Un'analisi delle prime pagine dei tabloid serbi per capire come funziona la propaganda di regime attraverso il controllo dei media

30/09/2019 -  Vlado Vurušić

(Originariamente pubblicato dal quotidiano Jutarnji List , 9 settembre 2019, ripreso dal portale Cenzolovka )

Abbiamo analizzato le prime pagine dei giornali serbi Informer, Alo, Kurir, Telegraf, Blic e Večernje novosti per capire come funziona la macchina mediatico-propagandistica di Aleksandar Vučić. È risaputo che Vučić, tramite la sua “segretaria” per l’informazione Suzana Vasiljević, dirige e controlla i tabloid serbi.

Il tabloid con la più alta tiratura, oltre 120.000 copie, è Informer, che funge da fanteria d'assalto del regime di Vučić, mentre le tirature degli altri tabloid che abbiamo analizzato vanno dalle 50.000 alle 80.000 copie, almeno stando ai dati ufficiali. Quindi, i sei giornali sopracitati messi insieme hanno una tiratura media di circa 350.000 copie al giorno.

Lo scopo di questa macchina propagandistica è quello di fornire un appoggio assoluto a  Aleksandar Vučić e al regime e, al contempo, denigrare gli oppositori di Vučić (sia interni che esterni). Tutto questo però accade ad un livello piuttosto bizzarro e oscuro. Il linguaggio dei tabloid è semplice, volgare e rozzo, un linguaggio da semianalfabeti. Alcuni termini ricorrono con una frequenza costante, come ad esempio “malvagità”, “piano infernale, “caos”, “provocazione”, che abbiamo riscontrato in quasi due terzi dei titoli analizzati.

Vučić compare quotidianamente sulle prime pagine dei tabloid: è preoccupato per le sorti della Serbia, ma al contempo pieno di speranza. Spesso compare anche Putin in uniforme militare, ma anche Trump con un’espressione sogghignante oppure con una mazza da baseball in mano. Se ben analizzate, le prime pagine dei tabloid serbi lasciano intendere che la Serbia è afflitta da grossi problemi, avanza a fatica nel processo di adesione all’UE, non riesce ancora ad accettare la perdita del Kosovo, è tra i fanalini di coda in Europa per crescita economica e per tasso di natalità, e la strategia della leadership al potere consiste nel distrarre i cittadini dai problemi reali con un discorso mediatico incentrato su presunti complotti e minacce contro la Serbia, nonché sulla glorificazione della Russia come salvatrice del popolo serbo.

L’isteria guerrafondaia

I tabloid serbi hanno il compito di creare un clima di psicosi bellica collettiva con titoli come: “La guerra nei Balcani nel 2019!”, “I soldati della KFOR si stavano preparando per conquistare il nord del Kosovo”, “Usano gli šiptari [termine dispregiativo per indicare gli albanesi] per spingere la Serbia e la Russia (a scontrarsi) l’una contro l’altra”, “La NATO sta preparando l’azione ‘Klin’ in Serbia”, “L’Alleanza ha orchestrato un piano per separarci dalla Russia”, e Kurir ha recentemente “scoperto” che “Il boia [Ramush Haradinaj] ha un piano infernale: "A gennaio [2019] comincio a creare una Grande Albania"”. Nonostante dall’inizio di quest’anno i tabloid serbi abbiano annunciato più di dieci volte una nuova guerra in Kosovo, a volte persino indicando le date “esatte”, tutti sappiamo che non è accaduto nulla, ma l’isteria guerrafondaia non si ferma e le vendite dei tabloid non diminuiscono. I lettori serbi sono completamente confusi di fronte ai continui colpi di scena e annunci di un’apocalisse.

È evidente che i tabloid serbi si adattano alle esigenze della “politica estera” di Vučić. I bersagli dei loro attacchi sono tutti i vicini della Serbia. Ad esempio, quando sale la tensione tra Serbia e Montenegro, i tabloid serbi si concentrano completamente su questa problematica. Poi all’improvviso tornano ad occuparsi di Macedonia del Nord, Croazia o Bosnia Erzegovina, e così all’infinito. I bersagli preferiti sono gli albanesi e il Kosovo, che rappresenta il più grande trauma del popolo serbo. I tabloid belgradesi sono ossessionati dall’odio nei confronti degli albanesi e continuano a minacciare, affermando che “arriveranno i russi” e che tornerà tutto come prima.

