Belgrado, foto di Daniele Dainelli

La crisi Ucraina, il gasdotto South Stream e l'antica amicizia, Serbia e Russia continuano a mantenere solidi legami. In questi anni l'influenza russa a Belgrado sta crescendo e cala il sostegno all'adesione all'UE, anche se rimane pur sempre sopra il 50%

12/06/2014 -  Massimo Moratti Belgrado

Mentre la crisi in Ucraina continua a tener desta l’attenzione dei media internazionali e a preoccupare le cancellerie europee e mondiali, viene da chiedersi se vi siano altri punti di frizione in Europa orientale tra Unione Europea e Stati Uniti da un lato e Russia dall’altro. In questo senso, la Serbia rappresenta senz’altro un paese da tenere d’occhio nell’immediato futuro.

A marzo di quest’anno si sono tenute le elezioni straordinarie in Serbia, elezioni che sono state indette per riequilibrare i rapporti di forza tra i due principali partiti della coalizione di governo, i socialisti (SPS) dell’allora primo ministro Dačić e i progressisti (SNS) del presidente Tomislav Nikolić e del vicepremier Aleksandar Vučić.

Entrambi i partiti hanno un passato turbolento, dato che negli anni '90 i loro leader erano Milošević e Šešelj rispettivamente, ma col passare del tempo sia i partiti che le loro agende si sono trasformati in chiave europeista - anche se non hanno mai rotto col passato. Il risultato è stato un trionfo personale di Vučić che a fine aprile è divenuto il nuovo premier e il SNS ha ottenuto il 48% dei voti espressi nel paese e 158 seggi su 250 in parlamento. Il SPS ne ha ottenuti 44 e Ivica Dačić è divenuto il nuovo ministro degli Esteri.

Una visita a Mosca

Una maggioranza blindata per i progressisti, che possono così contare su altri quattro anni al governo e continuare il cammino di integrazione europea, che è e rimane una delle priorità dichiarate. Ciò nonostante, una delle prime mosse di Vučić e Dačić, subito dopo le elezioni è stata quella di effettuare una visita privata in Russia, in merito ai cui contenuti ben poco è trapelato al pubblico.

E' facile immaginare che uno degli argomenti della visita siano stati sia la crisi ucraina che la posizione della Serbia in merito alle sanzioni contro la Russia. Riflessi della crisi Ucraina non mancano di farsi sentire anche in Serbia e generano delle situazioni di tensione tra Unione Europea e Serbia, che possono creare difficoltà all’esecutivo appena formatosi. La Russia è tradizionalmente paese amico della Serbia e soprattutto nei tempi più recenti l’influenza russa nel paese è visibilmente cresciuta.

E una visita a Belgrado

Questo è divenuto evidente il 6 maggio, quando nel giorno dell’inaugurazione del nuovo governo, sia il Commissario UE per l’allargamento, Štefan Füle, che il presidente della Duma, Sergey Naryshkin, si sono recati in visita a Belgrado. Proprio Naryshkin è uno dei destinatari delle sanzioni decretate dall’Unione Europea. La coincidenza delle due visite è stata quindi sintomatica dell’importanza che EU e Russia danno al nuovo governo in Serbia e alla direzione che il governo stesso prenderà.

In quell’occasione Vučić ha ribadito l’importanza che la Russia ha per la Serbia e ha fatto capire che la Serbia non avrebbe adottato le sanzioni verso la Russia, ribadendo l’orientamento pro-europeo del nuovo esecutivo, ma chiedendo all’Unione Europea comprensione per la posizione della Serbia e per il fatto che l’amicizia tra Russia e Serbia è di lunga data e risale alla Prima guerra mondiale.

Kosovo e South Stream

Ma non c’è solo un’amicizia di lunga data tra Serbia e Russia. La Serbia vede nella Russia un paese alleato nella delicate questione del Kosovo, soprattutto per quanto riguarda le possibilità del Kosovo di aderire alle Nazioni Unite, dove Russia e Cina possono esercitare il diritto di veto al Consiglio di Sicurezza delle Nazioni Unite su una possibile richiesta di adesione.

L’affinità di posizioni tra Russia e Serbia su questa questione non è stata messa in discussione nemmeno dalla recente unilaterale annessione dell’Ucraina e dal supporto dato dalla Russia alle forze secessioniste nell’Ucraina orientale.

Un altro punto di importanza strategica è il South Stream, il gasdotto che permetterebbe alla Serbia di approvvigionarsi di gas attraverso il Mar Nero dalla Russia, attraverso la Bulgaria, dopo di che il gas raggiungerebbe l’Ungheria, la Slovenia, la Croazia, l’Austria e l’Italia. Questo permetterebbe di evitare completamente l’Ucraina, attraverso la quale ora la Serbia acquista il 90% del suo fabbisogno di gas. Ma la costruzione del gasdotto non è una priorità per l’Unione Europea, come ha affermato Barroso durante una visita in Bulgaria e di recente il Parlamento Europeo ha votato una risoluzione non vincolante contraria alla costruzione del South Stream e che piuttosto raccomanda la ricerca di soluzioni alternative.

I dubbi sul South Stream sono però precedenti alla crisi ucraina, dato che già alla fine del 2013, l’Unione Europea aveva fatto sapere che gli accordi bilaterali per la costruzione del South Stream, conclusi tra Russia, Ungheria, Serbia, Austria, Slovenia, Grecia e Bulgaria sono contrari alla legislazione europea e dovrebbero esser rinegoziati dall’inizio.

Su questa questione comunque Vučić si è defilato, affermando che mentre la Serbia è pronta a difendere i suoi interessi, ciò nonostante non è la Serbia l’attore principale in questa questione, anche se, a detta di Vučić, il gasdotto sarebbe utile per tutti.

Mosca e le inondazioni

L’adesione all’Unione Europea gode ancora del sostegno del 51% della popolazione serba. La percentuale è comunque in constante calo rispetto a dieci anni fa per esempio quando oltre il 70% della popolazione sosteneva il processo di adesione. La Russia nel frattempo emerge come polo alternativo all’Unione Europea.

La Russia proietta un’immagine di efficienza e potenza che fa presa sulla cittadinanza serba: per dare un’idea, a metà maggio la Serbia, assieme a Bosnia e Croazia, è stata colpita da disastrose inondazioni. I primi ad intervenire, a poche ore dal disastro, sono stati proprio degli specialisti russi, atterrati in brevissimo tempo a Niš, e recatisi immediatamente nelle zone disastrate.

A Niš, a sole due ore da Pristina, funziona la base logistica del centro umanitario russo-serbo che permette interventi urgenti di protezione civile per mezzo di ponti aeri direttamente dalla Russia. La presenza e l’aiuto concreto e immediato degli specialisti russi ha ricevuto grande copertura sulla stampa locale, mentre solo nei giorni e nelle ore successive è giunto l’aiuto dagli altri paesi europei e dall’Unione Europea. In un momento di grande emozione come quello delle inondazioni, la prontezza russa non è passata inosservata.

I prossimi mesi saranno molto delicati per la Serbia e la continuazione del processo di integrazione. Come si è visto, l’influenza russa è crescente e l’Unione Europea dovrà essere molto accorta nel continuare ad assistere la Serbia nel suo processo di integrazione, fornendo sostegno e richiedendo il rispetto degli impegni presi, ma senza dare l’impressione che il processo di adesione consista solamente in imposizioni dall’esterno: a questo tipo di pressione si è visto che la popolazione serba reagisce in modo molto orgoglioso, il che favorirebbe decisamente la posizione russa.