Una veduta dell'altopiano di Pešter, Serbia, ad inizio estate di qualche anno fa- © Andrija Ivanovic/Shutterstock

Una veduta dell'altopiano di Pešter, Serbia, ad inizio estate di qualche anno fa- © Andrija Ivanovic/Shutterstock

La terra si asciuga e il bestiame muore. L’altopiano di Pešter, situato a 1200 metri di altitudine nel sud-ovest della Serbia, si trova di fronte a una siccità che mette in forte difficoltà questa regione vocata all'allevamento

09/08/2022 -  Amela Bajrović

(Pubblicato originariamente da Radio Slobodna Evropa , selezionato e tradotto da Le Courrier des Balkans e OBC  Transeuropa)

Nedžib Sejdović vive nel paese di Raškoviće, ma si reca ogni giorno con il trattore a Draževiće, a una decina di chilometri, per riempire due serbatoi d’acqua in plastica e procurarsi così circa 2500 litri d'acqua. È il solo modo per garantire acqua ai membri della sua numerosa famiglia e al suo allevamento di 20 vacche, qualche giovane bue e 20 pecore.

Alle prese con il cambiamento climatico, gli allevatori dell’altopiano di Pešter, nel sud-ovest della Serbia, non hanno ricordo di una siccità così terribile come quella di quest’anno. È dovuto intervenire persino l’esercito. "Il bestiame ha sete, sta morendo, ma in questo momento, è necessario che noi uomini sopravviviamo. È molto difficile, a volte avrei voglia di lasciare tutto e partire", racconta Nedžib.

L’altopiano di Pešter, situato a più di 1200 metri di altitudine, è conosciuto per i suoi inverni lunghi e freddi ma anche per la mitezza delle sue estati. Quest'anno, tuttavia, a causa delle temperature elevate, anche i fiumi che alimentano il bestiame si sono prosciugati. Nella regione, secondo i suoi abitanti, si contano 60.000 pecore e 20.000 altri capi di bestiame. 

"È peggio che mai, non piove da due mesi. Ogni giorno è peggio, una vera siccità, non una goccia d’acqua”, continua Nedžib Sejdović, recandosi fino al letto prosciugato del fiume Rašljanska, che sfocia nell'Uvac. “Guardi come è triste, è così da due mesi, il letto del fiume è completamente asciutto. Non so come faremo ad uscirne, visto che apparentemente le estati prossime saranno ancora più calde”.

Nel paese di Bioc, a 23 chilometri da Sjenica, ritroviamo quasi la stessa immagine: il sole che brucia, neanche un soffio di vento, cisterne e barili di acqua davanti alle case. Marta Balšić, spiega che gli abitanti comprano dell’acqua in bottiglia e utilizzano quella dei barili, come quella che suo marito porta ogni giorno, per tutte le esigenze della famiglia e per abbeverare gli animali. “Quest’acqua non è buona da bere, solamente per il bestiame. Ho paura di cosa arriverà se questa siccità continua, mi preoccupo per i miei figli, ho due figlie e un figlio. Mi preoccupo anche per il bestiame, con il quale noi ci guadagniamo da vivere. Vendiamo latte e formaggio, non abbiamo altre entrate”, spiega.

Suo marito, Dragan Balšić, conferma che quest’estate è tra le più calde degli ultimi decenni. “Sentiamo l’effetto del cambiamento climatico, le piogge sono rare, la terra ha sete.” Lui porta ogni giorno acqua per le pecore e il bestiame del villaggio di Karajukića Bunari. “Il nostro sistema di approvvigionamento di acqua è guasto. Ne approfitto per lanciare un appello al governo serbo e al Presidente Vučić affinché costituiscano un nuovo sistema di approvvigionamento idrico, almeno per risolvere questo problema" afferma, precisando che consuma 10 litri di carburante al giorno per effettuare tre tratte di andata e ritorno fino a Karajukića Bunari.

“Mi chiedo se potrò resistere finanziariamente. Il municipio ci ha inviato diversi camion-cisterne, l'esercito serbo è stato ugualmente coinvolto con due o tre camion-cisterne”, continua. Ha paura per il bestiame, visto che il caldo ha ridotto drasticamente i pascoli. “Rischio di non avere abbastanza fieno per l’inverno. Ho 180 pecore, 150 agnelli e 10 mucche, ma sarò costretto a venderli in autunno. Terrò solamente 50 pecore”.

Il sindaco di Sjenica, Munib Mujagić, condivide la triste constatazione dei suoi concittadini. Si è rivolto anche all’esercito serbo per ottenere un aiuto. Oltre a un’autocisterna locale, anche altre tre autocisterne militari, con una capacità totale di 13.000 litri, trasportano da qualche giorno acqua a Pešter. “La soluzione a lungo termine al problema è la costruzione di un nuovo acquedotto. Le autorità precedenti hanno lasciato prevalesse il degrado e hanno portato al fallimento la rete idrica intercomunale dell'altopiano di Pešter, rendendo così la vita molto più difficile per la popolazione”, spiega.

Munib Mujagić rivela che attualmente sono in corso dei lavori sul condotto principale, di una lunghezza di otto chilometri, tra il municipio di Tutin e il paese di Doliće, dove si prevede di costruire un bacino di 250 m³ d’acqua. “È in corso l'elaborazione di un dossier del progetto di costruzione di un canale secondario per il paese di Ugao e di Doliće. Si tratta di un progetto importante, che si fa passo dopo passo e noi faremo domanda per rifare anche le condutture principali. Il ritmo dei lavori dipenderà dall'importo di denaro che si riuscirà a stanziare".

Il sindaco conferma che il cambiamento climatico, che colpisce già la regione, sta portando a profondi mutamenti sulla vita, sul modo di lavorare e di fare affari. “Si prevede che estati come questa e i problemi meteorologici attuali continueranno anche negli anni a venire. Il cambiamento climatico è arrivato anche qui a Pešter, ad un’altitudine di più di 1200 metri e causa evidentemente dei grossi problemi alla popolazione locale”.