Il secondo bersaglio preferito sono i croati, che non fanno altro che cercare di creare una nuova NDH [Stato indipendente di Croazia]. I temi legati all’operazione militare Oluja [Tempesta] e al campo di concentramento di Jasenovac sono sempre attuali, e spesso compaiono titoli del tipo “I croati hanno un passato genocidario”. Questa retorica è culminata in un articolo su un presunto complotto contro la Serbia, orchestrato dai suoi arcinemici, cioè dai croati e dagli albanesi, intitolato “I veterani dell’operazione Oluja stanno addestrando gli albanesi”. Ogni estate emerge di nuovo la frustrazione per l’operazione Oluja, considerata “il più grande genocidio ed esodo” dopo la Seconda guerra mondiale. Dall’altra parte, i tabloid serbi ignorano completamente il fatto che durante la guerra in Kosovo del 1998-1999 – quando Vučić era ministro dell’Informazione – quasi un milione di albanesi furono cacciati dal Kosovo.

È curioso notare come Vučić continui a ripetere che l’adesione all’UE è il principale obiettivo e la priorità strategica della Serbia, mentre i suoi tabloid sono esplicitamente antieuropei e continuano a invocare una più stretta collaborazione con la Russia, con titoli come “Serbi, la nostra salvezza è nell’unità e nella Russia”, “Addio Europa – Putin sta creando un’unione con la Serbia”, etc.

I tabloid serbi non si fanno scrupoli ad attaccare i presunti nemici della Serbia, esterni e interni, e a spaventare i cittadini annunciando nuove guerre e massacri, nonché la creazione di una coalizione anti-serba composta dai paesi vicini, alimentando continuamente un clima di odio e di tensione con titoli del tipo “Gli ustascia si sono rallegrati! I croati darebbero tutto per vedere Vučić perdere il potere! Ormai è chiaro anche a loro: non può esistere una Serbia forte senza Vučić”.

Il messaggio è chiaro: i croati sono nemici, vogliono rovesciare Vučić perché temono una Serbia forte, e Vučić è l’unico in grado di garantire la crescita della Serbia. Tutti sono contro la Serbia e contro i serbi, e soprattutto i loro vecchi nemici, ovvero i loro vicini: “Pristina sta preparando un nuovo complotto – stanno creando un’alleanza con la Croazia, la Macedonia e il Montenegro contro la Serbia”, “Gli šiptari si preparano ad attaccare la Serbia con l’aiuto di Zaev e Milo” (Zoran Zaev, primo ministro della Macedonia del Nord, che viene spesso bollato dai tabloid serbi come “servo degli šiptari”, e Milo Đukanović, presidente del Montenegro). Gli attacchi contro i leader dei paesi vicini variano di intensità a seconda delle esigenze del regime di Vučić.

Đukanović è recentemente finito di nuovo nel mirino dei tabloid serbi dopo aver risollevato la questione del riconoscimento di autocefalia alla Chiesa ortodossa montenegrina, mentre gli attacchi contro Zaev si sono intensificati quando è diventato chiaro che la firma dell’accordo tra Skopje e Atene sul nome della Macedonia avrebbe aperto la strada all’adesione della Macedonia alla NATO e all’avvio dei negoziati di adesione all’UE. Zaev vuole sottrarre Bujanovac alla Serbia”, titolava uno dei giornali serbi, che criticavano in continuazione l’accordo sul nome tra Skopje e Atene.

