La Serbia si è astenuta dal prendere una posizione ferma sulla guerra di Israele a Gaza, ma a Novi Pazar, nel sud-ovest del paese, le bandiere palestinesi sono ovunque
Originariamente pubblicato da BIRN, il 23 novembre 2023)
La strada principale di Novi Pazar, in Serbia, è piena di bandiere e sciarpe palestinesi.
“Non c’è un prezzo fisso”, spiega Senada Bogućanin, indicando le magliette esposte sulla sua bancarella raffiguranti la bandiera palestinese e il pugno chiuso come simbolo di resistenza. “Può sostenerci con una donazione libera, stiamo raccogliendo fondi per aiutare la Palestina. Dobbiamo stare al fianco del popolo palestinese”, afferma la venditrice ambulante.
È una frase che in questi giorni si sente spesso a Novi Pazar, città situata nel sud-ovest della Serbia e abitata perlopiù da bosgnacchi.
Lo scorso 2 novembre decine di migliaia di persone si sono riversate nelle strade di Novi Pazar per protestare contro la guerra lanciata da Israele a Gaza come rappresaglia per l’attacco di Hamas dello scorso 7 ottobre in cui sono stati uccisi 1.200 tra civili e militari israeliani e circa 240 persone sono state prese in ostaggio. Secondo il ministero della Salute di Gaza, controllato da Hamas, sono oltre 11mila gli abitanti della Striscia di Gaza uccisi dall’inizio delle ostilità negli attacchi aerei e nelle operazioni di terra dell’esercito israeliano.
Tra i partecipanti alla protesta del 2 novembre c’era anche l’attore Haris Šećerović, il quale ha invitato le persone radunate a “non dimenticare mai i civili e i bambini innocenti uccisi a Gaza e nel resto della Palestina”.
“Condanniamo ogni goccia di sangue innocente sparso. Un essere umano è un essere umano, a prescindere da dove si trovi”, ha affermato Šećerović.
Azra Šemsović, presidente dell’associazione delle donne “El-Nisa” e una delle organizzatrici della manifestazione, ha percepito la protesta come “uno specchio del dolore [provato dai cittadini di Novi Pazar] per quanto sta accadendo a Gaza”.
“Se non possiamo fare altro, almeno scendiamo in piazza per manifestare il nostro dissenso, preoccupazione e desiderio di fermare questo palese genocidio”, ha sottolineato Šemsović.
C’era chi sventolava le bandiere palestinesi anche durante una recente mezza maratona a Novi Pazar, mentre i canti “Palestina libera, libera” echeggiavano dagli spalti nel corso di una partita di calcio tra la squadra della città e il Partizan di Belgrado.
Per l’analista Teo Taraniš, tale reazione dei cittadini di Novi Pazar è tutt’altro che inaspettata.
“La popolazione locale, composta perlopiù da musulmani, è legata al popolo palestinese sia a livello religioso che emotivo”, afferma Taraniš.
Boicottaggio
Di fronte al conflitto tra Israele e Hamas, una parte della popolazione di Novi Pazar ha deciso di boicottare alcuni prodotti.
Sedute in un ristorante della città, Muhterema Culjković e una sua amica, anziché la solita Coca Cola, sorseggiano una limonata, volendo così evitare prodotti originari degli Stati Uniti, il principale alleato di Israele.
“Non sentiamo la mancanza di bibite popolari”, sottolinea Culjković, “perché il nostro senso di empatia è più forte di alcune delle nostre scelte [alimentari] insalubri. La limonata è sicuramente un’alternativa più sana”.
Enis Hamidović, direttore del ristorante, spiega di essere stato il primo a togliere dal menù quelli che definisce “prodotti sionisti”.
“Gli altri ristoratori ne sono venuti a conoscenza e hanno seguito il mio esempio”, afferma Hamidović, e aggiunge: “Sappiamo di essere una goccia nell’oceano e di non poter danneggiare gli affari altrui, ma almeno abbiamo dimostrato da che parte stiamo”.
Un’iniziativa trasversale
Anche le autorità locali si sono unite alla raccolta fondi per il popolo palestinese. Come spiega il sindaco di Novi Pazar Nihat Biševac, il comune ha aperto un conto corrente dedicato alle donazioni, decidendo anche di stanziare circa 21mila euro a sostegno della popolazione di Gaza.
Rasim Ljajić, ex ministro del governo serbo e fondatore del Partito democratico del Sangiaccato (SDP) che ormai da anni governa la città di Novi Pazar, sottolinea di non aver mai assistito a tale ondata di solidarietà, nemmeno durante la guerra del 1992-95 in Bosnia Erzegovina, dove persero la vita decine di migliaia di bosgnacchi.
“Sono ormai più di trent’anni che mi occupo di politica, ma credo di non aver mai visto prima tale valanga di emozioni ed empatia”, afferma Ljajić. “Quello che stanno facendo Israele e Benjamin Netanyahu è un crimine senza precedenti”.
Alcuni aiuti raccolti a Novi Pazar sono già giunti a Gaza.
“In soli dieci giorni ho raccolto 12mila euro e li ho subito inviati”, spiega la stilista e filantropa Selma Hasić Manić, sottolineando che non è facile far arrivare gli aiuti alla popolazione di Gaza. “Grazie però ad alcuni nostri amici e ad un’organizzazione che ha trovato una via […] gli aiuti stanno raggiungendo chi ne ha più bisogno. Con i soldi che inviamo vengono acquistati farmaci, ossigeno, prodotti per l'igiene, cibo e acqua, e poi vengono consegnati ai più vulnerabili”.
Senada Bogućanin, venditrice ambulante che abbiamo incontrato all’inizio del nostro reportage, si dice “estremamente felice” del fatto che anche gli abitanti di altre città della Serbia abbiano contribuito alla raccolta fondi.
Anche per Rasim Ljajić, la maggior parte dei cittadini serbi è al fianco del popolo palestinese, anche se il governo di Belgrado evita di assumere una chiara presa di posizione. “Solo chi è fatto di pietra può rimanere indifferente di fronte alla guerra a Gaza”, conclude Ljajić.