obiettivi del suo ministero.
“I diritti umani comprendono anche il diritto di vivere in un’unione omosessuale senza essere discriminati. Quindi, si tratta di [un valore] europeo, democratico, e credo che la Serbia sia pronta per questa legge”, ha affermato Gordana Čomić all’inizio di febbraio di quest’anno, aggiungendo che nell’elaborazione del disegno di legge sono stati presi in considerazione i migliori esempi presenti nel diritto comparato, nonché le leggi dell’UE e quelle vigenti in alcuni paesi dei Balcani.
Interpellata in merito ad un’eventuale resistenza degli ambienti conservatori e patriarcali contro la legge in questione, la ministra Čomić ha affermato di non temere assolutamente niente e nessuno. “Quelle persone hanno il diritto di esprimere la loro opinione, sono invitate a venire al ministero per i Diritti umani e delle minoranze per dialogare e confrontarci, per capire i motivi della loro resistenza e per sentire le loro proposte”, ha dichiarato Čomić.
Che la Chiesa ortodossa serba (SPC) fosse contraria alla legge sulle unioni omosessuali lo sapevano tutti, sicuramente anche la ministra Čomić. In un comunicato stampa recentemente diffuso dalla Chiesa ortodossa serba, si afferma che per la SPC la proposta di legge è inaccettabile perché “gran parte delle norme proposte è contraria all’insegnamento di Cristo e all’intera esperienza e prassi della Chiesa” che rappresentano “le fondamenta spirituali e morali” del popolo serbo, così come dell’intera “civiltà europea”.
“La resistenza” del presidente Vučić ha invece sorpreso molti, compresa la ministra Čomić, anche perché finora Vučić non è mai intervenuto sulla questione, nemmeno quando 212 intellettuali serbi hanno lanciato un appello , chiedendo, tra l’altro, che la proposta di legge sulle unioni omosessuali venisse bocciata perché – come sostiene anche Vučić – sarebbe contraria alla Costituzione.
Reagendo a questo appello, oltre 1600 esponenti del mondo accademico e intellettuale – tra cui molti ricercatori, artisti e giornalisti – hanno appoggiato la legge sulle unioni tra persone dello stesso sesso. “La legge dovrebbe riconoscere alle persone LGBT il diritto di amare e di essere amate, il diritto di costruire una vita insieme alla persona amata, il diritto di ereditare i beni appartenenti al proprio partner, quindi gli stessi diritti e doveri che spettano alle persone eterosessuali”, si legge in un comunicato stampa diffuso dai sostenitori della legge.
Resta però aperta la domanda cosa ne sarà della proposta di legge se Vučić dovesse rimanere fermo nella sua intenzione di non promulgare la legge.
Può accadere che la proposta di legge non arrivi nemmeno in parlamento. Occorre però sottolineare che Vučić poteva, volendo, bloccare o rallentare la stesura del testo legislativo prima che entrasse nella fase finale. Ma non lo ha fatto.
In teoria, il presidente può rifiutarsi di promulgare una legge approvata dal parlamento e rinviare la legge al parlamento per una nuova deliberazione, motivando tale decisione in forma scritta. Il parlamento deve esprimersi sulla legge rinviata nella prima seduta utile. Il parlamento può decidere di procedere comunque ad una nuova votazione. Se la legge viene approvata per la seconda volta, il presidente è obbligato a promulgarla.
Quindi, Vučić potrebbe passare “la patata bollente” al parlamento, uno scenario del tutto possibile, dato che il parlamento serbo ormai da tempo ha rinunciato ad esercitare le proprie prerogative previste dalla Costituzione. Si preannuncia dunque una situazione difficile, mai vista dall’arrivo di Vučić al potere nel 2012, una situazione in cui i compagni di partito del presidente Vučić potrebbero opporsi al suo volere e approvare la legge sulle unioni omosessuali, pur sapendo che Vučić si rifiuterà di firmarla. Nel parlamento serbo si è più volte assistito a scene decisamente bizzarre, per cui lo scenario sopra descritto non susciterebbe alcuna sorpresa: Vučić rimarrebbe “pulito” agli occhi dell’elettorato, la comunità LGBT sarebbe contenta e la Serbia otterrebbe un’altra legge in linea con la normativa europea.