I tabloid aprono con titoli del tipo: “Gli šiptari e i milogorci [termine dispregiativo usato per indicare i montenegrini, derivato dal nome dell’attuale presidente del Montenegro Milo Đukanović] stanno dalla stessa parte”, “Gli šiptari attaccano il 31 dicembre”, “La Croazia promuove il fascismo!”, “I serbi non subiranno mai più un’altra ’Oluja’”, e al contempo elogiano Vučić e la Russia: “Vučić ha fatto sapere: "Non ci lasceremo calpestare dagli šiptari"”, “Putin: "Nessuno tocchi la Serbia"”, etc. Gli albanesi vengono sempre chiamati con termine dispregiativo “šiptari”, i croati di solito vengono indicati con termine “ustascia”, mentre i montenegrini vengono suddivisi in “veri montenegrini che in realtà sono di origine serba” e i milogorci: “Milogorci, gli ustascia vi applaudono”, “È tragicomico vedere quanta paura abbiano i milogorci dei serbi e della Chiesa ortodossa serba”. Si cerca di creare un clima di paura e, al contempo, si insiste sull’’orgoglioso isolamento e i sacrifici” della Serbia (“La Serbia è completamente sola, schiacciata dai ricatti”) e sul fatto che Aleksandar Vučić è l’unica salvezza per la Serbia.

La scorsa primavera, quando i negoziati sulla normalizzazione delle relazioni tra Serbia e Kosovo erano entrati in una fase di stallo e l’UE aveva iniziato a fare pressione affinché riprendesse il dialogo tra le due parti, i tabloid serbi titolavano: “Non riusciranno a metterci alle strette”, “Attaccano Vučić diffondendo gravi menzogne su suo figlio e suo fratello”, “Vučić ha un piano segreto per il nord del Kosovo – la CIA nel panico”, “Vučić sta lottando per il Kosovo, Jeremić [Vuk Jeremić, uno dei leader dell’opposizione serba] vuole solo il potere”, “Vučić ha unito i serbi”. Un posto speciale è riservato alla Russia, considerata come l’unica protettrice della Serbia, e il presidente russo Vladimir Putin compare regolarmente sulle prime pagine dei tabloid serbi in uniforme militare. “Appoggiamo la Serbia sia militarmente che economicamente”; “C’è qualcuno più forte? – La Belgrado di Putin è l’arma più potente al mondo” [il riferimento è al nuovo sottomarino russo “Belgorod”, che in russo significa “città bianca”; anche il nome della capitale serba significa “città bianca”]; “I russi combatterebbero per il Kosovo?!”; “La Russia sta intensificando le pressioni: un agente delle forze speciali di Putin arriva a Belgrado a causa del Kosovo”; “Putin minaccia: Ora possiamo proteggere la Serbia e tutti i nostri amici”; “La Russia e Putin sono grandi salvatori della Serbia”; “I servizi segreti russi fanno sapere: Putin ha impedito che accadesse una Pasqua di sangue – gli albanesi stavano preparando un attacco”, sono solo alcuni dei titoli dei giornali serbi, che si sentono legittimati a diffondere l’isteria guerrafondaia anche grazie alle dichiarazioni come quella dell’ambasciatore russo a Belgrado, secondo cui: “La Serbia ha il diritto di proteggere i serbi del Kosovo”.

Complotti contro la Serbia

I tabloid serbi tendono a esagerare nell’elogiare Mosca: “La Russia è il paese più forte al mondo”, “Putin: abbiamo le armi più avanzate, ma non attaccheremo mai nessuno per primi”, e parlano spesso anche del sostegno che la Cina starebbe fornendo alla Serbia, vantandosi del fatto che il presidente cinese Xi Jinping avrebbe offerto il suo appoggio alla Serbia: “Sostegno sulla questione del Kosovo – Xi ci manderà anche le armi”.

Oltre ai titoli che evocano presunti complotti contro la Serbia orchestrati dalla potenze mondiali e dai paesi vicini, nelle prime pagine dei tabloid serbi spesso compaiono anche titoli scandalistici come: ”Uno šiptar ha rapito tre ragazzine serbe, ha tentato di violentarle e poi le ha lasciate in mezzo alla strada”, ma anche titoli che parlano di presunte ingiustizie subite dai serbi, che sono sempre rappresentati come vittime: “All’Aja non c’è Dio né giustizia”, “Ai serbi veniva tagliata la gola, venivano loro cavati gli occhi, ma nessuno è mai stato condannato per questi crimini”, “Le vittime serbe non hanno mai ricevuto giustizia per omicidi, stupri e massacri commessi dai bosgnacchi”.

