Belgrado, foto Dragan Janjić

Belgrado, foto Dragan Janjić

È stato il primo Gay Pride belgradese senza incidenti quello di domenica 28 settembre. 2000 manifestanti protetti da 7000 poliziotti. Il premier Vučić guarda a Bruxelles ed esprime soddisfazione, ma la strada per la comunità LGBT serba è ancora in salita

29/09/2014 -  Dragan Janjić Belgrado

A Belgrado domenica 28 settembre si è tenuto il Gay Pride, senza gravi incidenti. Si tratta di un evento importante, in particolare se si tiene presente che i governi degli ultimi anni non sono mai riusciti a garantire la sicurezza di questa manifestazione. Va ricordato inoltre che l’ultimo tentativo di organizzare il Pride risale al 2010, quando si verificarono sanguinosi scontri tra la polizia ed hooligan sostenuti da organizzazioni e partiti ultranazionalisti, e incoraggiati da posizioni dichiaratamente negative della Chiesa serba ortodossa nei confronti della popolazione LGBT.

Tutti insieme nel ghetto

Domenica una colonna di circa 2000 tra membri della comunità LGBT e difensori dei diritti umani hanno marciato in fila attraverso il centro della città. A loro si sono uniti anche quattro ministri del governo serbo, l’ombudsman serbo Saša Janković, la commissaria per i diritti umani Nevena Petrušić, singoli deputati e rappresentanti di varie istituzioni, i funzionari di alcuni partiti di opposizione, così come gli ambasciatori degli USA e di alcuni paesi europei. L’atmosfera era tranquilla, senza alterchi e minacce, nessuno ha impedito di parlare durante gli incontri pubblici, e la manifestazione alla fine si è dispersa in modo pacifico.

Il successo della manifestazione va attribuito anche alla buona organizzazione delle forze di polizia che hanno efficacemente impedito gli attacchi di hooligan e gruppi di estrema destra. I manifestanti del Pride hanno infatti camminato in una sorta di ghetto temporaneo, creato dagli stretti cordoni della polizia, ben visibili ai manifestanti mentre passeggiavano per il centro di Belgrado. Fuori da quel perimetro per i manifestanti era “zona vietata”.

Circa 7000 poliziotti e gendarmi hanno formato cordoni di sicurezza nel centro della città. L’accesso era consentito solo ai manifestanti del Pride e ai giornalisti. Alcuni incidenti si sono verificati fuori dal centro di Belgrado, il più grave è stato l’attacco all’edificio della TV B92, dove la polizia è riuscita a impedire l’irruzione di un gruppo di hooligan nei locali della redazione.

Nessun sostanziale cambiamento

Gay Pride 2014 Belgrado (foto D. Janjić)

Gay Pride 2014 Belgrado (foto D. Janjić)

Il governo serbo e il premier Aleksandar Vučić sono riusciti formalmente a garantire le condizioni affinché si svolgesse il Pride, ma oltre a ciò niente di sostanziale è cambiato nella società. Come negli anni scorsi, i rappresentanti della coalizione di governo negli interventi pubblici hanno continuato a ribadire, direttamente o indirettamente, che non si tratta di valori che essi condividono e che le condizioni per lo svolgimento del Pride sono garantite solo perché si tratta di uno standard democratico che non possono eludere.

Un tale atteggiamento indica che il potere serbo, in realtà, non ha ancora fatto i conti completamente con quei gruppi e organizzazioni radicali e che sembra ancora intimidito dalla forza che dispongono questi gruppi.

Oltre a ciò resta l'impressione che nemmeno gli stessi leader politici del governo serbo siano così felici di garantire uguali diritti a tutti gli strati sociali e che rispetto alla comunità LGBT condividano le stesse opinioni di ampie fette di elettori nazionalisti e ultranazionalisti. Il Pride sembra venga appoggiato solo perché fa parte delle richieste che giungono da Bruxelles e da Washington.

Vučić stesso, alcuni giorni prima del Pride, aveva espressamente dichiarato di non avere intenzione di partecipare alla manifestazione, persino se ne avesse avuto il tempo, ma che per tutti sarebbe stato garantito il rispetto dei diritti sanciti dalla Costituzione e dalle leggi. Messaggi simili erano stati inviati anche dai suoi predecessori, quando al governo c’era il Partito democratico (DS) dell’ex presidente della Repubblica Boris Tadić, con la differenza però che Vučić è riuscito a proteggere fisicamente i manifestanti del Pride e ad evitare cruenti scontri tra la polizia e gli hooligan, mentre Tadić no.

In breve, dai vertici dello stato non si è ancora fatto sentire un impegno chiaro e aperto a favore della comunità LGBT. Non ci sono stati messaggi nemmeno del tipo: questi sono nostri concittadini, gente con cui viviamo, invitiamo i cittadini ad accettarli e comprenderli ogni giorno e non solo il giorno in cui si tiene il Pride. Non ci sono state a dire il vero nemmeno forti condanne da parte della Chiesa, la quale porta avanti una dura e rozza campagna contro la comunità LGBT, con messaggi spesso fonte di ispirazione per i gruppi di hooligan.

Stato di diritto

Ad ogni modo l’aspetto più importante del Pride è il riferimento allo stato di diritto, ossia il rispetto della Costituzione e delle leggi. Garantendo la sicurezza del Pride, con l’aiuto della polizia, il governo ha mostrato di essere in grado di garantire i diritti. Tuttavia, i diritti delle minoranze garantiti solo attraverso un considerevole impiego di forze di sicurezza hanno un potere limitato. Serve molto di più, serve il riconoscimento dell’esistenza di ogni diritto, serve che i funzionari del governo smettano di riferirsi da ignoranti rispetto a determinati tipi di diritto, mentre ne sostengono altri.

La comunità LGBT non può ancora contare su un aperto e incondizionato appoggio dello stato in cui vive. Al Pride di domenica i primi cinque interventi sono stati di ambasciatori di paesi europei: le organizzazioni serbe LGBT hanno così lasciato intendere che è proprio da Bruxelles e da Washington che si aspettano un  sostegno concreto, e che il governo serbo agisce nella misura in cui gli è necessario per poter mantenere buoni rapporti con USA e UE.

Di sicuro i diritti della comunità LGBT non sono il problema principale in una Serbia in cui centinaia di migliaia di persone fanno i conti con la miseria, dove la difesa dei diritti del lavoro e di altri è ancora ad un livello piuttosto basso, ed enormi restano i problemi legati al funzionamento del sistema giudiziario e dello stato di diritto. Tuttavia, la comunità LGBT è forse l’unica minoranza in Serbia i cui diritti legali e costituzionali vengono contestati pubblicamente e dove lo stato e i suoi funzionari non sembrano mostrare troppa prontezza a mettere in questione nelle azioni quotidiane questo tipo di ostruzione.

Il premier Vučić, durante la conferenza stampa tenutasi a chiusura del Pride di Belgrado, ha espresso soddisfazione per l’assenza di incidenti e indirettamente si è complimentato con hooligan e altri detrattori del Pride per aver mantenuto la calma. Questo può essere interpretato come un tentativo di influenzare i gruppi violenti a cambiare atteggiamento, ma anche come l’ignorare che ogni violenza esterna alle istituzioni dello stato di diritto non è che una sostanziale negazione dei diritti e della democrazia, e che è obbligo degli organi del potere combatterla senza compromessi.