Nominato da pochi giorni il nuovo esecutivo serbo guidato da Aleksandar Vučić. Molte le sfide aperte per il nuovo governo, che a parole promette molto ma senza presentare programmi concreti
Non sono le riforme ad essere in discussione ma la capacità poi di applicarle, ha dichiarato recentemente il noto economista Vladimir Gligorov, proprio mentre nasceva il nuovo governo del premier Aleksandar Vučić. A questa succinta osservazione potrebbe essere ricondotta la maggior parte delle sfide con cui dovrà fare i conti il governo Vučić: discorsi fortemente orientati verso le riforme, ma senza chiari e concreti programmi per portarle a termine.
Come solitamente accade, le azioni concrete dei governi spesso si rivelano nei piccoli dettagli. Così il Partito progressista serbo (SNS) il weekend scorso ha rilasciato un comunicato col quale accusava la Radio televisione della Serbia (RTS, il servizio pubblico) di lavorare in modo sistematico contro il partito e contro Vučić. Il comunicato è stato diffuso un’ora prima della presentazione del nuovo governo, dove Vučić sottolineava il sostegno alla libertà dei media.
Le ragioni del comunicato del SNS vanno cercate nella partecipazione del caporedattore di un quotidiano locale ad un programma mattutino della RTS, durante il quale sono emerse critiche e punti di vista sul nuovo governo. L’SNS, in realtà, nel comunicato non ha precisato a quale trasmissione ci si riferisse, ma era comunque chiaro dal contesto. Le associazioni giornalistiche hanno bollato il fatto come un’evidente pressione sui media.
Tenendo conto di questo sorge spontanea la domanda se il partito di governo avrà lo stesso atteggiamento anche negli altri settori su cui promette riforme sostanziali, come l’economia e la giustizia, cioè se quanto dichiarato pubblicamente sarà poi drasticamente diverso da quanto poi messo in pratica.
Continuità
Politicamente parlando, il nuovo esecutivo è un governo di continuità, sia per la sua composizione sia per le idee che sostiene, e infine anche perché la parola decisiva spetterà ancora a a Vučić e all’SNS. Due anni fa erano state promesse rapide riforme e l’accelerazione dell’euro-integrazione. In quest’ultimo ambito sono stati fatti passi seri perché, con l’inizio dei negoziati diretti con il Kosovo, alla Serbia si sono dischiuse nuove prospettive. Progressi vi sono stati anche nella lotta contro la corruzione, ma ancora nessun caso rilevante è stato processato in tribunale. Negli altri settori non vi sono stati grandi cambiamenti.
Formalmente, il principale partner di coalizione sarà il Partito socialista della Serbia (SPS) e il suo leader Ivica Dačić - premier finora - che nel nuovo esecutivo sarà vicepremier (funzione sinora svolta da Vučić) e ministro degli Affari Esteri. In questo modo Vučić ha accontentato almeno in parte i desideri di alcuni funzionari di Bruxelles che attribuiscono a Dačić, come riportano i media serbi, i meriti dei negoziati sul Kosovo.
Il nuovo governo non avrà il ministero per il Kosovo, il che dimostra che Vučić rimane dell’idea che non si tratti più di una questione prioritaria. Del Kosovo, come da programma, si occuperà l’intero governo, ed è logico supporre che durante i negoziati con Pristina un posto di primo piano lo avranno il premier e il ministro responsabile dell’euro-integrazione, Jadranka Joksimović, funzionaria dell’SNS.
Vučić e il suo partito, quindi, stanno assumendo anche formalmente il controllo delle questioni relative al Kosovo e all’UE. Teoricamente è possibile che nei negoziati sul Kosovo venga incluso anche Dačić, ma questo implicherebbe che la Serbia inizi a trattare il Kosovo come un problema di politica estera. Vučić certamente sarà cauto, ma se dovesse includere Dačić, questo vorrà dire che ha deciso di fare un altro passo simbolico rispetto alla questione Kosovo.
Vučić e l’SNS, prima che venisse nominato il nuovo esecutivo, si sono sforzati di far capire pubblicamente e in modo chiaro che, grazie alla maggioranza assoluta che il partito ha in parlamento, ogni ministro che “non lavora bene” potrà essere velocemente sostituito. In pratica ciò significa che il governo parlerà “con una voce”, e sarà quella di Vučić e che i dirigenti dell'SNS ritengono la coalizione coi partner di governo di secondaria importanza e che avranno la possibilità di punire velocemente e duramente ogni eventuale “disobbedienza”.
I rappresentanti del governo, come suggeriscono fonti ben informate, hanno fatto sapere ai rappresentanti dell’Unione europea che ora hanno la maggioranza assoluta in parlamento e che questo permetterà loro di condurre velocemente le riforme e quindi di progredire verso l’integrazione nell’UE. Ma, nessuno sa per certo in che modo questa volontà politica, proclamata davanti all’opinione locale e a quella internazionale, verrà concretizzata.
Economia
Sapendo che le riforme dell’economia e del settore finanziario sono indispensabili, Vučić un anno e mezzo fa aveva avviato un rimpasto di governo in cui erano entrati due economisti. Ministro dell’Economia era divenuto Saša Radulović e ministro delle Finanze Lazar Krstić. Gli sforzi di questi ultimi, però, non hanno dato i risultati attesi. Radulović poco prima delle elezioni anticipate aveva poi dato le dimissioni accusando Vučić e l’SNS di aver bloccato le riforme. Krstić invece è rimasto al governo e sarà di nuovo ministro delle Finanze.
La questione è, in realtà, che Vučić e l'SNS, temendo una rivolta sociale provocata dai forti tagli alla spesa pubblica, hanno fatto marcia indietro. Radulović non ha condiviso il dietrofront di Vučić, tanto che ha formato un partito politico che però alle elezioni non ha superato il quorum di sbarramento del cinque per cento per entrare in parlamento. Krstić ha invece accettato la volontà politica del neo-premier ed è stato premiato con il rinnovo del mandato.
Il compito del nuovo governo serbo è lo stesso di prima: diminuire l’enorme spesa pubblica, creare nuovi posti di lavoro, dar vita ad istituzioni efficaci e diminuire la corruzione. La differenza sta nel fatto che l’SNS adesso ha la maggioranza assoluta, e quindi potrà decidere chi mettere nei posti chiave che riguardano l’economia. Il nuovo ministro dell’Economia è l’esperto della Banca mondiale Dušan Vujović, e il neo ministro della Pubblica amministrazione Kori Udovički, che dopo la caduta del regime di Slobodan Milošević fu prima ministro dell’Energia e poi governatore della Banca centrale della Serbia. Entrambi sono esperti con un certa reputazione a livello internazionale.
La mancanza di risorse finanziarie potrà essere in parte sopperita con la vendita di quel che è rimasto dell’“argenteria di famiglia”, cosa che Vučić ha già annunciato dicendo che bisogna aspettarsi la privatizzazione di Telekom Srbija e di Elektroprivreda Srbije (EPS).
L’atmosfera che regna nella società serba però non è certo positiva e lascia credere non vi sia quella fiducia nelle istituzioni necessaria per affrontare riforme radicali. La popolazione percepisce i partiti politici come centro nevralgico del potere e non lo stato e le sue istituzioni.
Nell’ultimo anno si sono iscritte all’SNS fra le 60 e le 70mila persone. Il partito sostiene che lo fanno per convinzione politica, ma l’esperienza passata indica che il motivo principale è l’aspettativa che essere membro del partito possa aiutare nella soluzione dei problemi personali, come ottenere un posto di lavoro, la scolarizzazione dei bambini e le cure mediche.