In Serbia vi è chi è ottimista sul futuro economico del paese. E' il ministro per l'Economia e le Finanze Mlađan Dinkić, secondo il quale occorre sì tenere come punto fermo la presenza delle grandi multinazionali ma creando loro attorno distretti di piccole e medie imprese
Il ministro serbo per l’Economia e le Finanze, Mlađan Dinkić, ha recentemente dichiarato durante la cerimonia di premiazione dei “miglior esportatori dell’anno” che il 2013 rappresenterà un anno cruciale per il rilancio dell’economia del paese e che le esportazioni saranno la locomotiva trainante della crescita economica. Le previsioni del ministro serbo sono più che ottimiste, con un aumento delle esportazioni stimato a +25%, per un valore che si aggira intorno agli undici miliardi di euro1.
Secondo Dinkić, l’aumento delle esportazioni permetterà alla Serbia di ridurre il deficit di bilancio, di contrastare l’ormai costante aumento del debito pubblico e di stabilizzare, in generale, le disastrate finanze dello stato attraverso una più rigorosa ed efficiente disciplina fiscale. Inoltre, la liquidità derivante dalle esportazioni permetterà di rilanciare l’economia nazionale attraverso l’aumento degli investimenti pubblici e privati. Il ministro ha anche sottolineato come queste previsioni favorevoli ricadranno positivamente sull’intera popolazione serba, grazie tra l’altro all’aumento dei posti di lavoro, in un paese che registra un tasso di disoccupazione che supera il 25%.
A guidare l’aumento previsto delle esportazioni per il 2013, secondo il ministro Dinkić, ci saranno le multinazionali internazionali, ormai costante punto di riferimento della politica economica del Paese, indipendentemente dal colore del governo in carica. A tal riguardo, il ministro ha fatto direttamente menzione al settore automotive di Kragujevac (FAS – Fiat Automobili Srbija), le cui esportazioni nel 2013 toccheranno un valore di circa 2 miliardi di euro ed alla raffineria di Panćevo (di proprietà della russa Gazprom).
Vane speranze?
Le parole del ministro non suonano particolarmente nuove e rispecchiano le speranze che la Serbia nutre ormai da diversi anni, da quando cioè ha iniziato a portare avanti una politica volta ad attrarre ingenti investimenti esteri visti come leva per trainare lo sviluppo economico del paese. A questo fine sono state infatti create le Free Trade Zone, dove gli investitori possono godere di una serie di sostanziali benefici: da esenzioni fiscali, ad incentivi all’occupazione, a costi calmierati per materie prime ed energia.
Una politica economica che cerca di attrarre grandi investitori stranieri in cambio di benefici diretti, in termini prettamente economici. Una politica per molti aspetti rischiosa. Infatti è più che probabile che la voglia di attrarre investitori “colpisca” altri Paesi della regione e non solo, innescando così una sorta di gara a chi riesce ad offrire i benefici maggiori e dove a goderne sono soprattutto le multinazionali stesse.
Queste ultime infatti sono attrezzate per spostarsi velocemente da un posto all’altro, a seconda di chi offre di più. Il giorno che la Serbia non sarà più disposta a “regalare” ulteriori benefici (ad esempio, per proteste sociali e/o sindacali) o non sarà più in grado di fornirli per problemi di bilancio, gli investimenti lasceranno il paese più velocemente di come ci sono entrati.
Partendo dal presupposto che comunque gli investimenti esteri rimangono un pre-requisito essenziale per lo sviluppo economico di un Paese piccolo come la Serbia, esistono comunque altre strategie per invogliare grandi multinazionali ad investire. Ad esempio, cercando di offrire vantaggi competitivi in termini di efficienza. In questo modo si crea un rapporto stabile e continuo con le aziende che entrano nel Paese per effettive preferenze in termini di metodologie e strategie produttive, indipendentemente dai benefici messi sul piatto.
No benefit ma efficienza
A tal riguardo, vale la pena di richiamare l’ultima parte del recente intervento di Dinkić. Il ministro infatti, esaltando l’importanza degli investimenti esteri, ha dichiarato che il governo si impegnerà nel 2013 a favorire la creazione di una rete strutturata e flessibile di piccole e medie imprese locali che possano fungere da fornitori per le multinazionali internazionali.
Una dichiarazione importante che – se effettivamente messa in pratica attraverso un coerente programma di politica economica – potrebbe avere risvolti sostanziali per l’economia del Paese. Infatti, una tale politica, oltre che a fornire ulteriori incentivi per l’ingresso di investitori esteri, che potrebbero beneficiare di fornitori efficienti in grado di rispondere in maniera flessibile alle richieste del mercato, crea una base di produzione interna reale che nel tempo prescinde dalla presenza o meno degli investimenti esteri.
Infatti, la rete di piccole e medie imprese locali che si verrebbe a creare, una volta strutturata, potrebbe anche produrre in maniera indipendente ed orizzontale, sul modello dei distretti industriali. Creando così occupazione e ricchezza reale, nel breve, ma soprattutto nel medio e lungo periodo. Interpretando le parole del ministro, più che offrire di più per attrarre gli investimenti esteri, la Serbia dovrebbe cominciare ad offrire “meglio”.
Note:
1 http://www.bloomberg.com/news/2012-12-06/serbian-2013-exports-to-grow-at-least-25-to-11-billion-euros.html
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