Nella Serbia di Vučić è in corso un processo di revisione totale delle “guerre jugoslave” degli anni Novanta, nonché un tentativo di riabilitare la figura di Slobodan Milošević che, stando ai tabloid serbi, “è stato un grande leader, ma le sue aspirazioni erano irrealistiche”. Allo stesso tempo si insiste sui “crimini altrui”, e soprattutto sull’esodo dei serbi di Croazia provocato dall’operazione militare Oluja, ed è tutta colpa dell’NDH.

I tabloid serbi continuano ad alimentare un clima di confusione totale riguardo alla questione del Kosovo e, al contempo, notizie con titoli come: “Uniremo la Serbia e la Republika Srpska. Difenderemo quello che abbiamo conquistato col sangue!”.

L’atteggiamento dei tabloid serbi nei confronti degli Stati uniti e del presidente Donald Trump è ambiguo e indefinito. Spesso non sanno cosa scrivere e allora producono un’incredibile cacofonia di notizie. Quando Trump è stato eletto presidente degli Stati uniti la leadership al potere in Serbia ha reagito con entusiasmo alla notizia e i tabloid erano pieni di titoli come “Trump ci restituirà il Kosovo” e “Gli šiptari sono spaventati – stanno prendendo schiaffi da Trump”. Poi hanno assunto una posizione diametralmente opposta e Trump è diventato “uno che odia tutto ciò che è serbo”. Tuttavia, l’atteggiamento generale nei confronti del presidente statunitense resta ambiguo. Quando, all’inizio della primavera scorsa, l’idea di una “correzione dei confini” tra Serbia e Kosovo sembrava destinata a tramontare, i tabloid serbi titolavano: “Trump è favorevole alla spartizione del Kosovo”, “Trump entra in campo e risolve tutto, e per questo i serbi lo adoreranno”. Tuttavia, qualche giorno dopo, quando il segretario di Stato degli Stati Uniti Mike Pompeo ha dichiarato che gli Stati Uniti sono contrari alla proposta di uno scambio di territori tra Serbia e Kosovo, le prime pagine strillavano: “Gli americani hanno dato luce verde agli šiptari per attaccare il nord [del Kosovo]”. Quando poi è diventato evidente che il dialogo tra Belgrado e Pristina sarebbe proseguito, i tabloid serbi titolavano: “Trump ritira i militari statunitensi dal Kosovo”.

Questa confusione è culminata in un articolo pubblicato dal Telegraf intitolato “Putin e Trump creeranno la Grande Serbia – entro cinque anni”. È evidente che i titoli di questo tipo hanno come scopo quello tranquillizzare l’opinione pubblica serba – continuamente bombardata da notizie su una presunta guerra imminente – con messaggi confortanti, che suggeriscono che Washington non è più disposta ad appoggiare gli albanesi del Kosovo e che il Kosovo alla fine tornerà a far parte della Serbia, nonostante non vi sia alcun indizio di un notevole cambiamento nell’atteggiamento di Washington nei confronti di Pristina. Pertanto i titoli come “Trump vuole che i serbi ottengano il nord [del Kosovo]” sono privi di ogni fondamento. Dopo un paio di giorni di retorica pro Trump, i tabloid serbi riprendono a pubblicare articoli dai titoli come “Gli USA vogliono una guerra in Kosovo?!” e “Un male – gli šiptari stanno creando una Grande Albania e l’UE e gli USA tacciono”, per poi concludere: “Gli americani hanno dato via libera [agli albanesi] per la caccia ai serbi”, senza ovviamente dimenticare di citare il grande difensore e protettore della Serbia, Vladimir Putin: “Serbi, Trump vi ingannerà sulla spartizione del Kosovo”.

