Il sociologo Jovo Bakić, tenace critico dei meccanismi di potere, in un'intervista spiega perché il progetto di estrazione del litio in Serbia sembra ormai irrevocabile e perché la strategia adottata dal regime per difendersi dalle critiche è illegittima
(Originariamente pubblicato da Buka , il 22 ottobre 2024)
Sembra che con la recente proposta di modifiche al Codice penale [che prevede anche l’introduzione di una nuova fattispecie, per punire chi diffonde materiali che “incoraggiano a commettere un reato”] la leadership di Belgrado stia preparando il terreno per colpire la libertà di espressione. Contro chi è rivolta questa proposta?
Assistiamo al tentativo di un regime autoritario e strettamente legato alla criminalità di criminalizzare i propri oppositori, cercando, al contempo, di legalizzare i propri crimini. Lo dimostra la tattica illegittima con cui il regime si è scagliato contro gli ispettori di polizia Slobodan Milenković e Dušan Mitić [rimossi dai loro incarichi dopo aver scoperto un’enorme piantagione di cannabis nel villaggio di Jovanjica, svelando così uno dei più grandi casi di criminalità organizzata mai avvenuti in Serbia]. Lo dimostrano anche l’andamento del procedimento penale contro il narcotrafficante Darko Šarić e di quello contro Veljko Belivuk [leader di uno dei più temuti clan criminali nei Balcani].
Ritiene che, nonostante le numerose critiche, il parlamento di Belgrado possa approvare il nuovo Codice penale?
Il parlamento è ormai svuotato di qualsiasi significato. Anziché rappresentare il potere legislativo, serve a distogliere l’attenzione dei cittadini. Il regime è arrogante, al contempo però, essendo consapevole di quello che ha fatto negli ultimi anni, teme per il proprio futuro. Quindi, non c’è da aspettarsi nulla di buono.
Recentemente lei è stato incluso nella lista dei cosiddetti “ambientalisti terroristi”. Si sente perseguitato per la sua contrarietà, espressa pubblicamente, all’intenzione del governo di permettere lo sfruttamento del suolo in Serbia?
Non è certo un’esperienza piacevole. Molte persone che conosco, ma anche quelle che non ho mai incontrato, condividono le mie parole, riconoscendo in esse la cupa realtà sociale che viviamo.
Secondo lei, come evolverà la lotta contro lo sfruttamento delle materie prime critiche, sfruttamento che può essere dannoso per l’ambiente, ma anche per la società?
Se il regime dovesse permettere all’oligarchia capitalista globale di sfruttare le risorse minerarie in Serbia, gran parte del paese sarebbe devastato. Ci sono molte città in tutto il mondo, anche più grandi di Belgrado, dove manca l’acqua potabile. Penso ad esempio alla capitale del Messico e quella della Turchia. La stessa sorte con ogni probabilità toccherà anche a noi.
Il regime di Belgrado sembra convinto di poter reprimere il dissenso…
Il regime è certamente convinto di essere capace di cambiare l’opinione pubblica. Negli ultimi dodici anni, la leadership al potere è sempre riuscita a insabbiare le vicende controverse. Basti pensare allo scandalo dell'elicottero del 2015 oppure alla distruzione in via Hercegovačka nella notte dopo le elezioni parlamentari del 2017. Quindi, è del tutto probabile che anche adesso, con l’aiuto dei media allineati, il regime riesca a cavarsela.
Ritiene che la leadership di Belgrado, pur di mantenere il potere, possa rinunciare nuovamente al progetto di estrazione del litio, anche per comprare la pace sociale?
Non credo che il progetto possa essere nuovamente rinviato. Il regime si è ormai avventurato in questa vicenda e, messo sotto pressione da quelli a cui ha svenduto il paese, dispone di uno spazio di manovra assai limitato. In parole povere, le promesse sono state fatte, i soldi ricevuti, i messaggi scambiati con l’applicazione Sky decriptati. Il regime è messo alle strette.