Tuttavia, il bersaglio preferito dei tabloid di Belgrado è l’opposizione serba, e soprattutto i leader dei principali partiti di opposizione Boško Obradović, Dragan Đilas e Vuk Jeremić, bollati come i più grandi traditori del popolo serbo che vogliono rovesciare Vučić e distruggere la Serbia. I leader dell’opposizione vengono inoltre accusati di collaborare con i più grandi nemici della Serbia, ovvero con gli šiptari, gli ustascia e gli americani. “I sostenitori di Đilas, gli šiptari e gli ustascia sono infastiditi dalla potenza militare della Serbia”, titolano i tabloid serbi. Tra la fine del 2018 e l’inizio del 2019, quando le proteste antigovernative in Serbia – promosse con lo slogan “Uno dei cinque milioni” – erano all’apice, gli esponenti dell’opposizione serba venivano continuamente attaccati dai tabloid filogovernativi, al pari dei presunti nemici esterni della Serbia. Va notato, tuttavia, che l’opposizione al regime di Vučić è piuttosto incoerente e su alcuni temi esprime posizioni ancora più estreme di quelle di Vučić.

Nonostante sia debole e non sia in grado di inficiare la posizione di Vučić, l’opposizione serba continua ad essere bersaglio di attacchi senza scrupoli. “I sostenitori di Đilas accusano, senza alcuna prova, la famiglia del presidente di coinvolgimento in attività criminali e di legami con la mafia”, “I leader dell’opposizione hanno stilato una lista di oltre 100 persone pubbliche sgradite, che non appoggiano la loro politica, così da poter bandirle dalla vita pubblica quando arrivano al potere”, sono solo alcuni dei titoli dei giornali vicini al governo di Belgrado che, durante le proteste antigovernative della scorsa primavera, hanno continuamente cercato di sminuire la portata delle manifestazioni, titolando: “Hanno annunciato che sarebbe stato il giorno fatidico, e invece hanno subito una débâcle” , “Obradović e Jeremić hanno promesso che avrebbero fatto venire a Belgrado dalle altre parti della Serbia almeno 30.000 manifestanti, e invece ne sono arrivati meno di 5000”, “Hanno subito un duro colpo”, “L’opposizione non sa fare altro che picchiare”, “Stanno preparando un atto malvagio e poi accuseranno Vučić di esserne responsabile”, “Un circo povero e miserabile”, “I leader dell’Alleanza per la Serbia e i loro sostenitori hanno fatto una scorribanda per le strade di Belgrado – hanno aggredito i poliziotti con i coltelli e hanno tentato di linciare Vučić”, “L’opposizione è completamente impazzita – Gli amici degli šiptari Đilas e Boško [Obradović] mandano le donne e i bambini ad attaccare tv Pink”, “Le proteste vengono coordinate da Zagabria”, “Hanno ricevuto l’appoggio degli šiptari e dei croati, di Zaev e Đukanović”. Dall’altra parte, Vučić, secondo i tabloid serbi, ha risposto alle proteste con la misericordia: “Liberate tutti quelli che non hanno fatto ricorso alla violenza”, e una contromanifestazione organizzata da Vučić è stata definita come “la più massiccia manifestazione della recente storia di Belgrado”: “La Serbia non è mai stata così forte e unita”, “150.000 persone sono venute per mostrare il loro sostegno a Vučić”.

I titoli che abbiamo analizzato potrebbero suscitare, di primo acchito, scherno e perplessità, ma in chi li ha letti attentamente provocano un senso di angoscia e di amarezza, dispiacere e nausea, soprattutto se pensiamo all’eredità dei grandi maestri del giornalismo e della letteratura serba. I tabloid sono lo specchio della Serbia di Vučić; è attraverso i tabloid che Vučić comunica con i cittadini serbi, ma anche con i paesi vicini. Questi giornali danno l’immagine di una Serbia bellicosa che minaccia tutti, un paese sommerso dall’odio nei confronti dei suoi vecchi nemici che nutre un’adorazione grottesca nei confronti di Vladimir Putin, che la leadership di Belgrado usa come uno spauracchio per intimidire i suoi vicini, cercando così di consolarsi e di tenere a bada le proprie frustrazioni e i timori provocati dalle sconfitte subite nelle guerre degli anni Novanta e dalla consapevolezza delle ingiustizie compiute dalla Serbia contro i suoi vicini, ma anche nei confronti del popolo serbo.